mercoledì 6 marzo 2019

Carol (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/02/2017 Qui - Carol, film del 2015 diretto da Todd Haynes, a sua volta prodotto da una sceneggiatura di Phyllis Nagy basata sul romanzo The Price of Salt della scrittrice americana Patricia Highsmith, è un elegante e raffinato film romantico, un tiepido romance tra donne di diversa estrazione sociale nella New York degli anni '50. Un film affascinante e aggraziato come l'accurata ed elegante ricostruzione d'epoca, ma la storia d'amore soffoca sotto la ricercatezza formale. Il film infatti, ambientato nella New York del 1952 (e interpretato da un cast femminile eccezionale, Cate Blanchett, Rooney Mara, Sarah Paulson), che segue la storia di una giovane aspirante fotografa, Therese Belivet, e il suo rapporto con un'incantevole donna, Carol Aird, alle prese con un difficile divorzio, è leggermente noioso e abbastanza superficiale. Questo perché, a dispetto di una confezione in verità assai curata e ricercata, che certo non manca di eleganza e senso dell'inquadratura, non emoziona più di tanto e non coinvolge granché. Nell'incontro tra la ricca e sofisticata Carol e la giovane commessa Therese si percepiscono a fatica lo stupore, la curiosità, il turbamento che si provano quando ci si trova di fronte a una persona che appare diversa dalle altre, prima ancora di capire il perché. O meglio, si seguono razionalmente i passaggi logici ma non si avvertono sotto pelle, forse perché tutto è fin troppo chiaramente pianificato dall'inizio, troppo velocemente dobbiamo intuire che qualcosa succederà tra le due protagoniste, troppo facilmente convergono l'una verso l'altra appena conosciutesi, così come eccezionalmente subitanei sono gli sguardi concupiscenti di Carol verso Therese (sguardi in verità attraversati da lampi quasi diabolici, coi quali Cate Blanchett cerca di compensare l'accademica compostezza delle scene, con effetto finale forse un po' distorto). In parte la velocità di crociera è giustificata dal fatto che Carol è una donna già consapevole della propria natura sentimentale mentre Therese si trova per la prima volta così colpita da un'altra donna, ma il ruolo trascinante della prima non impedisce di soffrire la mancanza di tutti quei momenti iniziali di distanza, noncuranza e involontarietà che pure nella realtà sono basilari elementi nella costruzione di relazioni anche importanti e che in una sceneggiatura concedono il tempo necessario agli spettatori per conoscere i personaggi e potersi interessare a loro.
Un ruolo naturalmente più passivo, a tratti quasi accessorio, è quello di Therese, a cui Rooney Mara presta i delicati lineamenti attraverso cui Haynes sembra voler omaggiare la grazia dell'icona dell'epoca Audrey Hepburn. Le due attrici si comportano più che correttamente, con la Blanchett particolarmente adatta a indossare i panni di donne sofisticate e sicure di se', ma come si diceva la direzione non è improntata alla naturalezza (Carol infatti è un personaggio iconico e potenzialmente molto forte, forse troppo per la tiepida vicenda che le accade), cosicché se anche il primo, preparatissimo, bacio e la scena d'amore che fiaccamente ne segue registrano temperature emotive prossime allo zero non è colpa da ascrivere alle due protagoniste. Forse, traendo ispirazione proprio dalle pudiche, ma in fondo signorili, consuetudini del cinema dell'epoca in cui è ambientata la storia sarebbe stato meglio glissare del tutto. Altre situazioni un po' stereotipate (marito ottuso e vendicativo, fidanzato baldanzoso, bambina come da manuale) in fondo potrebbero essere lette come un omaggio al cinema melodrammatico del dopoguerra, però la ricostruzione d'epoca spicca come uno dei punti di forza del film. Ma è solo per questo, per la splendida regia, le splendide ambientazioni e musiche, che il film mi è piaciuto. Perché nonostante Carol è una delicata (poetica) storia d'amore e riflessione sul "diverso", è soprattutto un sincero, profondo sguardo sui tempi (la New York dei primi anni cinquanta, patinato recintato rifugio borghese), nello scarto tra rigide imposizioni sociali e (auto)affermazione identitaria ("non posso negare la mia natura" afferma la protagonista, consapevole delle conseguenze della sua scelta) vibrano l'essenza e il senso ultimo dell'opera (stratificata, attuale, potente). Qui infatti siamo ad altissimi livelli di cinematografia d'autore, la scenografia così squisitamente anni '50 e magnetica si trasforma quasi in un elemento animato del film, come se fosse un'attrice comprimaria tanto è la sua forza espressiva. Fotografia, sceneggiatura e musica non presentano sbavature. Purtroppo però, per colpa della struttura narrativa ciclica da cerchio che si chiude, cominciando da una scena del finale per poi narrare la storia in flashback, per le scene d'amore saffico eleganti ma troppo patinate come l'ambiente (troppo da cartolina), il film non è emozionante come credevo e soprattutto meno coinvolgente di quello che speravo (noioso e lento). In ogni caso, per la stupefacente consonanza degli elementi composti da Todd Haynes (regia, montaggio, fotografia, costumi, scenografie eccezionali), per la resa estetica, per la stupenda partitura musicale, dove alla sontuosa colonna sonora originale ideata e realizzata da Carter Burwell si amalgama una brillante scaletta di brani storici, da Billie Holliday a The Clovers, per l'interpretazione delicata, gigantesca, espressiva delle due, anzi tre, attrici, semplicemente divina Cate Blanchett, supelativa Rooney Mara (decisamente meglio che in Pan: viaggio nell'isola che non c'è), e brava Sarah Paulson (sempre straordinaria), Carol è un film da vedere e consigliare. Insomma, cinema allo stato puro, anche se troppo classico e non tanto, personalmente, bello. Voto: 7