sabato 2 marzo 2019

Pan: Viaggio sull'Isola che non c'è (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/01/2017 Qui - Pan: Viaggio sull'Isola che non c'è non è la solita trasposizione su grande schermo di una storia a noi tutti nota e nel tempo divenuta fiaba e favola. Perché questa pellicola del 2015, diretta da Joe Wright, come ultimamente accade spesso, è l'ennesima rivisitazione del tutto nuova (anche troppo) del classico Peter Pan di J. M. Barrie. Il film è infatti ambientato durante la seconda guerra mondiale e racconta una versione alternativa delle origini di Peter Pan diversa da quella che conosciamo noi tutti, cosa che non mi è del tutto piaciuta, dato che è sempre stata la mia preferita in assoluto, poiché qui tutto viene stravolto, la trama poi è completamente nuova e non ha nessun filo logico con la vera storia. Certo, nella continua rivisitazione cinematografica di miti celebrati, spesso siamo portati a lamentarci della scarsa fantasia, ma non va nemmeno dato per scontato che provare riletture personali debba obbligatoriamente condurre a risultati soddisfacenti. Con Pan (associato al famoso 'flauto'), Joe Wright (apprezzato soprattutto per Espiazione) e lo sceneggiatore Jason Fuchs  infatti ripartono praticamente da zero, ma lo sfoggio di opportunità non sortisce gran risultati, anche se l'idea risulta affascinante, idea che nel film viene portata avanti con coerenza, con un inizio, uno sviluppo ed una fine ben precisi, ma purtroppo l'idea in sé non basta, poiché dopo alcuni primi affascinanti minuti in grado di incuriosire lo spettatore, giunti sull'Isola che non C'è, il film prende una piega decisamente scontata, prevedibile, ricca di cliché, retta si, dai vari e ormai noti ed aspettati effetti speciali in CGI, ma di certo non basta per giustificare l'opera in sé. Un'opera certamente fantasiosa, ricca e innovativa, dove gli elementi giusti ci sono tutti, alcuni sono anche al posto loro, ma che nel complesso non danno il massimo, ed è un gran peccato perché fanno così finire un'opera che poteva risultare molto al di sopra alla media in un classico 'Carino sì, ma niente di più'. Già la scelta dell'ambientazione stona leggermente, poi veniamo catapultati, tramite inspiegabili navi volanti, non solo nell'Isola che non c'è, in un bosco che non c'è ma che è pieno di vita (e di tutto ciò che ha sempre cercato ed atteso il piccolo Levi Miller che con il faccino giusto tra lo sfacciato birbante ed il triste orfanello interpreta Peter Pan), ma in un'orrida miniera dove il feroce Barbanera (Hugh Jackman, truccatissimo ma molto a suo agio nei suoi panni, anche se più grottesco che pauroso) sfrutta i fanciulli, per farli lavorare alla costante ricerca di polvere di fata. Ma grazie all'aiuto di James Uncino (Garrett Hedlund, poco convincente e poco carismatico) riesce a fuggire e a incontrare Giglio Tigrato (Rooney Mara, tranquillamente leggiadra e decisa guerrigliera del mondo che non c'è) e gli indigeni ribelli. È però solo il primo passo per rintracciare sua madre, ma allo stesso modo Barbanera vuole quello scampolo di universo per annientarlo definitivamente.
Per Pan: Viaggio sull'Isola che non c'è, il regista, fresco 'rivisitore' di Anna Kareninaera facile ipotizzare una versione non omologata a metodi sistematici del testo originale ma la sua riproposizione alterna scenari molto diversi (per tutta una serie di caratteristiche) con un'integrazione visiva e narrativa piuttosto avara di soddisfazioni. Così, abbiamo la cupezza del mondo reale e della miniera (due settori comunque convincenti un po') l'area degli indigeni caratterizzata dalla saturazione di colori molto accesi (che più di incantare, disturbano, praticamente accecano), e la luminescenza del mondo delle fate che, vuoi anche per un ritmo da far invidia al più evoluto dei videogame, non va oltre la manifestazione di un'azione rutilante, a tratti quasi incomprensibile. A legare l'insieme, ci pensa una trama stitica in fatto di collegamenti, incapaci di andare oltre l'unione dei singoli puntini, infarcita di ellissi e altrettanto priva di pathos. Detta così, sembra dadi dover gettare tutto nella spazzatura, invece c'è comunque il personaggio di Peter, che fa sempre il suo effetto pur ritrovandosi a sgomitare con troppo (e mal assortito) contorno. Anche il cast regala note positive, in fondo però, Pan rimane un film principalmente irrisolto, aperto a un seguito che non vedremo mai, incredibilmente coraggioso nelle sue note oscure, le suore malefiche e addirittura un bambino che muore per semplice cattiveria gratuita, ma troppo confusionario nelle (molteplici) rincorse di velieri volanti, con un climax senza né smalto né grinta, la tralasciata mutazione d'identità di Uncino e anche alcuni dettagli semplicemente respingenti, tra cui degli enormi uccellacci che possono tranquillamente rientrare tra le creature più brutte a memoria d'uomo ricreate con gli effetti speciali. Tra l'incubo e la meraviglia, perciò (a sorpresa) vince il primo, perché troppo materiale va letteralmente di traverso, come le due canzoni cantate da Barbanera e i bambini dell'isola che non c'è (addirittura ad un certo punto sembrava uno spin-off di Les Misérables), piccola 'trashata' che poteva essere evitata perché non c'azzecca. In ogni caso viene premiata la spericolata fantasia, ma se come me siete molto legati al mitico Peter Pan, cercate solo di non riporvi molte speranze, perché sì è un film carino e piacevole, ma davvero insipido. Voto: 5