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venerdì 16 dicembre 2022

Apollo 10 e mezzo (2022)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/12/2022 Qui - Richard Linklater con Apollo 10 e mezzo sicuramente firma il suo film più personale ed autobiografico della sua carriera. Nato e cresciuto proprio a Houston in Texas, il film è un flusso continuo di ricordi che offrono uno spaccato esaustivo dell'America di quell'epoca attorno all'evento dello storico sbarco lunare dell'Apollo 11. Ricordi filtrati dalla scelta dell'animazione (di cui uso funzionale in rotoscope per amalgamare realtà e fantasia in un film deliziosamente evocativo) e ricordi che si miscelano perfettamente all'immaginazione del giovane protagonista. Un'epoca di fermenti sociali, politici e di costume, fra conformismo ed anticonformismo. Certamente, visto l'argomento e la biografia del regista, Linklater "gioca in casa", ma è da rimarcare l'eccellente equilibrio dei molti elementi messi in mostra, cosa tutt'altro che facile. Sicuramente uno dei suoi film migliori. Voto: 7+

martedì 27 ottobre 2020

Jumanji: The Next Level (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/10/2020 Qui - Il precedente di qualche anno fa era un filmetto da poco, ma piacevole e con ritmo, un ottimo intrattenimento senza ambizioni. Filmetto che comunque aveva incassato un patrimonio. In Jumanji: The Next Level, tra action e commedia, ritroviamo gli stessi elementi che hanno caratterizzato Jumanji: Benvenuti nella giungla. Rivediamo una struttura rodata che non aggiunge particolari novità, che tende a non rischiare, rimanendo salda a determinate linee narrative se non per qualche scena. Una decisione che potrebbe ritorcersi contro se si decidesse di produrre un nuovo capitolo, come potrebbe far pensare la clip nei titoli di coda. Jake Kasdan torna alla regia di questo sequel dirigendo lo stesso cast del capitolo precedente con qualche new entry. Ed è proprio il cast ad essere uno degli elementi vincenti del film, complice anche l'aggiunta di attori quali Danny De Vito e Danny Glover che interpretano il nonno di Spencer, che con il suo amico Milo creano divertenti siparietti stile "La strana coppia". Se nel film precedente le tematiche erano legate esclusivamente ai ragazzi e ai vari problemi adolescenziali riflessi nei loro avatar, in questo episodio si affrontano anche tematiche più adulte. Non sempre convincono gli effetti speciali che esagerano in alcune scene, cercando di strappare qualche risata in più allo spettatore. In conclusione però, sequel godibile, porta sullo schermo una narrazione che a tratti risulta un déjà-vu del precedente capitolo, ma riesce comunque ad intrattenere e divertire. Voto: 6

lunedì 31 agosto 2020

Il mistero della casa del tempo (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/08/2020 Qui - Abbandonato o semplicemente, si spera, messo da parte il genere horror in cui si è quasi sempre ben distinto in qualità di regista sin dai tempi del valido esordio di Cabin FeverEli Roth si dà al fantasy (dopo la parentesi action con Death Wish), cercando di divenire una volta tanto il regista di tutti e per tutti. Di fatto il film (adattamento cinematografico del romanzo La pendola magica del 1973 scritto da John Bellairs ed illustrato da Edward Gorey), forte di un cast nutrito di nomi piuttosto famosi e non così scontati (Cate Blanchett su tutti, diva piena di classe e dunque qui sin sprecata, mentre Jack Black risulta sempre perennemente e coerentemente se stesso, mentre fa piacere rivedere il lynchano Kyle MacLachlan, seppur sciupato in un filmetto del genere), anziché tendere alla platea più vasta, andrebbe severamente vietato ai "maggiori di anni", tanto è puerile e futile la storiella che regge tutto il grande apparato scenico, sfavillante ma scontato, visto mille altre volte e non proprio in grado di destare nemmeno per un attimo alcun istante di meraviglia o di sorpresa. Si procede pertanto tra bambini saputelli, adulti maligni e perfidi sino alla caricatura, situazioni sopra le righe che tuttavia si ripetono stancamente senza mai riuscire un attimo a farci tornare addosso la meraviglia dell'essere o sentirsi un po' bambini. Voto: 4

