domenica 3 febbraio 2019

Boyhood (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/10/2016 Qui - Dopo aver visto tramite Premium Play film potenti come Interstellar, La teoria del tutto e Unbroken, ora è il turno di un film unico nel suo genere (dopo saprete il perché), un drammatico racconto di formazione, anche se non eccezionalmente appassionante e coinvolgente come mi aspettavo, ma bello e intenso, ovvero (come se già dal titolo non fosse ovvio) Boyhood, film indipendente del 2014 scritto e diretto da Richard Linklater. Questo film, come già detto, ha una particolarità interessante, è infatti un esperimento cinematografico unico, un esperimento più che lodevole, è la prima volta nel cinema che si utilizza il tempo, non quello cinematografico ma quello reale, per costruire un film. Poiché se ancora non lo sapeste, per raccontare la crescita di Mason (interpretato da Ellar Coltrane) e il rapporto con i genitori divorziati (interpretati da Ethan Hawke e Patricia Arquette), il regista ha impiegato 12 anni, la lavorazione del film è infatti cominciata nel 2002 e conclusa nel 2013, questo perché il cast e la storia per essere più vera possibile è cresciuta e invecchiata assieme. Ogni anno, per dodici anni, Linklater, senza far ricorso a trucchi, ha radunato la stessa troupe e lo stesso cast per girare alcune scene, al fine di seguire la crescita dei personaggi a pari passo con quella reale degli attori. Il film però non è affatto un documentario, semplicemente segue le vicende di una famiglia americana come ce ne sono sicuramente a migliaia. Davvero incredibile. Ma Boyhood, in ogni caso, è molto più di un period movie sugli ultimi 12 anni degli Stati Uniti ed è molto più di un romanzo di formazione. È addirittura molto più di un particolare esperimento cinematografico, è un grandissimo affresco sull'essere ragazzi americani oggi, partendo dalle radici, dalla formazione individuale, un racconto fondato quasi tutto sul concetto di famiglia, non tanto come nucleo ma come elemento centrale nella "boyhood", l'età tra gli 8 e i 20 anni. C'è un paese intero e il suo spirito per come è vivo oggi nella storia per nulla clamorosa di Mason. Una storia normalissima e semplice, come tante. Qui infatti non ci sono colpi di scena, niente eccede, tutto è assolutamente ordinario. Come la vita del giovane Mason, ragazzo sensibile e con una spiccata propensione all'arte, che vive con la madre e la sorella e vede occasionalmente il padre (che rimane comunque vicino ai ragazzi) che si è separato dalla famiglia. Il film quindi segue la sua storia dai primi anni di scuola fino alla fine del college, raccontando il rapporto con i genitori divorziati, i traslochi, le nuove scuole, i matrimoni falliti della madre (che ha la tendenza a trovare nuovi mariti non eccezionali), il rapporto conflittuale con la sorella Samantha, la nuova relazione del padre, seguendo anche l'evoluzione degli oggetti d'uso quotidiano, tecnologici e non, e i cambiamenti culturali, sociali e politici degli anni.
Con una narrazione che va avanti per piccoli eventi e piaceri della vita di un ragazzino, Richard Linklater propone un film onesto e spontaneo, una piccola opera capace di far godere e, allo stesso tempo, riflettere lo spettatore che seguirà indisturbato le normalissime vicende del giovane Mason. Mentre la prima inquadratura ci mostra un giovanissimo Mason scrutare con attenzione e curiosità un cielo azzurro, in cerca di domande a cui avrà risposte solo crescendo, il regista già riesce a trascinarci abilmente e con estrema disinvoltura nel mondo del ragazzino in modo netto e spontaneo, senza aggiungere, alla lunga pellicola di quasi tre ore, colpi di scena o situazioni pesantemente drammatiche che potrebbero scuotere l'animo dello spettatore. E' un film lungo, naturale, privo di scene di forte carica drammatica o di situazioni che possano incitare lo spettatore a seguire direttamente il film fino all'ultimo. Linklater crea così un progetto ambizioso ma dai piccoli obiettivi. Ci troviamo di fronte ad un'opera di rara fattura. Sensibile, solare, naturale, dotata di una storia e di personaggi normalissimi che espongono altrettanto normalissimi pensieri all'insegna di una normalissima vita. Vedere Mason giocare, ridere, crescere, conoscere il mondo, equivale ad una completa e attenta esplorazione