lunedì 18 febbraio 2019

Revenant: Redivivo (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 07/12/2016 Qui - Gli aggettivi che mi vengono in mente dopo la visione di questo lungometraggio (un film del 2015, diretto, co-scritto e co-prodotto da Alejandro González Iñárritu) sono: maestoso, epico, selvaggio, ma anche purtroppo deludente e disturbante. Deludente perché anche se il film scorre bene e la pellicola si fa vedere, questa solo a tratti intrattiene, ma mai riesce ad appassionare completamente nonostante la forza emotiva che indubbiamente c'è e tanta. Disturbante perché Iñárritu non è proprio un regista da definirsi delicato, quindi la cosa ci starebbe, se non che, ciò che mi 'disturbava' (e non poco) nella prima mezz'ora/tre quarti di visione (l'esagerazione quasi grottesca, le forzature battagliere, la ridondanza in generale amplificata da un'eco naturalistico che andava profilandosi come un'esibizione di maniera e di stile fine a se stessa, senza dimenticare alcune scene cruente e alcune molto surreali) si è però lentamente dissolto quando ho capito e ho visto quanto sia stato lo sforzo, umano e tecnologico, nonché naturalmente di budget (ma quest'ultimo non è certo un elemento a favore), operato per realizzare questo film. Un film però che nonostante non sia riuscito efficacemente a stupire o a commuovere me, regala uno spettacolo straordinario di puro cinema, film che stenta a decollare, che stenta a farsi capire e coinvolgere ma che regala maestosi paesaggi innevati e una storia incredibile, potente e intensa con un finale più che accettabile. Revenant: Redivivo (The Revenantrimanda, come in un gioco di specchi, recuperando temi propri della frontiera americana (quando la frontiera era in realtà un gigantesco territorio inesplorato che iniziava a ridosso degli stati della costa atlantica, abitato da una pluralità di popolazioni indigene), ad opere come Into the wild e affini, sviluppando un percorso artistico originale (anche se a dire il vero questo è un remake dato che il soggetto è già stato usato da un'altra pellicola, Uomo bianco, va' col tuo dio! 'Man in the Wilderness' del 1971) a partire dalla spettacolarizzazione di una storia vera (in parte basata sul romanzo Revenant: La storia vera di Hugh Glass e della sua vendetta e parzialmente ispirata alla vita del cacciatore di pelli Hugh Glass, vissuto a cavallo tra il Settecento e l'Ottocento), ambientata nel grande nord americano all'inizio dello stesso diciannovesimo secolo, il nord delle spedizioni di caccia, dei combattimenti con tribù di indiani ostili, dei vincoli famigliari e il tradimento, dello spirito di sopravvivenza e la vendetta e ne propone una scrittura tersa ed essenziale, in cui gli individui diventano minuscoli a fronte di una natura primordiale, implacabile e ferocemente bella.
In questo contesto infatti The Revenant sviluppa la sua narrazione. Hugh Glass (interpretato da un formidabile Di Caprio) guida un gruppo di trapper (cacciatori di pelli che si avventuravano per cercare fortuna, ma spesso anche per sfidare la morte) comandati dal capitano Henry, lungo il corso del Missouri. Ma dopo la consueta raccolta la spedizione viene attaccata dagli indiani Arikara, che derubati dei loro preziosi beni naturali, la terra, la selvaggina, le loro donne, dagli occidentali inglesi, francesi e americani (con la loro forza delle armi e col cinismo di un'anima assetata di ricchezze e potere) si vendicano (anche se uno scopo più 'nobile' c'è) e decimano il gruppo. Lungo la strada del ritorno però (passando per le montagne, poiché gli indiani controllano il corso del fiume) Glass viene attaccato da un'orsa che lo riduce in fin di vita.  Il capitano decide quindi di lasciare tre persone (tra cui il figlio) con Glass per dargli 'onorevole sepoltura', ma lui non muore e viene abbandonato in mezzo a un territorio impervio, senza armi e senza cibo, mentre il figlio che cerca di proteggerlo viene assassinato a coltellate. La situazione appare perciò disperata, ma l'istinto di sopravvivenza e il desiderio di vendetta produrranno effetti sorprendenti. Revenant quindi racconta una storia vera di lotta per la sopravvivenza e di vendetta, ma anche una storia di amore per la vita, per la propria donna, di attaccamento viscerale ai propri figli e ai propri padri, che generano una forza sovrumana da far superare ostacoli impossibili a qualsiasi uomo. Ma la Storia è anche una storia di vigliaccheria e di tradimenti imperdonabili che richiedono a gran voce vendetta. E' infatti l'amore per il figlio, l'amore per la vita, la forza che solo una vendetta spietata può trasmettere per 'riparare' ad un atto imperdonabile, a trasformare Hugh Glass in un epico e spietato vendicatore. Ma Glass sa bene che i suoi sforzi sarebbero vani se non ci fosse una forza più grande di lui che lo guida verso il suo gesto che sarà di estrema e vana catarsi liberatoria. E catturato il traditore, uno splendido ed insuperabile cattivo Tom Hardy (John Fitzgerald nel Film), che proverà con tutta la sua vigliaccheria a dissuadere Glass dicendogli a gran voce che la vendetta non gli ridarà mai quello che ha perduto, lascerà la vendetta nelle mani di Dio, non nelle sue, e sappiamo bene che la sua non è sempre benevole. Revenant perciò anche solo per la scena finale è un film maestoso che trasmette ogni tipo d'emozione, che scava dentro il proprio io e ti perfora come un pugnale facendoti riflettere sulla natura umana e il suo comportamento. La regia è pulita, mantiene sempre lo stesso ritmo, i piani sequenza sono lunghi, dettagliati e paurosamente efficaci sullo spettatore. La cinepresa riprende l'azione in modo originale, spostandosi dinamicamente mantenendo un primo piano eccellente immergendoti nel film.
