sabato 2 marzo 2019

Rock the Kasbah (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/01/2017 Qui - Per quanto si possa adorare Bill MurrayRock the Kasbah, commedia del 2015 diretta da Barry Levinson (L'uomo dell'anno, Sleepers, Rain Man), dimostra che non basta la sua presenza a rendere un film memorabile. Ma nemmeno, almeno, sufficiente. Il regista del film infatti, ci ha abituati a ben altri tipi di trame più coinvolgenti da lui ben dirette, e questa non mi sembra una di quelle, piuttosto scarna di contenuti reali e priva di una qualsivoglia interezza nella storia. Un collage di situazioni poco interessanti, sconclusionato, amorfo e troppo lungo di scenette e siparietti che non divertono, non fanno minimamente sorridere né riflettere. L'iconico comico americano, difatti, s'aggira spento, ombroso, accigliato, annoiato per le noiose vie della pellicola, costretto in situazioni balorde che ne mortificano il talento nonché la pazienza (la sua, la mia) mentre cerca di dare vita e anima all'inaffidabile Richie Lanz, un passato da glorioso (dice lui) scopritore di talenti, un presente di imprese manageriali truffaldine che lo portano, nell'occasione, a Kabul. L'assunto, si capisce, è tutto, ma da quello che poteva essere un brillante susseguirsi di sketch ad alto contenuto dememenzial-satirico si scade, immediatamente, in un blando accumulo di sciocchezzuole meramente riempitive, il regista si fa invisibile come le gag, impegnato (si fa per dire) a portare a casa la pagnotta e a rendere il più possibile digeribile l'indigesto copione. Incomprensibile, oltretutto, l'idea di rompere sul nascere un binomio potenzialmente scoppiettante, lo stralunato Bill Murray con la stralunata Zooey Deschanel di New Girl (l'unico momento che strappa il sorriso la vede infatti protagonista di una versione non propriamente convinta della Hit Bitch di Meredith Brooks).
La principessina indie-hipster, nonostante sia spesa (furbescamente) tra gli attori principali, esce di scena dopo dieci minuti (per sua fortuna). Sostituita, nel ruolo di spalla da una qualsiasi Kate Hudson, pia donna di facili costumi (sgargianti, mediorientali) che aiuta il male in arnese Richie Lanz nella sua "missione". Laddove la missione, per conto e a causa di misteriosi incroci mistico-divini, tra i quali solerti militari americani, immancabili stolidi intrallazzatori/trafficanti d'armi (perlopiù malfunzionanti), complici inaspettati (il taxista col mito di Madonna & c.), duri mercenari con la faccia di Bruce Willis (e non si capisce il perché c'è), pittoresche figure indigene, letali signori della guerra, diventa lanciare nel firmamento nazionalpopolare la giovanissima pashtun Salima (la bellissima Leem Lubany, sola presenza luminosa) in barba a trascurabili tradizioni-gabbie facilmente intuibili. Come? semplice, con la versione locale di American Idol, Afghan Star, che viene eletto a luogo simbolo di un'emancipazione (femminile, collettiva) che flirta maldestramente con la favoletta edificante in zona teen-talent. Così la didascalia finale (dedicato a Setara Hussainzada, che ha avuto il coraggio di cantare a Afghan Star) diventa epitaffio di una mesta commedia senza ritmo, senza idee, senza spiragli. La nota positiva sono senza dubbio le musiche arrangiate per l'occasione (Cat Stevens, da Wild World a Peace Train), che donano al film l'unico motivo piacevole per essere visto. Ma è davvero poca cosa, anche se una visione la si può dare tranquillamente. Voto: 5