sabato 2 marzo 2019

Mustang (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/01/2017 Qui - Sembra impossibile che una storia come quella di Mustang, opera prima della regista Deniz Gamze Ergüven, sia ambientata nella Turchia contemporanea, un paese che aspira da un pezzo ad entrare nell'UE, eppure è così. Il film (del 2015) infatti, rappresentante per la Francia ai Premi Oscar 2016, racconta la drammatica storia di cinque giovani sorelle che lottano per la loro libertà contro un potere religioso e patriarcale soffocante. Tutto comincia con un ultimo giorno di scuola, dove cinque ragazze della stessa famiglia (orfane dei genitori) innescano uno scandalo con un gioco (innocente) in cui si siedono sulle spalle dei ragazzi. L'episodio ha difatti conseguenze imprevedibili, il loro comportamento viene considerato troppo sfacciato e esuberante e, con la complicità dello zio (piuttosto ottuso) e della nonna, vengono segregate in casa, con l'unico scopo, per le maggiori di loro, di vedersi 'assegnare' un ragazzo, che nemmeno conoscono, come prossimo marito, in base ad un accordo tra le famiglie. Ma non tutte sono disposte a barattare la propria libertà e voglia di vivere, con due di loro che reagiranno in modo diametralmente opposto, una tragicamente e l'altra, combattendo per un futuro (che si spera) migliore ma soprattutto libero. Mustang, che ricorda per molti versi 'The virgin suicides' di Sofia Coppola (1999), esplora in modo penetrante ed acuto l'universo adolescenziale femminile, la scoperta della propria identità, le conseguenze della trasformazione del corpo, il sorgere del desiderio. Ma in una società ferma come quella turca (in pieno contrasto con la modernità che arriva dall'occidente) oppressa dal retaggio religioso il corpo è tabù, il sesso peccato. Malgrado le riforme promosse da Ataturk infatti, la società turca (ancora pesantemente ancorata al passato) ha resistito tenacemente alla modernità restando ancorata ai costumi tradizionali (con il suo clima oppressivo e soffocante, tipico di tanti fra questi paesi, che condiziona l'esistenza di tante donne, più o meno giovani, alle quali non viene nemmeno data la facoltà di poter scegliere ciò che è meglio fare delle proprie vite), il matrimonio difatti è un contratto tra due famiglie, i sentimenti, i desideri non contano, esso è valido solo se l'imene è intatto. E queste cinque sorelle adolescenti che vivono una dopo l'altra il peso di questa schiacciante consuetudine, consuetudine a cui ognuna a suo modo deve piegarsi, reagiscono diversamente e solo le due sorelle più giovani trovano una risposta nella fuga nella grande città, molto più aperta ma che moderna forse non sarà mai.
Mustang si apprezza per più motivi, tutti riconducibili alla bravura delle attrici e ad un abile montaggio scenico, la resa visiva del contrasto eclatante tra la solarità, l'energia, la voglia di vivere, la sensualità delle 'fanciulle in fiore' e la dimensione soffocante delle barriere che si stringono sempre più intorno a loro, l'espressività del dolore chiuso e compresso di chi finisce per piegarsi, l'efficacia dell'esplosione liberatoria finale simbolicamente affidata alla sorella più piccola Lale, l'unica che sa trasformare la ribellione in capacità di osservare, esprimersi apertamente, ragionare e decidere per una via di uscita. I pregi migliori del film comunque sono la freschezza e la leggerezza dello sguardo della regista (franco-turca), che consentono un trattamento spensierato ma non per questo remissivo o superficiale di tali scottanti temi, con un andamento da commedia e un ritmo che non viene mai meno, con solo uno scompenso drammatico nella seconda parte, che risulta mal gestito nell'economia della pellicola e, per fortuna, subito accantonato, ed una felice resa interpretativa corale, con un cast composto di attrici alle prime armi tutte molto spontanee e vitali, con la più giovane di tutte, Gunes Sensoy, ad essere una vera forza della natura, grazie ad un personaggio che simboleggia più di ogni altro il bisogno fisico di libertà, che non scende a compromessi con niente e nessuno. In ogni caso, non si può tacere di quelli che sono dei difetti 'strutturali' del film, riscontrabili nella sceneggiatura, con una trama che sconta, incipit e finale a parte, una certa ripetitività di situazioni e con personaggi un po' schematici, come il classico famigliare ottuso, generalmente un maschio adulto, che non vuole saperne di ragionare e segue quello che gli è stato tramandato di generazione in generazione, l'altro famigliare, in genere una donna che vorrebbe concedere più libertà ma, un po' per timore e un po' per rispettare anch'essa le tradizioni, vive soggiogata e si lascia comandare, infine abbiamo tutte le ragazze, il cui spettro di mancate libertà di cui non possono godere viene quasi del tutto ristretto, tranne che per la minore di loro, unicamente alla sfera sentimentale e sessuale, riducendo e limitando così il ruolo, o più ruoli, che una donna può avere in una società in cui le è consentito disporre liberamente della propria vita. Insomma un film davvero intenso e che fa riflettere, e anche se il film è un po' troppo femminile per i miei gusti, è un film che merita di essere visto. Voto: 6,5