sabato 2 marzo 2019

Point Break (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/03/2017 Qui - Premesso che prima di vedere questo film non ho rivisto quello originale e di non ricordare molto di quel famoso film, posso tranquillamente affermare che Point Break, film del 2015 diretto da Ericson Core, remake dell'omonimo film del 1991 diretto da Kathryn Bigelow (una delle migliori registe statunitensi, premio Oscar per The Hurt Locker, e regista del poderoso Zero Dark Thirty), non regge il confronto con la pellicola cult che aveva come protagonisti Keanu Reeves e Patrick Swayze. Difatti non c'è partita, anche se c'era da aspettarselo, dato che il film diretto da Ericson Core si sgancia completamente dall'originale, ma paradossalmente e incredibilmente il film mi è piaciuto lo stesso e anche molto. Questo perché nonostante i tanti problemi, sia per la scelta del cast errata e sia per la sceneggiatura non proprio eccezionale e che addirittura centra poco, o nulla, con la pellicola sui surfisti criminali della Bigelow, questo atipico reboot di Point Break è senza ombra di dubbio spettacolare. Una serie di riprese mozzafiato, di sport estremi, di inquadrature vertiginose e spettacolari che ti trascinano insieme ai protagonisti sulle vette più ripide o si lasciano cadere nelle più profonde acque della terra. Visivamente è evocativo ed ammagliante, un'esperienza quanto più vicina alle vere sequenze delle action cam di chi pratica veramente questo tipo di sport. Purtroppo però, la pellicola viene penalizzata dal fatto che per puntare tutto sulla spettacolarità, indiscutibilmente riuscita, sacrifica (volente o nolente) molto della trama che dovrebbe servire ben più che da semplice cornice attorno al film. Purtroppo la trama traballa non sapendo se restare fedele all'originale o se discostarsi e intraprendere una propria strada. Alla fine propende per la seconda opzione ma come trama, come scheletro narrativo, risulta comunque molto flebile e troppo spesso inverosimile. I giovani attori invece, dal canto loro, sono molto bravi e rendono in maniera verosimile le scene di azione, cariche di adrenalina, anche se quasi sconosciuti e per niente riconoscibili nonché minimamente caratterizzati. Infatti aspetto negativo è che il film sarebbe dovuto durare un po' di più inserendo qualche scena extra che scavava nel profondo della personalità dei personaggi e un paio di scene in più che rafforzavano il rapporto tra il protagonista e la ragazza 'copertina'. Purtroppo questo non è stato fatto anche se il film mi ha appassionato lo stesso e nonostante il mancato approfondimento la pellicola è riuscita ugualmente a farmi capire che tipi di persone fossero i personaggi. Cioè il film te lo lascia solo intuire anziché mostrartelo chiaro e tondo, fatto che in ogni caso non ho per niente apprezzato completamente.
Ma le scene sono veramente mozzafiato, tanto che ho avvertito chiaramente la tensione che suscitavano. L'adrenalina del resto, è la vera colonna portante del film, i protagonisti sono assetati e in costante ricerca di adrenalina attraverso gli sport estremi che praticano, le scene d'azione sono intrise di adrenalina che ogni spettatore percepisce sotto forma di brividi durante le performance impossibili dei protagonisti e le sequenze mozzafiato, a questo fine sono stati chiamati atleti di spicco di tali sport, che si individuano all'interno del film. Ma se l'aspetto spettacolare funziona bene per l'impatto visivo e l'adrenalina è trasmessa con gran pressione emotiva, tutto il resto si sgretola ad ogni secondo che passa del film. Infatti, la forza del film, il suo potere visivo d'impatto rappresenta anche il suo tallone d'Achille. La scarsa forza narrativa del film lo penalizza facendolo scivolare nel infinito loop di scene estremamente intense ed adrenaliniche che alla lunga paiono fini a loro stesse, riducendosi per certi versi anche stancanti. Punto nevralgico di questa caduta creativa è la sceneggiatura di Kurt Wimmer. La scrittura ha una cura che fa a botte col minimo, dialoghi pomposi, continuamente e inutilmente seriosi. Ad