venerdì 14 giugno 2019

L'ultima ruota del carro (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/10/2018 Qui - Un medio prodotto cinematografico italiano come questo corrisponde, probabilmente, al progetto più ambizioso, coraggioso e riuscito, giacché seppur non sfugge a certi difetti del suo cinema dovuti ad un certo schematismo, a volte grossolanità di qualche situazione, è a tratti divertente, credibile e sensibile tale da rendersi piacevole e godibile a vedersi (non a caso è questo il suo unico film che mi è davvero piaciuto, giacché non del tutto efficace è risultato Non è un paese per giovani) di Giovanni Veronesi, un prodotto che fa sfigurare decisamente altre pellicole medio-piccole come la trilogia di Manuale d'amoreItalians e altri film che erano altra farina del sacco del regista (Genitori & figli era al limite pericoloso del ridicolo). L'intento (nobilissimo) del regista è sempre stato quello di raccontare l'Italia, più o meno indirettamente, attraverso piccoli personaggi disadattati che affrontavano realtà abbastanza squinternate o semplicemente estranee, ma che alla fine riuscivano a trovare la via verso la loro salvezza sociale. Così avviene per il protagonista de L'ultima ruota del carro (film del 2013 scritto e diretto dal regista toscano), un mimetico (dimesso ma intenso) Elio Germano, che cambia capelli, età e carattere per riproporre i vari stadi della vita dell'italiano medio, anzi, di un esempio raro di italiano, un piccolo anti-eroe umile (anche troppo) e simpatico, mai intenzionato a mirare troppo in alto e che ritiene bastevole il rapporto affettivo con la moglie (una tremebonda Alessandra Mastronardi), con il figlio, con l'amico (Ricky Memphis che, meno burino del solito, risulta divertente), con i vicini di casa. E' un piccolo eroe che riesce a sopravvivere a cinquanta stralunati anni circa di storia d'Italia, dal 1967 al 2013, senza mai cambiare né crescere in termini di esperienza, mantenendo sempre la stessa ingenuità e la stessa semplicità che lo relegavano all'ultima ruota del carro della sua famiglia, in cui il padre oppressivo e la madre incapace di intervenire lo spingevano a una sempre maggiore frustrazione. Non è ambizioso, non tiene troppo ai soldi, è convinto che sia la famiglia il centro della sua vita, in un Bel Paese prima sconvolto dalle Brigate Rosse, poi dai fondi illeciti ai partiti politici e infine dall'avvento ottimistico dell'era berlusconiana.
Sopravvivendo anche a un tumore e ad una retata della guardia di finanza all'interno di una segreteria del Partito Socialista, con a capo un pervertito Sergio Rubini, il protagonista le evita tutte, è l'unico che continua a sorridere mentre gli altri intorno a lui cedono sempre di più alla disperazione o all'illusione. E' un normalissimo proletario impegnato, innamorato e potenzialmente felice. E quindi L'ultima ruota del carro, che strizza l'occhio alla commedia all'italiana classica di Scola e Risi, è un'onesta, non troppo graffiante, ma bella commedia. Certo, non tutto funziona, in realtà, in questo comunque dignitoso film: dopo una prima ora molto buona infatti, specie nella descrizione degli aspetti più deteriori degli anni Ottanta, fra oscure società finanziarie e assurdi contratti di leasing, fra yuppie azzimati e segretarie disponibili (e Virginia Raffaele che, nei panni di Mara, mette a frutto l'esperienza da comica televisiva, pur senza eccedere nel grottesco), nei successivi cinquanta minuti la vicenda difatti si inceppa un po', con una parentesi medica che vira troppo sul patetismo, per poi glissare sugli ultimi vent'anni. Efficace, però, il finale, ambientato in un presente desolante, forse privo del coraggio e della cattiveria dei modelli di riferimento, ma del tutto coerente con la morale del protagonista. Come efficace nel complesso è questa pellicola, che seppur a volte la sceneggiatura cali e anche se alla fine è meno emozionante di quanto sulla carta poteva essere, forse anche telefonata alla chiusura, è questa un'interessante commedia. Perché certo, alcuni difetti ci sono (difetti su cui è impossibile comunque sorvolare, tra cui da segnalarsi c'è una certa superficialità di fondo, che tuttavia non intacca il valore di una commedia che diverte, seppur sorrisi e non risate), ma ci si può accontentare di un buon prodotto, tutto sommato ben fatto, anche perché tra tutti i film da regista di Veronesi questo è probabilmente e quasi certamente il migliore. Voto: 6

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