domenica 24 febbraio 2019

Io che amo solo te (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 02/02/2017 Qui - Ritengo che Io che amo solo te, film drammatico del 2015 diretto da Marco Ponti, liberamente ispirato dall'omonimo bestseller di Luca Bianchini, che ha inoltre aiutato nella sceneggiatura della pellicola, sia un film accattivante e patinato nella sua forma, sia per quanto riguarda il tipo di ambientazione, dove, la bellezza scenografica del paese di Polignano a mare (già teatro di tante produzioni nostrane e non), con il suo stupendo mare e con i suoi vicoli caratteristici, non può non ammaliarci e sia per la presenza degli attori che conferiscono soprattutto a livello di presenza quel certo tocco in più a questa pellicola, la cui trama (abbastanza semplice), se provassimo a sradicarla dal resto, non ci apparirebbe poi tutto sommato particolarmente brillante. Infatti se gli scenari naturali sono magnifici, il film a dire il vero lascia un po' a desiderare, poiché nonostante questa commedia corale riesca a mantenere un buon equilibrio fra il tono e il ritmo brillanti tipici del genere, alla fine prevale un senso di incompiutezza, i personaggi e i vari intrecci sono condotti con abilità, ma anche con una certa dose di superficialità, e ci voleva un maggiore approfondimento in fase di scrittura (ad esempio, il legame fra Riccardo Scamarcio e la bellissima Laura Chiatti che sta al centro della scena non mi sembra che sia analizzato con particolare acume, ci poi sono diversi rivolgimenti e colpi di scena e si arriva ad un finale che sembra un po' volenteroso). Dato che il film si svolge in due giorni, due giorni in cui, tra segreti svelati, amori mai dimenticati, parenti nordici e galeotti, Chiara e Damiano imparano cos'è davvero l'amore. Il film evidenzia pertanto il sottile contrasto tra il rapporto dei due giovani sposi, i quali non sembrano, almeno inizialmente, convinti del loro passo e l'amore interiorizzato e mai effettivamente realizzato dei rispettivi genitori Mimì (padre di lui, un eccelso Michele Placido) e Ninella (madre di lei, una brava Maria Pia Calzone).
Il film diretto da Mario Ponti, in fondo, descrive le piccole e grandi ipocrisie dell'uomo e della donna di oggi, sia nell'aspetto delle relazioni umane ed amorose, che in quelle interiori. La narrazione, ad un certo punto e a tratti, però, perde la sua originalità e la sua identità quando omogeneizza il vecchio col nuovo, la ricchezza ostentata delle vecchie generazioni con la necessità di celebrare un evento, il matrimonio, come se fosse un reality, uno show. Non il massimo se questo non viene sostenuta da basi indistruttibili, perché c'è spazio anche per Alessandra Amoroso che interpreta il brano principale della colonna sonora del film (di Sergio Endrigo) ed anche Enzo Salvi. Inoltre vi è il riferimento (secondo me scontato al Sud) alla tematica dell'omosessualità e al diritto di essere felici nella società anche se si è gay. E' il caso di Orlando, fratello di Damiano, il quale per nascondere la sua situazione ai parenti, si accompagna alla cerimonia con una finta fidanzata (mi è sembrata però forzata e inutile la scena delle sue effusioni amorose con un altro uomo all'interno di un bagno, avvenuta durante la cerimonia). Infine, oltre alla voce fuori campo che non riesce ad entrare in sintonia, ci sono diversi ruoli piuttosto insipidi dove perfino interpreti di richiamo come Luciana Littizzetto o Dino Abbrescia possono fare poco. Concludo quindi ribadendo che considero questo film ammiccante, commerciale e godibile per gli spettatori, ma molto mediocre nella sua sostanza narrativa. Comunque non scialbo, soprattutto per la consistenza dei vari temi trattati, anche se rimane un'occasione sprecata pur avendo alcuni elementi che presi singolarmente non sono così male. Voto: 5,5