effetto. Assenza totale di humor o ironia. Ma soprattutto un'impalcatura di filosofia ecologista-zen che non si capisce dove voglia andare a parare. Dato che qui non ci sono dei pazzi surfisti che rapinano banche per pagarsi le eterne vacanze nei paradisi marini, ma piuttosto degli ultra ecologisti che rubano grosse somme di denaro per ridistribuirle al mondo e ripristinare l'equilibrio spirituale e fisico sul pianeta Terra. Il tutto sullo sfondo dello svolgimento di impossibili ed impensabili imprese di coraggio, ribattezzate per l'occasione ''Le 8 di Osaki" dove sfidare la morte e la gravità sono le uniche regole che contano pur di ristabilire un minimo di equilibrio nel mondo corrotto e stanco nel quale viviamo. In tutto ciò, c'è l'erede di Keanu Reeves, rappresentato dal biondo Johnny che una volta ritiratosi dagli sport estremi dopo la tragica morte del suo amico, entrerà a far parte dell'FBI e non esiterà a buttarsi, mente e corpo, nelle sfide che il gruppo di Bohdy e co. devono affrontare. Insomma non propriamente eccezionale questo tentativo di nobilitare la pellicola e differenziarla dall'originale, tentativo che non funziona mai, perché poco curato nelle motivazioni e nelle connessioni tra i momenti del film.
Praticamente non c'è niente del Point Break del 1991, soprattutto di uno dei punti forti di quella storia, la costruzione del rapporto tra i due protagonisti principali. Tanta azione, poco film, ancor meno racconto. Su i temi "filosofici" e "polizieschi" difatti si poteva effettivamente fare qualcosa in più, anche se mi sembra però scontato che non si vede questo film per vedere un giallo o discutere dei "massimi sistemi". Ma anche il primo Point Break era notevolmente carente come poliziesco ma la scena centrale del film era certamente il lancio dall'aereo senza paracadute, e anche in questo secondo film sono presenti tante scene altrettanto adrenaliniche. La fotografia naturale ovviamente ruba la scena al film intero, coinvolge e stupisce grazie alla maestosità naturale di montagne, cascate e boschi. La regia è minuziosa e scrupolosa, attenta a seguire nei dettagli le imprese del gruppo di estremisti ecologisti senza mai inciampare e regalando sequenze stabili, nitide, che ti trasportano nel vivo dell'azione. Infatti appunto positivo spetta di diritto soprattutto all'ottima realizzazione delle scene riguardanti gli sport estremi girate in maniera quasi maniacale da angolature mozzafiato. Come sottolineato precedentemente, la trama viene rigorosamente snellita, cosi come la caratterizzazione psicologica dei personaggi, le dinamiche che vengono a crearsi tra loro. Gli attori (per niente emotivamente coinvolgenti) sono comunque convincenti, basando tutta o quasi, la loro recitazione sulla loro fisicità piuttosto che sul dialogo e la mimica facciale. Anche se proprio gli attori abbastanza anonimi sono forse il punto più debole del film, insieme alla sceneggiatura e alla sconclusionata trama con temi appiccicati addosso annessi. A proposito l'attore Luke Bracey (G.I. Joe 2, The november man, The Best of Me) non sembra quasi per niente idoneo, Édgar Ramírez (Liberaci dal Male, La furia dei Titani, Che) abbastanza stantio e poco incisivo, gli altri compreso Ray Winstone (l'unico davvero conosciuto) non ispira sicurezza, mentre la bella Teresa Palmer (Warm Bodies e Sono il Numero Quattro) non viene per niente utilizzata in pieno. In definitiva si tratta però di un ottimo prodotto action, che non delude sotto l'aspetto visivo ed estetico, ma che lascia perplessi dal punto di vista narrativo anche perché il suo omonimo predecessore non è che sia poi cosi attempato o superato da necessitare un reboot a tutti i costi. Insomma un bel film action, molto piacevole ed anche con un filo di filosofia (comunque all'acqua di rose) che solo chi ama l'avventura al limite può comprendere sino in fondo. E anche se la scelta del regista di virare su una direzione opposta rispetto al primo film non mi ha proprio convinto, e anche se questo remake non è un copia-incolla, a parer mio il film è più che discreto. Voto: 6,5