giovedì 20 giugno 2019

Theeb (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 03/12/2018 Qui - Pellicola mediorientale che respira molto cinema classico come classica è la storia che propone: il viaggio di formazione di un ragazzino nell'ambiente ostile del deserto, prima accompagnando il fratello, successivamente rimanendo da solo di fronte a quello che sembra il suo peggior nemico. Sarà per Theeb (che in arabo significa lupo) una esperienza di vita drammatica e formativa in cui il ragazzo comprenderà i valori basilari dell'esistenza, il senso di sacrificio, e pure a diffidare di false amicizie ed approfittatori che troverà sulla sua strada. Per questo teso e ben narrato, senza fronzoli o "mielosità", sempre probabili ed in agguato quando c'è di mezzo un bambino, Theeb, pellicola del 2014 di produzione inglese/orientale, è una riuscita ed interessante opera prima di Naji Abu Nowar, trentatreenne regista inglese che appare deciso e con una precisa idea del racconto e della rappresentazione. Paesaggi stupendi, ma per nulla edulcorati o insistiti, ma al contrario necessari, fanno sfondo ad una vicenda che è una epopea di vita riuscita (l'ingenua semplicità ed innocenza di un ragazzo di fronte alla sfida del mondo adulto, più complesso dove occorre adattarsi per sopravvivere in un ambiente ostile come il deserto) e, a tutti gli effetti, una riuscita opera prima. L'opera infatti, presentata a Venezia nella sezione Orizzonti e candidata all'Oscar 2016 come miglior film straniero, un western arabo si potrebbe dire, anche se, come detto, è soprattutto la storia della formazione di Theeb, che da bambino diventa lupo, è un'opera prima (seppur addirittura lenta e quasi retorica) davvero potente e coinvolgente. Un'opera certamente non perfetta, nonostante immagini stupende del deserto, alta tensione e buona musica, un'opera con paesaggi magnifici quanto pericolosi, con quei binari che portano progresso ma anche tante insidie, ma un'opera semplice e ben raccontata che vale la pena seguire e conoscere. Giacché quest'opera, è sì un viaggio di formazione di un giovane beduino attraverso il deserto, ma è anche un viaggio dentro la Storia. Theeb difatti, ambientato nel 1916, dove infuria la Prima Guerra Mondiale, accompagna un ragazzino verso la maturità e svolge insieme la trasformazione di una civiltà antica. Perché la guerra entra nella vita nomade e scandita di chi "abita le tende" e ne sconvolge le tradizioni, le regole e gli equilibri.
Il progresso ha il profilo biondo di un ufficiale inglese e lo sbuffo sferragliante di un treno, che taglia il deserto e ne interrompe l'infinitezza. In quel deserto si muove il piccolo Theeb, ignaro del mondo e degli uomini che lo abitano facendo il bene e troppo spesso il male. E insomma a quasi più di cento anni dalla Grande Guerra, il film di Naji Abu Nowar "apre" il fronte mediorientale e ci racconta attraverso lo sguardo di un bambino gli accadimenti e gli sconvolgimenti profondi accaduti. I confini imposti artificialmente dalle potenze coloniali, il sostegno tedesco ai movimenti islamici radicali in chiave anti-britannica e anti-francese, il collasso dell'Impero Ottomano e l'incapacità di trovare entità governative altrettanto stabili, sono tutte conseguenze dirette della Prima Guerra Mondiale, conseguenze che il giovane regista giordano lascia emergere dalle immagini e riemergere dai pozzi, i due pozzi tra cui si muovono beduini, stranieri, pellegrini e predoni. Qualcuno alla ricerca di Dio, qualcun altro di ricchezza, di potere, di conoscenza, in un turbinio di accadimenti spiazzanti e di profonda riflessione. E per questo che Theeb è un piccolo (produttivamente) grande film, forse non da Oscar, e di certo non quello del 2016 (andato poi giustamente ad un film davvero eccezionale come saprete), che allarga i confini della nostra coscienza e si fa sufficientemente apprezzare, anche perché apre una pagina di Storia che forse nessuno sapeva o conosceva. Se da sempre raccontiamo il Primo Conflitto Bellico come una guerra civile europea, di rado consideriamo che condusse alla fine dell'Impero Ottomano e fu l'origine della destabilizzazione cronica che da un secolo scuote gli ex paesi coloniali. Territori spartiti tra Francia e Inghilterra senza tener conto delle realtà locali, tralasciando le religioni, ignorando le tradizioni etniche e le divisioni tribali antiche di millenni. In questa cornice, suggerita dal carattere brusco dell'ufficiale inglese, dalla passività di quello arabo, dal trasformismo del predone sopravvissuto, dall'impetuosità dei ribelli lanciati contro il treno, dalla saggezza di Hussein e dei suoi padri, il regista svolge la "primavera araba" di Theeb che, abdicati fanciullezza e principio di piacere, seguirà i valori e le norme della cultura a cui appartiene. In definitiva perciò, film non bellissimo e non eccezionale, forse neanche memorabile (nonché poi tanto "originale"), eppure un film interessante ed appassionante che merita attenzione. Voto: 6