Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/09/2018 Qui - Nonostante le pessime premesse, che fra continui ritardi produttivi, tra commenti di sdegno all'annuncio di un sequel del cult del 1995 con protagonista l'intramontabile Robin Williams (tra questi anch'io) e poco convincenti materiali promozionali facevano presagire un sequel pasticciato e privo di personalità, Jumanji: Benvenuti nella giungla (Jumanji: Welcome to the Jungle) si rivela un'opera convincente ed estremamente godibile, che trae spunto dal soggetto del predecessore senza rimanerne ingabbiato, prendendo una strada totalmente autonoma e calibrando abilmente umorismo, avventura e azione. Dopo alcune prove non indimenticabili come Bad Teacher: Una cattiva maestra e Sex Tape: Finiti in rete, Jake Kasdan (figlio del più celebre Lawrence, regista de Il grande freddo e sceneggiatore de L'impero colpisce ancora, I predatori dell'arca perduta e Star Wars: Il risveglio della Forza) riesce nell'intento difatti di fondere vecchio e nuovo in questo film del 2017 e di riportare quindi in auge l'avventura sul grande schermo, continuando l'inevitabile processo di revival cinematografico degli anni '90 (conseguente a quello degli anni '80) già lanciato da film come Jurassic World o il meno riuscito Baywatch (anche se lì il divertimento era comunque sufficientemente garantito). Infatti, Jumanji: Benvenuti nella Giungla si rivela una gradita sorpresa, grazie a tanti piccoli fattori che riescono a distogliere l'attenzione dal capostipite, e che rendono questo sequel (non reboot non remake) compatto, capace di adeguarsi perfettamente ai tempi e reggersi narrativamente sulle proprie gambe. Anche se tuttavia nonostante la sua modernizzazione (dato che è comunque questo l'adattamento in chiave moderna del precedente, da notare di come il gioco si auto-evolva per adattarsi all'era della tecnologia, passando da gioco da tavolo a videogames, un geniale escamotage), il film non manca di citazioni al vecchio film, come la corsa dei rinoceronti, i tamburi di sottofondo, le citazioni ad Alan Parrish, tutti elementi indimenticabili ed indistinguibili per chi del primo film se ne era innamorato. A differenza di esso però avremo un cambio di location, una scelta molto particolare per differenziarlo dalla storia del 1995: se il primo film vede la sua storia svolgersi nella città, questo sequel ci farà visitare quella famosa e famigerata giungla in cui visse per 26 anni il vecchio Alan.
Ma se a cambiare oltre alla location è anche il metodo di fruizione, giacché nel 1996 cominciò il tempo dei videogame per lasciar posto ai giochi da tavolo (constatazione che offende Jumanji che per vendicarsi si trasforma in una console casalinga, esteticamente un incrocio tra un NES e un Commodore 64, con relativa cartuccia), a non cambiare sono le regole che rimangono intatte: chiunque giochi a Jumanji si ritroverà catapultato nel suo mondo e non ne uscirà finché non lo porterà a termine (quando si dice di un videogioco poco immersivo). E quindi strizzando l'occhio alla generazione elettronica, Jumanji: Benvenuti nella giungla trascina lo spettatore in un efficace (e per i video giocatori particolarmente intuitivo) sistema di vite, resurrezioni, sfide da vincere, abilità da sfruttare e avatar da padroneggiare. È proprio sul contrasto fra realtà e virtuale che il regista e gli sceneggiatori Chris McKenna, Erik Sommers, Scott Rosenberg e Jeff Pinkner impostano la narrazione, utilizzando il gioco degli opposti come pretesto per alcune gag particolarmente riuscite e per una non banale riflessione sui concetti di identità e personalità. Nel film infatti, un gruppo di quattro liceali (Spencer, Fridge, Martha e Bethany, ovvero Alex Wolff, Ser'Darius Blain, Morgan Turner e Madison Iseman) finiti loro malgrado in punizione, per aver violato, ognuno in modo diverso, il regolamento scolastico (un po' come successe anche in Power Rangers) a cui gli viene affidato il compito di ripulire dal pattume accumulato negli anni in una stanza della propria scuola, scoprono la vecchia piattaforma abbandonata in uno scantinato, la accendono e si ritrovano così catapultati nel videogame ambientato nella giungla (una giungla reale e piena di pericoli), assumendo le sembianze dei vari avatar. E poiché, come detto, i loro avatar in-game saranno l'esatto opposto a cui sono abituati ad essere, cioè ognuno uno stereotipo del mondo moderno, avremo il nerd impaurito e allergico a tutto che diventerà il protagonista muscoloso e coraggioso, il bulletto formato armadio e sportivo che diventerà un zoologo che non ha resistenza sulla corsa, la ragazza bruttina, sempre in disparte, che odia fare ginnastica perché inutile per un percorso professionale che diventerà la bellezza di turno che basa le sue capacità sulle arti marziali, ed infine la tipica ragazza moderna, bella, magra, concentrata col suo telefono alla ricerca dei consensi tramite foto sui social che, nel gioco, cambierà sesso diventando un cartografo impacciato e formoso.
