mercoledì 8 maggio 2019

I spit on your grave 2 (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 05/12/2018 Qui - Nel filone dei Rape e Revenge, il secondo film della famosa saga, I spit on your grave 2, film del 2013 diretto da Steven R. Monroe, si classifica come un lavoro abbastanza originale, benché il canovaccio sia sempre il solito (c'è una ragazza sola ed avvenente, quindi un gruppo di pazzoidi che la rapisce, la stupra, la sevizia in ogni modo possibile ed immaginabile, un'escalation di brutalità secondo i progetti degli aguzzini culminante con la morte della vittima, la quale, invece, si salva per il rotto della cuffia ripagando con la stessa moneta i colpevoli di tale orrore), e benché non privo di alcune incongruenze narrative, che lo rendono poco (troppo poco) credibile. L'originalità è riscontrabile nell'ambientazione urbana, che però non regala una marcia in più, anzi, il cambio di contesto geografico offre una buona sorpresa ma a rifletterci bene appare come una vera bestialità. Interessante e nuovo è anche il quadro psicologico che viene offerto dei ''villains'', non tutti accomunati dallo stesso desiderio di violenza, alcuni con picchi di sadismo inaspettati, altri con improvvisi sensi di colpa che li portano tuttavia a patetiche ingenuità. A tal proposito, ingenua è purtroppo la sceneggiatura, che procedendo per stereotipi consolidati (la sopravvivenza della ragazza è pura fantascienza, anche se questa volta è per lo meno mostrata, mentre nel precedente film assumeva una innaturale connotazione quasi soprannaturale) si avvia verso uno svolgimento facilmente prevedibile in tutti i suoi colpi di scena, più o meno telefonati. Inoltre le figure marginali (il poliziotto, il prete) sono inserite maluccio nello script, anzi, non servono a niente. E insomma rispetto all'inarrivabile originale girato da Meir Zarchi (qui tra i produttori esecutivi) e il suo sufficiente remake/reboot di tre anni prima (qui), questo (ennesimo) sequel non colpisce più di tanto nel segno.
Anche perché nel primo film era ben presente una lettura strettamente legata all'epoca e al contesto sociale con relativa carica sovversiva che ne conseguiva, il secondo invece pur ricalcandone in parte le orme alzando l'asticella della violenza si sfilacciava spesso a livello di script, nel "terzo" non c'è più traccia di impegno né di emulare cercando una propria identità formale e concettuale. Il regista infatti (che comunque tecnicamente gira bene il tutto) si limita ad arricchire ancor di più (e malamente) l'aspetto del R&Re e del ''torture porn''. Perché certo, la scena di stupro è estremamente disturbante, e le modalità di uccisione adottate della vendicatrice risultano alquanto creative (sempre più brutali e stomachevoli), in stile sempre più "Saw: L'enigmista", ma questo non basta per promuovere il film, e il protofemminismo della storia (incarnato da Mary Stockley) è un argomento debole. Il difetto principale però consiste nella mediocre prova recitativa della protagonista, perché fin quando Jemma Dallender recita i panni della vittima sacrificale, la pellicola fila via liscia con momenti disturbanti (l'assalto al suo appartamento, per esempio), purtroppo quando l'attrice smette i panni della vittima per diventare vendicatrice ecco che i limiti recitativi emergono in tutta la loro forza, troppo caricata, troppo sopra le righe, con troppe urla e troppe smorfie si scaglia sui suoi aguzzini, perdendo quell'aurea di cinismo che aveva la Jennifer del primo episodio. L'effetto che si ingenera è quello di una Kate distante dalle aspettative dello spettatore, in cui difficilmente ci si immedesima, benché si possa comprendere la sua furia. In definitiva un film adatto comunque ad una serata di intrattenimento, ma tuttavia inferiore alla versione del 2010. Non mi era piaciuto il remake/reboot, questo sequel mi sembrava perlomeno sufficiente, ma la seconda parte rovina veramente tutto. Voto: 5,5