Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 05/05/2017 Qui - Dopo l'inaspettato successo e dopo un'attesa cinematografica lunga due anni (dovuta probabilmente ad un cambio di gestione), la serie sulla sezione Q ha avuto un terzo libro e ovviamente un terzo film, e così dopo The keeper of lost causes e The Absent One ecco un altro romanzo di Jussi Adler-Olsen della serie di Carl Morck avere una trasposizione cinematografica. Alla regia stavolta e difatti c'è un altro regista, Petter Moland, che si è fatto notare un paio di anni fa per il noir grottesco In ordine di sparizione. Un terzo episodio, A Conspiracy of Faith (il titolo tradotto dall'originale significa Un messaggio in bottiglia da P, come il titolo completo "Il messaggio nella bottiglia") che però, nonostante un buon incipit, è forse, a parere personale, il peggiore dei tre sotto l'aspetto coinvolgimento, addirittura al contrario dei precedenti la storia ad un finale più prevedibile, dato che soprattutto questo film sempre danese ma del 2016 non ci dice davvero nulla di nuovo sui polizieschi con tema serial killer, ci sono difatti in ballo sette religiose, fascinazioni diaboliche e ambientazioni costiere. La sceneggiatura è però ben ordita e tira fuori un sentito discorso sulla fede, mentre la regia di Moland è discreta, sfugge presto ad una estetica di taglio paratelevisivo, e non tradisce nemmeno nelle scene thrilling, anche se inferiori e meno intense. In ogni caso, nell'ultimo, almeno credo, episodio, Carl Mørck si ritrova a dover far luce sullo strano caso di un messaggio in una bottiglia, a lungo dimenticato in una stazione di polizia nella più profonda Scozia.
Un grido di aiuto scritto con il sangue, due fratelli imprigionati chiedono di essere liberati. Chi sono i due ragazzi, e perché nessuno ne ha denunciato la scomparsa? Potrebbero essere ancora vivi? Carl Mørck e il suo assistente siriano Assad dovranno usare tutte le risorse disponibili per svelare la spaventosa verità che le onde del mare hanno trascinato alla deriva troppo a lungo. Insomma, una storia alquanto intricata e abbastanza sconcertante, che il regista, anche grazie alla bravura dello scrittore, riesce a trasmettere con pathos, anche se come detto, meno avvincente e leggermente più noioso, dato che crescono anche i protagonisti della serie, hanno uno sviluppo i loro rapporti e l'esiguo numero di componenti tende sempre più ad assomigliare ad una squadra (addirittura aumenta anche la considerazione della sezione Q stessa, la spina nel fianco della centrale parallelamente ai risultati ottenuti sul campo), cosa che sembra abbastanza forzata se si pensa ai precedenti capitoli. Ma nonostante il livello, comunque non eccelso ma abbastanza degno, il film fa fino in fondo il suo dovere di intrattenere e angosciare, perché quando ci sono i bambini di mezzo, tutto risulta agghiacciante. Un film che, con una buona colonna sonora e fotografia, un discreto montaggio e dei buoni attori oltre ai due protagonisti principali (Johanne Louise Schmidt, Jakob Oftebro, Pål Sverre Hagen, Lotte Andersen, Søren Pilmark, Jakob Ulrik Lohmann) merita di essere visto, anche se a dir la verità il film è soprattutto consigliato a chi ha amato i primi due. Voto: 6