sabato 2 marzo 2019

The Captive: Scomparsa (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 19/01/2017 Qui - Il problema principale di The Captive: Scomparsa (The Captive), film del 2014 (che ha partecipato in concorso al Festival di Cannes) diretto da Atom Egoyan, di cui è coautore della sceneggiatura assieme a David Fraser, interpretato da Ryan Reynolds, Scott Speedman, Rosario Dawson, Mireille Enos, Kevin Durand e Alexia Fast (recentemente entrata nella classifica delle Bellezze cinematografiche 2016), non è tanto il tema, tosto e disturbante che non può sconvolgere le coscienze di genitori e non, ovvero la terrificante piaga della pedofilia e in particolare della pedofilia online, quanto le caratterizzazioni o spiegazioni nonché domande irrisolte, cioè tutto rimane in superficie, chi sono, da dove vengono, possibile che nessuno se ne accorgi, possibile sia così facile rapire un minore, addirittura rubare un camion di alberi e scaricarli uno a uno sul ciglio di una strada a mo di mappa senza insospettire nessuno? Mettere in crisi un rapporto o insinuare un dubbio nei confronti dei genitori senza prove come fa la polizia che poi non fa niente, è davvero possibile o credibile, e potrei scriverne 10 di tante incongruenze o passaggi forzati. Quello che invece risulta credibile è la perdita della sicurezza umana, in quest'opera di Atom Egoyan, tutti i personaggi principali, a ben vedere, subiscono infatti la perdita dell'orizzonte di senso della propria esistenza. Certamente e in primo luogo è Cass, la giovane rapita per una svista occasionale del padre Matthew. Da qui il senso di smarrimento si allarga dal padre alla madre Tina, i quali, come coniugi, sono costretti a vivere la perdita della loro propria bambina incrinando il rapporto, fino a fare di Matthew il colpevole per eccellenza di tale perdita. Non solo, gli stessi poliziotti che operano sul caso, perdono sempre più la bussola, l'uno, Jeffrey, perché personalizza troppo gli eventi al punto di credere che lo stesso padre sia il responsabile del rapimento che ha venduto la figlia a una rete di pedofili per questioni di debiti, l'altra, Nicole, perché nonostante combatta contro il male è lei stessa ad averlo subito da adolescente.
Si tratta insomma di un gioco di specchi, in cui la colpa e il male si insinuano nei personaggi, rimbalzano dall'uno all'altro, mettendo in discussione i rapporti famigliari, di colleganza e di innamoramento tra Jeffrey e Nicole, e in cui la stessa Cass negli anni trascorsi in prigionia cerca di essere compiacente al mostro pedofilo diventandone, col passare degli anni, in qualche modo complice, perché un po' più adulta diventa l'adescatrice coatta in rete nei confronti delle altre bambine e bambini. Il tutto calato in atmosfere cupe e paesaggi freddi e innevati, dove il nevischio continuo diventa il riflesso pervasivo di esistenze che vagano alla ricerca di frammenti di passato per ricostituire un presente che diventa sempre più minaccioso. In questo senso il film è tutto giocato sul montaggio flashback, in cui passato e presente si accavallano continuamente lasciando allo spettatore la ricostruzione del progressivo dolore che attanaglia i personaggi. Ad accentuare il senso di tragicità grottesca è che Cass, nonostante gli abusi subiti (che non si vedono), per essere una buona adescatrice, ha bisogno di ispirazione, e perciò il pedofilo riprende costantemente, con telecamere nascoste, la madre di Cass presentandole ricordi della figlia, al fine di farle rivivere la sua presenza. Il tutto è girato con un'attenzione quasi morbosa verso gli interni e gli esterni, i frammenti di tempo che si sovrappongono, un po' per disorientare e farci entrare nel disorientamento dei personaggi e un po' per rendere ancora più attraente la sceneggiatura, ma in tutte queste operazioni da una parte viene messo a nudo l'impotenza esistenziale di fronte a un baratro che sembra davvero insuperabile, ma dall'altra ne risente l'opera in generale, che rischia di essere manierata. Resta perciò un thriller doloroso per me solo sufficiente, giocato con sottrazioni durante l'arco del suo svolgimento, ma con accumulazioni verso il finale che finiscono per sovraccaricare con risposte scomparse e l'immancabile finale quasi lieto. Voto: 6