all'interno di noi stessi come esseri umani in grado di provare anche le più impercettibili gioie della vita. Un film di una vita (quella di Mason e dello stesso regista) e sulla vita, che presenta, senza sotterfugi da parte di nessuno, una valida lezione anche per noi stessi. Una lezione che coincide con l'esperienza di conoscere persone e cose, condividere gioie e dolori con loro, amori e passioni che possono diventare professioni, una lezione per conoscere la vita. Poiché vedere Boyhood è come trovare un diamante allo stato grezzo nel mondo del cinema, un'opera di rarissima composizione, dal potente obiettivo di farci conoscere la vita di un ragazzo che, in fondo, è anche la vita di noi stessi. Il ragazzo difatti rappresenta ognuno di noi, è il traghettatore di un viaggio nel nostro passato, dai primi rapporti impacciati alla nascita di amicizie, dai problemi in famiglia alle delusioni d'amore, chiunque nel film ritroverà almeno uno spicchio della sua giovinezza. Una giovinezza sporcata nel vedere i figli di una coppia assistere al lento deteriorarsi del rapporto fra i genitori che culmina in litigi continui. Il padre sparisce e riappare a intermittenza mentre la madre cerca ma non trova mai l'uomo giusto. Insomma così come gli adulti spesso stentano a trovare la propria strada e le risposte alle grandi domande della vita allo stesso tempo è così anche per i più piccoli. Mason è un ragazzo di poche parole, un po' svogliato ma di talento che deve fare i conti con Samantha la sua esuberante sorella e poi con la scuola, le amicizie e i primi amori.
Il film ci restituisce anche parte della realtà texana dove Bibbia e fucile sono i regali adatti per i ragazzini adolescenti e dove la campagna elettorale in favore di Obama ottiene più di un rallentamento. Con il passare del tempo non solo cambiano (inevitabilmente) le fisionomie dei protagonisti ma anche le musiche, la fotografia e i metodi di ripresa. Dodici anni condensati in circa due ore e mezza di pellicola scorrevole e mai soporifera il che è un altro fiore all'occhiello per un film privo di effetti speciali o colpi di teatro. Linklater poi, è bravo a individuare dinamiche familiari di ogni età, e atteggiamenti tipici di ognuna in modo preciso e scrupoloso. Anche se oltre a una bella idea di fondo non c'è quasi niente di spettacolare, la fotografia è veramente poco degna di nota, i dialoghi sono (anche troppo) scialbi e ordinari, così come la sceneggiatura (personalmente credo che la vita di qualsiasi persona sia molto più densa, più ricca e profonda di così) e l'interpretazione, la musica non incide né arricchisce, e alcuni eventi della vita dei protagonisti non vengono minimamente approfonditi, lasciando anche l'amaro in bocca, per i continui salti temporali che non spiegano tanto. Cosa rimane perciò alla fine? L'idea che sia passata una vita che si dissolve senza dispiaceri né gioie coi titoli di coda. Comunque e nonostante tutto però è un film davvero intelligente, furbo, attento e delicato. Un film che rimarrà impresso per tanto tempo. In ogni caso, oltre ai due giovani protagonisti va menzionato senza dubbio il duo Arquette-Hawke con una menzione speciale per quest'ultimo sempre disponibile ad imbarcarsi in progetti originali e a basso budget (come Predestination). Anche se quella che ne è uscita vincitore è lei, dato che ai Golden Globes 2015 non solo il film (che ha partecipato in concorso alla 64ª edizione del Festival di Berlino, dove Linklater ha vinto l'Orso d'argento per il miglior regista) ha fatto incetta di premi, vincendo nelle categorie miglior film drammatico, miglior regista, e miglior attrice non protagonista, andato proprio a Patricia Arquette, che si è anche aggiudicata l'Oscar. In definitiva, ottimo risultato stilistico e meritato plauso (se non altro per i suoi caratteri originali, sperimentali e di rischio che ha avuto), anche se l'impegno e i problemi conseguenti da una lavorazione del genere (in America non si possono nemmeno firmare contratti lunghi più di 7 anni, gli attori hanno dovuto rinnovare quello iniziale) non si compensano con l'ottimo risultato. Poiché le belle emozioni trasmesse dal film verranno ricordate molto più dell'esperimento stesso, comunque eccezionale e incredibile. Un film da vedere e forse adorare, anche se non sarà un capolavoro. Voto: 8-