mercoledì 28 agosto 2019

Piccoli brividi 2 - I fantasmi di Halloween (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/08/2019 Qui
Tema e genere: Secondo capitolo della saga di film tratta dai libri horror per ragazzi di R. L. Stine.
Trama: Il giorno di Halloween due ragazzi scoprono un libro chiuso, lo aprono e appare loro un pupazzo da ventriloquo parlante. Sarà l'inizio di molti guai.
Recensione: Dopo il primo riuscitissimo capitolo (qui), mi aspettavo davvero molto da questo specie di sequel, specie perché la connessione con la pellicola precedente è molto flebile, rasentando l'inutilità ai fini della trama, tanto da sembrare quasi un spin-off (e in verità lo è, perché ambientato in un periodo preciso, Halloween). Purtroppo, però, devo ammettere che le mie attese sono state deluse per un buon 50%. Vuoi per l'assenza dei protagonisti "originali", vuoi perché la brillante e coinvolgente sceneggiatura del primo film qui lascia spazio a un tranquillo teen movie che sguazza nella comfort zone dei cliché. Un teeen movie in cui, come detto, non compaiono i protagonisti del primo film, con la sola eccezione di una fugace comparsata di Jack Black, qui relegato ad un numero di battute inferiore a quello di Arnold Schwarzenegger nel primo Terminator. I tre nuovi protagonisti, però, hanno un volto ben noto: Sam è interpretato da Caleel Harris, nel cast di Castle Rock e nella nuova serie Netflix When They See Us, Sonny ha invece il volto di Jeremy Ray Taylor, il Ben del terrificante IT di Andrés Muschietti, mentre Sarah vede in scena Madison Iseman, che proprio con Jack Black ha interpretato il riuscito sequel di Jumanji. I tre giovani attori funzionano molto bene assieme sullo schermo: anche se non sono aiutati da dialoghi particolarmente brillanti, è comunque un piacere vederli muoversi in un'interpretazione mai sopra le righe. Apprezzabile anche la resa degli effetti speciali e degli effetti visivi e belli i riferimenti alla cultura nerd, sparsi ovunque e sempre gustosissimi: da Street Fighter a Rocket League. Non male neanche la regia firmata da Ari Sandel (che può vantare nel suo palmarès un Oscar come miglior corto del 2005), egli infatti fa il compitino giusto, seguendo l'azione senza particolari voli pindarici e regalando qualche piccolo (davvero) brivido sparso qui e là. Ma c'è un ma. La cosa che davvero non va è la sceneggiatura. Siamo infatti davanti ad un teen movie annacquato, con dinamiche già viste, colpi di scena telefonati e soluzioni trite e ritrite. I bulli di quartiere sono decisamente spuntati, molto lontani dai terribili ragazzi selvaggi di IT o di Forrest Gump, il plot amoroso di Sarah si risolve in una manciata di minuti con tutto il "cucuzzaro": speranza, delusione, ripresa, lo stesso Slappy, i cui poteri sono diventati addirittura magici, alla fin fine è poco più che un fantoccio facilmente gestibile ad aggirabile. In nessun momento del film c'è sensazione di pathos, di ansia o tensione per i protagonisti: c'è qualche piccolo Jumpscare, ma niente che possa davvero impressionare, neanche un pubblico di ragazzini, per cui, de facto, il film è pensato. Tutto si svolge in modo decisamente lineare: da azione nasce azione, contro azione, e risoluzione. Chi dovrebbe non credere ai propri occhi, ci crede dopo due minuti, chi doveva mietere vittime, non le miete, chi doveva terrorizzare fa prevalentemente divertire, anzi, talvolta mancano direttamente dei pezzi, come se intere sequenze fossero state tagliate senza preoccuparsi troppo che la resa finale resti zoppicante. Il "terribile" aiutante alla Igor di Frankenstein Junior, sembra la brutta copia di Zio Tibia ma non spaventa per niente. Il diabolico piano di Slappy viene sventato senza nemmeno versare una goccia di sudore e, a ben pensarci, con il libro originale in mano Sarah avrebbe potuto chiudere la partita a metà del film.

