sabato 9 marzo 2019

L'ultima tempesta (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 03/05/2017 Qui - L'ultima tempesta (The Finest Hours), film del 2016 diretto da Craig Gillespie, che si immerge (è proprio il caso di dirlo) nella storia realmente accaduta dell'impresa strepitosa compiuta da una motovedetta della guardia costiera che nel 1952 trasse in salvo l'equipaggio della petroliera Pendetlon spezzatasi a metà durante un'abnorme tempesta, racconta infatti di un adrenalinico quanto eroico salvataggio in mare, un salvataggio ben congegnato e visivamente validamente rappresentato, che però viene svilito e affossato dalla parallela fuorviante edulcorata rappresentazione di una società americana tutta sospiri e buoni sentimenti (la colpa sarà mica della Disney che produce il film?), banalità e semplificazioni puerili inaccettabili che compromettono un risultato altrimenti decoroso. In ogni caso, protagonista del film è Chris Pine, che per l'occasione sfoggia un taglio di capelli alla playmobil, il quale interpreta con un po' troppe smorfiette Bernie Webber, comandante della navetta responsabile dell'eroica impresa, al fianco del quale si trova il suo aiutante Livesey, interpretato da uno stranamente pacato Ben Foster. Dall'altro lato del mare invece le sorti di quel che resta della petroliera sono affidate all'esperto ufficiale Sybert (Casey Affleck, fresco vincitore di un Oscar, qui un po' svogliato) che tenterà in tutti i modi di limitare i danni in attesa di soccorso. Il film infatti gioca sul doppio registro narrativo, alternando in fase di montaggio le sorti dei due capitani/ufficiali, entrambi in balia di un mare famelico e digitalmente ricostruito discretamente. Le sequenze in mare (in realtà quasi tutte) sono difatti rese egregiamente, grazie anche alla bravura del regista.
Regista che, da un eroico fatto vero, e dalla sceneggiatura basatasi sul libro The Finest Hours: The True Story of the U.S. Coast Guard's Most Daring Sea Rescue di Michael J. Tougias e Casey Sherman, trae spunto per fornirci una dettagliata, drammatica e tecnicamente notevole cronaca di un'impresa apparentemente impossibile (di un affondamento inevitabile, e dei tentativi strenui e coraggiosi di mettere in salvo una trentina di marinai dell'equipaggio), ma che al contrario è divenuta una delle più importanti, anzi la più importante, e riuscite operazioni di salvataggio realmente esistite e mai avvenute. Craig Gillespie infatti, regista non proprio eccezionale, di cui si ricorda soprattutto Lars e una ragazza tutta sua, qualitativamente ben altra cosa rispetto alla manciata di altre pellicole del cineasta (Fright Night per esempio, al contrario del sufficiente Million Dollar Arm), nonostante il risultato complessivo non strabiliante e nonostante l'impiego del digitale sia massiccio, riesce a farsi valere. Le fasi dell'inabissamento inesorabile del gigante dei mari e il percorso opposto di avvicinamento della piccola motovedetta che sfida onde da primato pur di raggiungere la sua meta, sono infatti piuttosto concitate e di un realismo che convince, in particolare quella del salvataggio dei singoli membri dell'equipaggio che si gettano uno ad uno nel mare in tempesta appesi alla scaletta della petroliera è particolarmente riuscita e facile da apprezzare, soprattutto se dotati di un impianto home theatre come si deve o di una tv Hd che riesca a vedere in Super Hd come ho fatto io grazie a Sky.
Dello stesso avviso non si può essere quando il film affronta l'aspetto sociale e umano che descrive la società immacolata e tutta pensieri timorati di un'America bigotta che appare irritante, oltre che inverosimile. Poiché, anche se sarebbe ovvio in questi casi, le carte furbette il film se le gioca tutte, fidanzatina sulla terra ferma che piagnucola aspettando il rientro, una storiella d'amore edulcorata carina carina, ma carina e dolcissima è davvero l'attrice-bambolina Holliday Grainger, che qui però ridicola ed inverosimile appare, e infine l'happy ending hollywoodiano, che anche se scontato risulta poco efficace. Fiumi di melassa insopportabile insomma, che anche se accettabili in parte, invadono troppo lo schermo, avvilendo l'impegno di un cast notevole di attori oltremodo ed altrove spesso convincenti del calibro di Chris Pine, Eric Bana, Ben Foster e soprattutto Casey Affleck, senza dimenticare discreti caratteristi come John Ortiz, Josh Stewart, Graham McTavish (Dougal MacKenzie in Outlander), Kyle Gallner, Michael Raymond-James (Neal in C'era una volta), John Magaro, Keiynan Lonsdale (The Divergent Series), Rachel Brosnahan, costretti qui a destreggiarsi e a soccombere non tanto a causa della furia della natura, ma piuttosto strangolati dalla fastidiosa incapacità di chi scrive i testi di rappresentare una società americana di sessant'anni or sono senza inutili fastidiose edulcorazioni e luoghi comuni banali e dolciastri sino a risultare altamente indigesti. Tutti elementi quindi che delineano un prodotto che guarda allo spettatore medio nel modo più scontato possibile, confezionato soprattutto per le famiglie, ma che tutto sommato riesce ad intrattenere infastidendo il giusto. Voto: 6,5