domenica 17 marzo 2019

La foresta dei sogni (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 03/07/2017 Qui - Il cinema di Gus Van Sant, per via della sua lentezza di fondo, non mi è mai piaciuto veramente, a parte due o massimo tre film del suddetto regista, ovvero Milk e Will Hunting, tutti gli altri proprio non fanno per me, mai amati e mai rivisti. Per cui quando stavo per vedere La foresta dei sogni (The Sea of Trees), film del 2015 diretto da Gus Van Sant e scritto da Chris Sparling, le mie aspettative erano davvero basse, ma incredibilmente e nonostante l'ennesima e latente lentezza di fondo, questo film mi ha sorpreso in positivo. Vuoi le ambientazioni, vuoi gli attori o vuoi il tema (comunque profondo, intenso e non propriamente facile), non so perché, ma il film grazie ad un ritmo comunque sostenuto e grazie al racconto poetico e ricco di flashback, è riuscito ad appassionarmi. Anche se non reputo questo un capolavoro, ma solo un film non noioso, non brutto e discretamente interessante. Così tanto che non capisco i commenti davvero negativi di tanti, perché sì non è probabilmente il suo miglior lavoro, ma ho visto pellicole ben peggiori e La foresta dei sogni non si avvicina nemmeno lontanamente alle suddette. Per un film che parte da elementi reali, la foresta di Aokigahara (un posto mistico e misterioso), situata in Giappone alle pendici del Monte Fuji, dove si susseguono centinaia di suicidi all'anno, e ci costruisce intorno una storia verosimile, quella di Arthur, un intenso Matthew McConaughey, alla ricerca di una profonda riflessione sulla vita e sull'amore. Ad aiutarlo sarà Takumi Nakamura, un sommesso Ken Watanabe, un suicida pentito a cui Arthur darà un aiuto per trovare la via d'uscita. I due uomini iniziano così un cammino di riflessione e sopravvivenza, che non solo farà rinascere in Arthur la voglia di vivere, ma gli farà riscoprire l'amore per la moglie (Naomi Watts) scomparsa in un tragico incidente.
Che Gus Van Sant sia un regista dal grande talento e dalla impeccabile tecnica è risaputo. Poiché anche se molti film non hanno fatto breccia in me, ha sempre deliziato gli altri, soprattutto in passato, con la sua abilità e maestria tecnica, in film come "Elephant" "Paranoid Park" e "Last Days", film particolarissimi sicuramente ma con una regia sicura, impeccabile e perfetta. E con questo discreto film (selezionato per competere per la Palma d'oro al Festival di Cannes 2015), che narra di un argomento che è attuale e reale, il suicidio e i problemi di coppia, ritorna a proporre il suo inconfondibile stile, uno stile "classico" seppur sempre impeccabile, forse più leggero del solito ma pur sempre sublime e delicato. Perché l'ambientazione nella foresta giapponese è molto forte ed evocativa così come ben calibrati appaiono i flashback, la fotografia e la messa in scena poi sono due punti forti della pellicola, la trama infine è commovente ed estremamente riflessiva, e lascia allo spettatore l'angoscia della complessità dell'anima che il destino conduce verso le più strane mete percorribili per l'uomo.
Ma anche la recitazione è ottima, la scenografia, la foresta, alcuni l'hanno trovata noiosa, ma forse perché non avranno forse capito che il senso di perdersi in un mare di alberi è proprio quello di farti disorientare e non farti più trovare la strada per l'uscita. Il tema della morte, il tema della separazione, il distacco, la follia. Van Sant ci porta dentro la foresta apparentemente, in realtà credo che il regista voglia portarci dentro noi stessi. Fuggire da se stessi è possibile? Forse si, forse no...forse ci si riesce solo per merito o per colpa di un sogno. Se poi questo sogno sia un bel sogno o il più drammatico degli incubi...questa è una cosa puramente soggettiva. Intenso e in un certo senso pragmatico, la ricerca di se stessi attraverso eventi traumatici che, se espressi e accettati, caratterizzeranno il futuro. Perché nessuno di coloro che lasciano questo mondo lo fanno senza prima almeno cercare di alleviare il dolore che si prova per la loro dipartita. Riflessioni profonde e interessanti che trovano terra fertile in questo bel film, che in ogni caso non è perfetto. Alcune scelte nella trama e nella narrazione infatti non sono proprio azzeccatissime.
Anche se questa ha una struttura narrativa perfetta, ed anche i dialoghi e i personaggi sono costruiti a tutto tondo con il loro carattere e i loro trascorsi. Tutto abbastanza imperfetto o perfetto insomma (dipende da punti vista), senza sbavature e perfettamente in linea con il "vogleriano" viaggio dell'eroe. Anche se da una sceneggiatura e un regista di calibro era davvero lecito aspettarsi qualcosa di più e meglio. Poiché nonostante le emozionanti sequenze nella foresta, che trasmettono una rara atmosfera che mescola tensione claustrofobica ed evocativa spiritualità, oltre ad alternare toni survivalisti in stile "Cast Away" e grandiose scene d'azione, dove anche i flashback ad alto contenuto drammatico non sono male, perché è la regia di Gus Van Sant a non essere male (e nemmeno gli attori ovviamente), qualcosa si perde. Alcune cose sembrano difatti palesemente "telefonate", con stupore-moments e grandi rivelazioni, accompagnate da violini in crescendo e solenni frasi catartiche pronunciate con le pupille dilatate e che potrebbero far storcere la bocca allo spettatore più cinico. Ma tutto sommato e anche se forse non è un film memorabile, è uno di quelli di cui vale la visione, una storia bella, toccante, commovente e a tratti imprevedibile che consiglio a tutti per una serata tranquilla, diversa e di riflessione. Voto: 6,5