Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/12/2016 Qui - Tratto dal romanzo di Michelle Wildgen, Qualcosa di Buono (You're Not You), pellicola del 2014 diretta da George C. Wolfe, narra la storia di una talentuosa giovane pianista classica (Hilary Swank) che un giorno si ammala improvvisamente di SLA. Kate (questo il suo nome) e suo marito Evan (Josh Duhamel) però, nella ricerca di un assistente a tempo pieno per Kate, si imbattono in Bec (Emmy Rossum), una studentessa di college che ha risposto impulsivamente all'annuncio pur non avendo la minima esperienza. Una ragazza che, nonostante sia una persona confusionaria ed incapace di creare stabili relazioni sentimentali e professionali, riuscirà a farsi apprezzare, anche perché Kate vede qualcosa di speciale in lei e la sceglie come suo 'angelo custode'. Quello che prima di tutto colpisce in questa pellicola e ne decreta un certo valore è l'indubbia ottima interpretazione di Hilary Swank (anche produttrice della stessa, comunque decisamente più in parte che in The Homesman) che come sempre si dimostra essere una fuori classe in tutti i più svariati ruoli che interpreta. Come in Million Dollar Baby, la Swank qui impersona una donna affetta da una grave malattia degenerativa che viene da lei espressa e presentata in una maniera talmente realistica ed efficace da sembrare che ella sia veramente affetta dalla SLA. Insomma, quello che poteva risultare soltanto un film serio e toccante su di un tema delicato e difficile da trattare, ma nulla di più, viene, appunto, notevolmente nobilitato dalla Swank.
Interessante e da menzionare però è anche Emmy Rossum che impersona la giovane badante sbandata ed inconcludente e che spicca su tutti e tutto per i suoi modi simpatici e diretti. Insomma, anch'ella è da tenere ben presente. In ogni caso, pregi e difetti di film simili li conosciamo già ed è inutile parlarne, l'importante è che sappiano almeno creare emozioni a chi li guarda e a me qualcosa è arrivato, è inutile non riconoscerlo (anzi per alcuni simili problemi non è stato facile per me vederlo), ma mi ha fatto conoscere la Rossum, davvero brava, perché alla fine è lei la vera stella del film, fino ai titoli di coda, dove canta (bene) un bel brano. In generale, comunque, nonostante un finale pessimista e drammaticamente forte, il film risulta ben girato e fortunatamente in maniera non troppo pesante e melodrammatica riesce ad affrontare con la giusta leggerezza, ma anche profonda sensibilità, il tema serio e non certo allegro dei malati di SLA. Da vedere? direi proprio di si, anche se sapete già in modo chiaro a cosa andate incontro. Da non sottovalutare? no, sebbene non costituisca ovviamente un capolavoro vero e proprio. Voto: 6+