Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/10/2016 Qui - Reboot (quasi sequel) di un film che nel 2007 non ebbe tanta fortuna (inspiegabile l'idea di trasportarlo nuovamente dopo il primo sconfortante esito), che a sua volta era tratto, come in questo caso, da un famoso videogioco, di cui ne ho sempre sentito parlare, che conosco, ma non c'ho mai giocato, ossia Hitman (l'assassino più freddo e insensibile della realtà virtuale). Hitman: Agent 47 infatti, film del 2015 diretto da Aleksander Bach, è tratto dalla serie di videogiochi Hitman, già portato sul grande schermo nel 2007 col film Hitman: L'assassino. Come è facile intuire perciò gli ingredienti di Hitman: agent 47, sono: pistole, coltelli, smoking e cravatta rossa. Una ricetta appetitosa, per gli amanti degli action movies e del video game cui è tratto il film, meno per i cultori di un cinema più ricercato. La trama ovviamente è quella dell'universo del gioco, in cui agenti creati in laboratorio e clonati per non avere sentimenti, lavorano come sicari e ricevono missioni che devono portare a termine, solo che nella vita dell'Agente 47 entra una variabile inattesa (di nuovo): una donna. Stavolta però con più importanza del mero oggetto sessuale di riferimento. Questa volta infatti, a differenza del primo film in cui era inseguito dall'esercito russo per tutta l'Europa orientale, è lui (Rupert Friend) a dover inseguire e in seguito a proteggere una ragazza, Kate van Dees (Hannah Ware), figlia del genetista, Peter Litvenko (Ciaran Hinds), creatore, anni addietro, di un programma che realizzava agenti come Hitman, 'umani senza umanità', ovvero, simile androidi impossibilitati a provare emozioni e sentimenti, ma semplici soldati mercenari, dotati di un codice a barra inciso sulla nuca e qualità fisiche oltre la norma, usati solo per eseguire gli obiettivi che venivano loro assegnati. A ricercare la ragazza ad ogni costo, come mezzo per giungere al padre però, ci sono anche John Smith (Zachary Quinto) e gli altri scagnozzi di Antoine LeClerq (Thomas Kretschmann) un altro diabolico personaggio rinchiuso nel suo bunker di sicurezza, che vuol far ripartire il vile programma genetico del dott. Litvenko per creare nuovi androidi umani per loschi piani di distruzione. Ovviamente la caccia tra Berlino e Singapore sarà spietata, animata da una certa suspense ed in questo turbinio di colpi ad effetto, salti mortali e proiettili vaganti si giungerà sino alla fine del film con un finale a sorpresa (ma non così sorprendente).
Hitman: Agent 47 è comunque un discreto film d'azione, ma di puro intrattenimento. A cui interessa chiaramente solo la componente action: dialoghi, spessore dei personaggi e originalità non sono neanche esplorati. Purtroppo è anche l'azione a lasciare un po' a desiderare. In questo misto tra Terminator e James Bond, la trama poi non è particolarmente credibile, anche se, quale film/personaggio d'azione lo è? James Bond, John Rambo, Jason Bourne? Rupert Friend in ogni caso dà vita a un personaggio freddo e distaccato, inespressivo al punto giusto, e secondo me più carismatico di quello di Timothy Olyphant nel film precedente, anche se non del tutto convince. In questo secondo capitolo la regia del film passa da Xavier Gens ad Aleksander Bach, la sceneggiatura viene nuovamente affidata a Skip Woods, mentre dal cast svanisce una star come Olga Kurylenko. Fatto che, non ha aiutato per niente alla riuscita della pellicola. Una pellicola che ha una storia che presenta alcune lacune e forzature (non sto a dilungarmi), immancabile infatti lo scienziato pentito da salvare, con inesorabili sensi di colpa nei confronti di una figlia destinata a scoprire sempre più la peculiarità della propria natura e del dono (o maledizione) assegnatale da un genitore con smanie da Creatore. E tra una sparatoria, un'esplosione e un cambio di location (tutti più o meno giustificati da ragioni produttive o di product placement) ci si avvicina stancamente allo showdown, destinato anch'esso a deludere. Il villain interpretato da Zachary Quinto delude parecchio e lo scontro tra i due superuomini, ambedue troppo super, si traduce in puro tedio. Quel che rimane quindi è una trama inutilmente intricata e carica di un pathos fasullo che non è nemmeno ben raccontata, ma molto farraginosa e meccanica, forzata e obbligatoria, come se i personaggi fossero consci di essere tali e sapessero di doversi muovere come avviene nei film. Impossibile perciò che scatti il minimo moto di immedesimazione per personaggi che sembrano silhouette in movimento. Tutto ciò sarebbe però in fondo accettabile se Hitman: Agent 47 facesse l'unica cosa che è ragionevole aspettarsi da lui, cioè della ottima azione. Questo non solo non avviene in pieno, ma fallisce anche con un tale fragore da essere solo fastidioso, movimento ingannevole e per nulla armonico, fuori tempo e stonato, esplosioni dopo esplosioni che non convincono ne avvincono, ma assordano e basta. L'esito complessivo di Hitman: Agent 47 perciò, come nella peggiore delle previsioni, è solo uno, quello di un videogame già giocato, privo della componente interattiva ma sovraccarico di tutto il resto. E destinato, come nel precedente tentativo di Woods, a non trovare un pubblico, con buona pace del contro-finale che parrebbe auspicare un ulteriore sequel, oltremodo improbabile. In ogni caso, se non si bada troppo alla trama e ci si concentra sulle (mediocri) scene d'azione, gli elementi di un divertente action movie ci sono tutti, come il cast perfettamente proporzionale ad essi. Insomma, buon film, ma senza troppe pretese. Un film che non vincerà un oscar per miglior film o regia, ma che potrebbe anche permettere di vedere la famiglia riunita di domenica pomeriggio. Ma non aspettativi niente di gratificante. Voto: 6-
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