giovedì 6 giugno 2019

Jumanji: Benvenuti nella giungla (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/09/2018 Qui - Nonostante le pessime premesse, che fra continui ritardi produttivi, tra commenti di sdegno all'annuncio di un sequel del cult del 1995 con protagonista l'intramontabile Robin Williams (tra questi anch'io) e poco convincenti materiali promozionali facevano presagire un sequel pasticciato e privo di personalità, Jumanji: Benvenuti nella giungla (Jumanji: Welcome to the Jungle) si rivela un'opera convincente ed estremamente godibile, che trae spunto dal soggetto del predecessore senza rimanerne ingabbiato, prendendo una strada totalmente autonoma e calibrando abilmente umorismo, avventura e azione. Dopo alcune prove non indimenticabili come Bad Teacher: Una cattiva maestra e Sex Tape: Finiti in reteJake Kasdan (figlio del più celebre Lawrence, regista de Il grande freddo e sceneggiatore de L'impero colpisce ancoraI predatori dell'arca perduta e Star Wars: Il risveglio della Forza) riesce nell'intento difatti di fondere vecchio e nuovo in questo film del 2017 e di riportare quindi in auge l'avventura sul grande schermo, continuando l'inevitabile processo di revival cinematografico degli anni '90 (conseguente a quello degli anni '80) già lanciato da film come Jurassic World o il meno riuscito Baywatch (anche se lì il divertimento era comunque sufficientemente garantito). Infatti, Jumanji: Benvenuti nella Giungla si rivela una gradita sorpresa, grazie a tanti piccoli fattori che riescono a distogliere l'attenzione dal capostipite, e che rendono questo sequel (non reboot non remake) compatto, capace di adeguarsi perfettamente ai tempi e reggersi narrativamente sulle proprie gambe. Anche se tuttavia nonostante la sua modernizzazione (dato che è comunque questo l'adattamento in chiave moderna del precedente, da notare di come il gioco si auto-evolva per adattarsi all'era della tecnologia, passando da gioco da tavolo a videogames, un geniale escamotage), il film non manca di citazioni al vecchio film, come la corsa dei rinoceronti, i tamburi di sottofondo, le citazioni ad Alan Parrish, tutti elementi indimenticabili ed indistinguibili per chi del primo film se ne era innamorato. A differenza di esso però avremo un cambio di location, una scelta molto particolare per differenziarlo dalla storia del 1995: se il primo film vede la sua storia svolgersi nella città, questo sequel ci farà visitare quella famosa e famigerata giungla in cui visse per 26 anni il vecchio Alan.

mercoledì 20 marzo 2019

Bernie (2011)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 01/08/2017 Qui - Bernie, film del 2011 scritto e diretto da Richard Linklater, è decisamente un film da prendere con le molle. La pellicola del bravo regista americano infatti (visto recentemente all'opera nella bella commedia Tutti vogliono qualcosa e prima ancora in quelle del bellissimo Boyhood) tende a sfuggire ad una definizione di genere. Si può definire una black comedy sofisticata, con molti elementi di mockumentary, che potrebbero far pensare che gli eventi siano del tutto fittizi o almeno parzialmente inventati, invece no, è tutto questo e di più, poiché anche se si stenta a credere che sia la trama tratta da una storia vera, la base è in verità e incredibilmente una storia ai limiti dell'assurdo ma vera, assolutamente vera e largamente documentata. Tanto che, proprio per il modo in cui il regista veicola la storia, dato che per questo film ha scelto un particolare modo di raccontare la vicenda, ovvero tramite le testimonianze di attori e cittadini veri e propri che parlano della vicenda come se fosse un documentario, sembra questo un documentario in piena regola. Ma attenzione, non il classico documentario nel classico stile documentaristico, perché questo film (arrivato soltanto recentemente da noi) è sì semplice, ma straordinariamente d'effetto. Giacché anche se apparentemente semplice e lineare nella narrazione (coerente e ordinata, senza colpi di scena o inutili analessi), all'interno si celano delle importanti chiavi di lettura nell'aspetto socioculturale, poiché fa emergere una questione morale di notevole importanza.

