Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/02/2017 Qui - Backtrack, thriller australiano, di impianto psicologico e con sfumature horror, del 2015 diretto da Michael Petroni, più noto come sceneggiatore che come regista, ha infatti scritto Le Cronache di Narnia: Il viaggio del veliero e Storia di una ladra di libri, anche se nel suo curriculum ci sono Possession e Il rito, è un inedito e non tanto eccezionale film, ma minimamente coinvolgente, dato che riesce a intrattenere fino all'ultimo per scoprire la verità, quella che il protagonista (Adrien Brody) scopre e ricorda dopo un attento esame di coscienza, il film è difatti un ritorno alla coscienza di quel che si è voluto volontariamente o inconsciamente dimenticare. La vita dello psicologo Peter Bowers infatti, è gettata nello scompiglio quando l'uomo scopre che i suoi pazienti altro non sono che i fantasmi delle persone morte in un incidente di venti anni prima. Temendo di perdere la lucidità mentale, Peter decide di tornare al suo paese natale, dove lo attende una terribile verità che solo lui può affrontare. Backtrack, anche se prende in prestito dal genere horror i canoni generali di rappresentazione dei fantasmi (discreti ma non tanto efficaci), nonché i loro giochini per spaventare il protagonista, è più un thriller che un film dell'orrore. Un thriller che rischia spesso uno strano déjà-vu nello script, ma il regista riesce a dribblarlo, grazie anche alla scelta del sempre professionale Adrien Brody (recentemente visto in Manhattan Nocturne) che con quella faccia un po' così riesce ad offrire le giuste sfumature al suo personaggio. Sfumature che vanno dal dolore per la morte di una figlia al senso di colpa per l'accaduto fino all'impressione di essere sull'orlo della follia. Perché non trascorre molto tempo dall'inizio del film prima che sia lui che lo spettatore dubitino dei suoi pazienti e di quanto affermano. Quando poi entra in scena la bambina cupamente misteriosa il gioco è fatto.
Il problema viene dopo, dato che l'attore, che si presta per una pellicola che non riserva grosse sorprese e tuttavia svolge il suo lavoro con dignità (ha dato prove di sé decisamente migliori, più sentite, più accorte) non convince fino in fondo, anche se molto ha fatto la caratterizzazione del personaggio che la scrittura gli impone. Scrittura che, va da sé, non è smagliante né originale, anche se interessante e avvincente, ma solo personalmente. Tanti sono i dettagli lasciati un po' a caso, tante le incongruenze, ma nonostante tutto, soprattutto nel finale, la scoperta sposta benissimo il focus della narrazione su un vissuto del passato che Bowe ha cercato di rimuovere e questo crea qualche spruzzo di empatia e voglia di 'menare', e comunque non così tanto prevedibile è lo stesso sconcertante finale. Insomma non è un granché ma il minimo indispensabile, per un film 'normale' che in effetti non ha tanto da offrire, di per sé il film deve infatti molto agli ambienti, sempre freddi e in notturna, ma a parte questo ed altro, davvero poco o niente da al film una connotazione da film imperdibile, solo la trama sufficientemente riesce a tenere alta la tensione, ma non basta del tutto. Voto: 5,5