Proprio quest'ultima trovata è uno dei pregi del film, giacché questo cambio di personalità offre uno spunto importante sulla metafora del sapersi adattare, del sfruttare al meglio le proprie potenzialità, ma al tempo stesso, saper essere dentro di sé sempre se stessi. Anche perché i quattro, calati nei corpi dei propri avatar e coinvolti immediatamente nella sotto-narrazione del videogioco, per tornare alla propria vita, devono fare di necessità virtù, e quindi superare delle prove ed affrontare una serie di nemici per sconfiggere il villain che terrorizza l'intero universo di Jumanji, come? Semplice, giocando come se fosse un vero e proprio videogioco. Non è un caso infatti che la loro avventura all'interno della giungla sarà scandita dai ritmi e dalle meccaniche di un vero e proprio videogame, dopotutto siamo di fronte a un film di avventura (strutturato in chiave ironica e deliziosamente meta-cinematografica), con tanto di trama e nemico da sconfiggere che, rubando la pietra magica a protezione di Jumanji, ha gettato sulla giungla una temibile maledizione, perciò lo scopo del gioco (comprensivo di tutorial e varie abilità da sfruttare, non dimenticando Personaggi Non Giocanti e cut-scene atte a mostrare gli eventi tra uno stage e l'altro) sarà dei più classici, ovvero trovare i pezzi mancanti della mappa che porterà i protagonisti nel covo del boss finale, che andrà sconfitto per spezzare la maledizione, tutto questo tenendo conto che ogni personaggio ha tre vite a disposizione, terminate queste....game over, e per davvero. E vien da sé quindi, che come in ogni videogioco multigiocatore che si rispetti, sarà la cooperazione e il riuscire a sfruttare le caratteristiche dei propri compagni la chiave di volta per svelare il mistero dietro Jumanji: Benvenuti nella Giungla, riuscendo così a sfuggire alla maledizione che ha attanagliato i giovani ragazzi finiti nella natura selvatica popolata da ogni genere di animale selvatico mortale possibile e immaginale, ippopotami inclusi. E per questo che il sequel di Jumanji si rivela assai arguto, veicolando benissimo ogni sua azione produttiva e narrativa, a partire dalla scelta del cast comprendente l'amatissimo Dwayne "The Rock" Johnson e la bellissima Karen Gillan, qui nel ruolo di avatar videoludici, iconici ed esagerati, passando anche per continui riferimenti a The Last Guardian o Uncharted 4 (il film è prodotto anche da Sony, quindi si può parlare di auto product placement).