La sceneggiatura poi, nonostante i pochi dialoghi che fan si che il film venga interpretato da solo, lasciando spazio alla potenza fotografica e della regia, l'ho trovata comunque pazzesca. Essa permette infatti di leggere il pensiero degli attori con una pulizia incredibile sia nei movimenti che nei dialoghi in modo incredibilmente spontaneo. La fotografia ovviamente non poteva essere migliore, tutto naturale, grazie ad una luce del sole incantevole della zona in cui hanno girato, che rende il film estremamente reale e immersivo. Inoltre i panorami ripresi dall'alto sono letteralmente mozzafiato. L'interpretazione di DiCaprio parla da sola, l'attore non dice una parola per 40 minuti, con una espressione trasmette mille emozioni riuscendo a farti entrare dentro il personaggio, in tutti i sensi, da brivido (come alcune incredibili scene, una alla Gollum, che a proposito si sarebbe stupito a vederla, e una mai vista, dormire nella carcassa di un cavallo!). Tutto il resto del cast, stellare, un Tom Hardy motivato e incalzante (sempre bravo a dare spessore ai suoi personaggi anche se non proprio eccezionali come per esempio fu in Child 44: Il bambino n.44). La colonna sonora è composta da sinfonie di prima categoria messe al posto giusto e al momento giusto. Infine, durante la visione ci si ritrova in un tripudio di emozioni fortissime, il film ti trascina nel suo mondo per 2 ore e 22 minuti, e vogliate credermi, starete incollati davanti alla proiezione senza voltarvi, distrarvi e chiudere occhio fino alla fine dei titoli di coda. Un quasi capolavoro che non se ne vedevano da molto, molto tempo. Un film potente maestoso e colossale da risultare difficile da 'digerire', bellissimo e molto 'forte' per le scene e per la storia narrata. Una storia che senza dubbio ha meritato le dodici candidature agli Oscar (a proposito il regista a ri-meritato la statuetta dopo Birdman), anche se a esser sinceri per DiCaprio era meglio l'avesse vinto prima perché anche se bravissimo a me non mi ha convinto tantissimo, come il film, dato che come ho scritto all'inizio qualcosa non ha funzionato e non mi ha preso tanto, soprattutto per il lato mistico e onirico un po' fuori dal mondo e artificioso nonché stancante e un po' noioso. Forse perché il film è indubbiamente asciutto ed essenziale, anche troppo, la neve, il fuoco, il gelo, il sangue, i boschi sconfinati, il fiume e le sue rapide, i branchi di bisonti, disegnano una coreografia sì solenne e maestosa ma non eccezionale ed emotivamente noiosa, a volte non spiegata a sufficienza nelle varie sotto-trame e situazioni. Ma il film è essenziale anche nella descrizione dei legami e dei sentimenti, l'amore paterno, il senso del dovere, il tradimento, la ferocia dei vincitori, la solidarietà umana sono rappresentati in modo sobrio e senza enfasi, senza 'effetti speciali' utili ad immedesimarsi, anche se la scena dell'attacco dell'orso, pur ricostruita in CGI, appare comunque di un'efficacia impressionante. A volte poi la narrazione sfiora l'iperbole e l'iper-realismo, soprattutto quando Glass, gravemente ferito, si trova ad affrontare situazioni estremamente pericolose e potenzialmente letali, riuscendone sempre come un Highlander ad uscirne indenne. Comunque non è sul piano del realismo che va valutata l'opera di Iñárritu, perché The Revenant è un'opera lodevole che celebra la vocazione prometeica dell'uomo-Glass in un contesto molto più forte di lui. I risvolti leggendari sono temperati da una messa in scena rigorosa e affascinante e dall'ampiezza sconfinata dell'orizzonte. Come a dire che, per muoversi su un'estensione sterminata, occorre un impegno e uno spirito di sacrificio altrettanto illimitati. Insomma un qualcosa in ogni caso di strabiliante, che in definitiva, nonostante alcuni problemini, fa sì che il film risulti davvero magnifico, straordinario ed incredibile, ma capolavoro assoluto forse no, anche se ci si avvicina molto. Voto: 8