mercoledì 28 agosto 2019

Napoli '44 (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/02/2017 Qui - Solo per rigidità classificatoria lo si definisce con il termine 'documentario'. Ma Napoli '44 (2016), ispirato dall'omonimo best seller dell'ufficiale inglese, Norman Lewis, imbevuto di amarissima ironia e insieme di delicata tenerezza per un'umanità allo sbando, dimostra invece come il vero cinema superi ogni distinzione di genere e come anche un documentario, questo in particolare, debba essere definito a pieno titolo 'film'. Film nel senso di un intreccio d'arte tra immagini e vicende umane narrate entrambe di alto valore storico, poetico esistenziale. Il racconto visivo di un'Italia meridionale stremata dalla guerra e le vicende umane degli abitanti di Napoli e dello scrittore e storico britannico Norman Lewis, subito dopo lo sbarco degli alleati a Salerno, il 9 settembre 1943. A quella data Lewis era ufficiale britannico al seguito dell'esercito americano, assegnato a un reparto speciale che aveva compiti di contatto e comunicazione con le popolazioni e le nuove amministrazioni pubbliche in formazione. Arrivato a Napoli, poco dopo lo sbarco a Salerno, inizia il suo lavoro addentrandosi sempre più nelle piaghe, nelle ferite, nella miseria, nella fame, nell'umiliazione di una città, ma anche nell'empatia che essa (a dispetto di tale disperazione) sprigiona, rimanendone completamente coinvolto. Da questa sua esperienza lo scrittore inglese ha tratto il libro che ha lo stesso titolo del film di Francesco Patierno, il regista. Nel film quindi vediamo e similmente immaginiamo che Norman, dopo molti anni, ritorni a Napoli e ripercorra con la memoria quell'esperienza durissima eppure sublime, ad un tempo con l'occhio del viaggiatore inglese dell'Ottocento e con la prudenza positivista dell'ufficiale del servizio di sicurezza. E sentiamo le parole scarne ma profonde del suo testo letterario, lette in inglese dal geniale giovane attore britannico Benedict Cumberbatch e in italiano dalla voce intensa di Adriano Giannini. Testo, diario dove Norman descrive il ritratto di una città che in quel periodo terribile si arrabattava per ricominciare a vivere, turbolenta e di straordinaria umanità, piena di prostitute (42.000 su 140.000 donne, dice Lewis), di imbrogli surreali, di fede folklorica in S. Gennaro, di mercato nero, di tipologie umane sospese tra il dramma e la commedia (come l'avvocato Lattarullo che per sbarcare il lunario interpreta nei funerali il ruolo dello "zio da Roma"), una città prostrata da bombe miseria e morte ma non vinta, antropologicamente seduttiva. Insomma, un incrocio sapiente di memoria, storia, letteratura, cinema.
Perché quello che rende il film imperdibile e drammaticamente bello, è soprattutto merito del regista, poiché le immagini d'archivio (dell'Istituto Luce) e di film su Napoli (tra cui quelli di Totò e Mastroianni, e tanti altri) scelte e montate da lui stesso rendono davvero il senso dello sguardo di Lewis sulla città sventrata da bombardamenti e poi anche dall'eruzione del Vesuvio nel marzo del 1944. Uno sguardo penetrante, anti-retorico, fino al disincanto, al pessimismo esistenziale eppure sempre commosso, attratto da Napoli e dai suoi abitanti, al punto di farne la sua città d'elezione ed esprimere il desiderio di poter rinascere lì. Immagini potenti e iconografiche quindi, quasi come a sottolineare l'intento di raccogliere l'eredità del grande cinema italiano nel raccontare le tragedie del nostro paese con il linguaggio del realismo narrativo. E così, dramma, storia, denuncia civile e poesia esistenziale si fondono in un unicum cinematografico davvero magistrale. Dato che, il montaggio di questi due diversi tipi di immagini si fonde con il testo di Lewis in maniera limpida, naturale, conferendo al tutto un ritmo narrativo che ci restituisce il senso drammatico eppure vitale, pulsante di una grande pagina di Storia. Il merito di tale sincronia ritmico-iconica va alla montatrice Maria Fantastica Valmori, ma anche al regista che al contrario di Lewis, che presumibilmente ha realizzato il libro con un tono quasi distaccato e sobrio, ha utilizzato invece la cifra del coinvolgimento emotivo difronte alle strazianti immagini che a volte presenta. Inutile infatti ribadire l'insensata follia della guerra come barbara scelta politica nella risoluzione dei conflitti tra i popoli e civiltà che inevitabilmente l'umanità si trova periodicamente ad affrontare. Questo film difatti dovrebbe rappresentare un monito per le coscienze, inoltre è un'opera che fa onore alla nostra arte del cinema, perciò se potete non perdetevelo. Voto: 6,5

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