Nel cast però ci sono anche due attori che la comicità ce l'hanno nel sangue, e poiché questo è soprattutto un film comico prima che d'azione, cosa che comunque spesso stona se si pensa all'originale, perfetti sono i personaggi (tutti) e chi li interpreta. Qualsiasi dei quattro personaggi principali avrà modo infatti di farvi ridere, che siano con le battute o con delle scenette di interpretazione. E se questi riescono nei loro intenti è non solo grazie a The Rock, sempre più attore vero e completo, e alla sensuale e al tempo stesso goffa Karen Gillan (che dopo le convincenti performance nei panni di Nebula ne I guardiani della galassia dà prova di essere pronta al salto di qualità e al ruolo da protagonista in una grande produzione), ma soprattutto a Jack Black e Kevin Hart che dimostrano una volta di più di essere fra i migliori attori comici in circolazione. Anche perché non facile era la prova di sfruttare le loro peculiari caratteristiche fisiche e di fare al contempo trasparire la vera e contrastante personalità degli abitanti di quei corpi. E in tutto questo importante è il contributo del regista che, seguendo la via del sequel del film cult anni '90 (non realizzando quindi una copia carbone, anche perché tutto in questo film cambia registro) controlla saldamente la narrazione, mantenendo sempre alto il ritmo e costantemente vivo l'interesse del racconto, nonostante i principali snodi della trama siano tutt'altro che imprevedibili. Buone notizie arrivano anche da una CGI mai troppo invasiva e per una volta funzionale a quello che è essenzialmente un grande viaggio nelle montagne russe per adulti e bambini, senza pretese di innovazione o di ricerca, ma forte di un sincero e profondo gusto per l'avventura e il puro intrattenimento. Completano l'opera delle azzeccate ed energiche musiche, su cui prevedibilmente domina lo storico pezzo dei Guns N' Roses "Welcome to the Jungle", non a caso sottotitolo del film. Un film in cui tuttavia i difetti (oltre a quelli già ampiamente sottintesi) non mancano e che risiedono nell'inconsistente personaggio di Jefferson "Seaplane" McDonough (Nick Jonas), oggetto estraneo nel gruppo e poco incisivo anche come legame fra le diverse epoche di sequel e originale, e soprattutto nello scialbo villain (continua il preoccupante trend dei blockbuster odierni fatto di antagonisti di scarso spessore e totalmente privi di fascino) interpretato da Bobby Cannavale, nulla a che fare con il carismatico e pericoloso cacciatore Van Pelt (Jonathan Hyde), un vero cattivone degno di tale ruolo.
Ma per fortuna i pregi (i non comunque eccezionali pregi) fanno sì che la pellicola sia per questo un'opera non così disprezzabile come ci si sarebbe aspettati. Certo, si tratta di un film che non osa (né cerca) il confronto con l'originale, dopotutto è netto il cambio di tipologia di film, passando da una commedia divertente ma tragica e paurosa, ad una commedia totalmente comica e trash, che non porterà quasi mai ad avere momenti di serietà, e in tal senso ci si ritrova un po' disorientati, proprio perché questo film non eredita l'anima del primo (basti pensare che il primo film trattava comunque di temi cupi, la durezza di un padre autoritario, una donna rimasta in psicoanalisi per anni a causa dello shock emotivo, due bambini orfani costretti a trasferirsi), tuttavia riesce a intrattenere per 2 ore senza mai scadere demenziale o nello squallido plagio di una pellicola di culto come Jumanji. Questo genuino ed appassionato film di genere infatti, accetta il fatto di esserne un umile sequel che mira verso una direzione leggermente differente dal capostipite. E, incredibile ma vero, il meccanismo funziona. Perché anche se in tal senso potrebbe non esser piaciuto ai nostalgici, d'altronde il film è pensato soprattutto per le nuove generazioni, questo è un film rocambolesco, scorrevole e senza troppe pretese davvero sorprendente. E tuttavia per questo non si tratta sicuramente di un film d'avventura destinato a rimanere negli annali, ma certamente di un'intelligente rivisitazione moderna di un classico senza tempo, proponendosi di fatto come un omaggio sentito e per nulla offensivo a un piccolo, grande cult degli anni '90. Anche perché il film non ambisce a chissà quali vette di eccellenza, ma vuole solo divertire ed intrattenere. E ci riesce appieno nel suo compito con personalità, senza per questo dimenticare anche qualche cenno al passato, cenno capace di risvegliare ricordi senza per questo limitarsi ad essere un mero revival, ma mostrando ciò che Jumanji e Robin Williams ci avevano soltanto lasciato immaginare. E in tal senso prima di vedere Jumanji: Benvenuti nella giungla, è consigliabile non vederlo però come se fosse il seguito del magistrale primo capitolo, d'altronde questo è un film totalmente nuovo (dove neanche il suon dei tamburi mette paura), ma soprattutto è importante vederlo già sapendo di godersi un film senza troppe pretese (che diverte e intrattiene con gusto, quasi con ingenuità), indirizzato a una fascia di spettatori chiaramente under-18, i quali in ogni caso si potrebbero lasciar trasportare dalle atmosfere scanzonate di un videogioco (a tal proposito i videogiocatori non potranno non apprezzarne l'ironia di fondo) che adora non prendersi troppo sul serio. E in definitiva quindi, Jumanji 2 si rivela un sequel (perché è un sequel, non un remake) di buona fattura e un comedy-action-movie che riesce in quasi tutto, quasi, perché i difetti ci sono, l'azione spesso latita e non sempre certe battute sono tanto spiritose, ma va bene comunque. Voto: 6,5