mercoledì 27 febbraio 2019

Kung Fu Panda 3 (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/02/2017 Qui - Nel terzo capitolo della saga del simpaticissimo e irresistibile Panda Po, Kung Fu Panda 3, film d'animazione action del 2016 prodotto dalla DreamWorks Animation e diretto da Jennifer Yuh e Alessandro Carloni, si continua a raccontare le vicende del simpatico e ed un poco pasticcione protagonista. Il cosiddetto Guerriero Dragone, che questa volta dovrà diventare "Master of Chi" ovvero Maestro della Forza Interiore (quasi come la 'forza' di Star Wars) per sconfiggere Kai, l'ex fratello in armi di Oogway da lui punito e mandato nel Regno degli Spiriti. Non solo, Po avrà modo di incontrare il suo padre naturale e di visitare con lui il villaggio nascosto dei panda. Come fu per i precedenti anche questo Kung Fu Panda 3, sequel del film del 2011 Kung Fu Panda 2 e a sua volta sequel di Kung Fu Panda del 2008, non delude, perché come per gli episodi precedenti il film si sviluppa con un ritmo perfetto ed intercalato da continui spunti comici, ma ben più importante affronta concetti quali la lealtà, il valore di ogni singola individualità, ma anche l'importanza della famiglia e della forza di un gruppo affiatato per superare insieme gli ostacoli della vita, quindi in maniera soft questo film come i precedenti ha un messaggio educativo per gli spettatori più piccoli, collegandosi in maniera armoniosa con i due precedenti. La trama, qui sintetizzata infatti, ma come si intuisce, ha però tanta carne al fuoco, addirittura può sembrare e risultare complicata, ma l'ora e mezza di narrazione filmica riesca a rendere Kung Fu Panda 3 comprensibile anche ai più piccoli attraverso quella reiterazione variegata ma sistematica che sta alla base di ogni insegnamento efficace, come la tematica del ritrovamento del padre naturale e pertanto della ricostruzione dei legami affettivi, che altresì pone in evidenza anche quella molto interessante e delicata della differenza e dell'importanza o meno nella vita di un essere vivente del genitore naturale e di quello che invece si è preso cura e lo ha allevato, facendo intuire allo spettatore l'importanza di entrambi.

domenica 3 febbraio 2019

Piccoli brividi (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/10/2016 Qui - Finalmente, grazie a Sky Cinema e al suo speciale di Halloween, sono riuscito a vedere Piccoli brividi (Goosebumps), lo aspettavo da molto tempo anche perché come speravo e come è successo il film, che sulla carta avrebbe dovuto trattarsi di un ordinario "filmetto" per adolescenti, certo, il film in questione rientra in questa categoria, offre molto molto di più. E infatti, anche se è inutile ormai dire che i libri non li ho letti e che praticamente non conosco quasi niente di loro a parte qualcosina, Piccoli Brividi, film del 2015 diretto da Rob Letterman, che avvalendosi di un cast ben amalgamato, con protagonista un perfetto Jack Black (che dopo tanti anni di assenza ritorna in grande forma con la sua grande recitazione e comicità espressiva che sempre lo ha contraddistinto nel mondo dello spettacolo), si dimostra ottimo adattamento (anche se non diretto, dopo saprete il perché) di una delle serie di libri per ragazzi più vendute al mondo. Perché prima di tutto abbiamo a che fare con un gioiello di spettacolo pop e un raro esempio di intrattenimento che è in grado di soddisfare spettatori di ogni età. Pellicola inoltre dotata di una chiave intelligentemente vintage che può catturare l'attenzione anche del cinefilo esigente. Insomma un film che conquista. Il tutto come detto prende le mosse da un brillante successo editoriale, quello (conclamato) della serie omonima ("Piccoli Brividi") dello  geniale R.L. Stineche vanta milioni di affezionati giovani lettori in tutto il mondo. Ma il punto forte della pellicola, il grimaldello dell'operazione cinematografica è però la geniale idea dello sceneggiatore Darren Lemke di rendere protagonista lo stesso Stine dell'avventura qui narrata, il quale in prima persona vi appare come il mattatore alle prese coi personaggi mostruosi da lui stesso creati e che ora lo inseguono con cattive intenzioni, guidati dal pupazzo malefico Slappy. La pellicola perciò non è l'adattamento cinematografico diretto di uno dei libri dei Piccoli brividi, la serie di romanzi brevi scritta da Stine (che tra l'altro compare nel film in un piccolo cameo), ma racconta di un universo in cui protagonista è lo stesso Stine che racchiude negli stessi Piccoli brividi i mostri creati. Comunque la Mondadori ha pubblicato all'inizio dell'anno, il romanzo tratto dal film, col titolo Piccoli brividi: La storia. Una storia per ragazzini direte voi, certo, sì, ma se avete già visto o vedrete il film capirete presto che il fascino che lo spettacolo emana va ben oltre la bambinata. Diciamo che il regista (un cineasta di lungo corso come Rob Letterman) ha saputo davvero ricorrere ad estro e genio, disseminando ovunque tracce di un'intelligenza che unisce sapori differenti e crea un corto circuito efficacissimo tra gusto pop e gusto vintage generando uno spettacolo di grande presa emotiva. Situazioni esilaranti, certo indirizzate ad un pubblico adolescente ma di indubbia efficacia per chiunque (io per esempio mi sono divertito da matti).