mercoledì 8 maggio 2019

All'ultimo voto (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2018 Qui - Il film, basato sull'omonimo documentario del 2005, diretto da Rachel Boynton, sulle elezioni presidenziali in Bolivia del 2002, che portarono all'elezione di Gonzalo Sánchez de Lozada, aveva la possibilità, ma non l'ha sfruttata (pienamente), di andare un po' a fondo nei drammi economici e sociali che si vivono a latitudini come quelle della Bolivia (uno dei Paesi meno sviluppati del mondo). La sceneggiatura firmata da Peter Straughan (autore anche dell'applaudito La talpa) per questo All'ultimo voto (molto più serio il titolo originale Our Brand is Crisis) azzarda con discreto successo una discesa nei quartieri più degradati della capitale la Paz, ma l'opera (del 2015) del regista David Gordon Green resta comunque poco sotto la linea di galleggiamento per non perdere contatto con l'impostazione da semi commedia. Ecco, quindi, che per lo più l'impalcatura si regge sulle interpretazioni di due grandi attori come la sempre affascinante e convincente Sandra Bullock (premio Oscar nel 2001 con il commovente The Blind Side) e il magrissimo Billy Bob Thornton (Oscar da sceneggiatore per Lama tagliente nel 1997), anche se sul personaggio manca del lavoro a monte. Il loro duello psicologico a semi distanza è infatti, mentre gli altri contano poco perché Joaquin De Almeida non emerge da una personalità contraddittoria, il tridente di supporto formato da Anthony MackieAnn Dowd e Scott McNairy è strumentale alla portata principale (la leader Jane Bodine), e invece in pochi minuti Zoe Kazan lascia supporre che la sua parte da cacciatrice di scoop avrebbe meritato maggior risalto, uno degli ingredienti più gustosi della vicenda, la quale non manca mai di tenere alta l'attenzione dello spettatore. Interessante anche l'idea di mostrare le dinamiche della costruzione di una campagna elettorale per lo più basata (come avviene realmente dovunque) sul dare in pasto all'opinione pubblica e al popolo più sofferente, verità che nel migliore dei casi sono manipolate, se non spesso del tutto artefatte.
In questo la pellicola di David Gordon Green per certi versi è affiancabile a Sesso & potere (1997, di Barry Levinson con due scatenati Dustin Hoffman e Robert De Niro). Nell'insieme la mano non troppo raffinata del cineasta americano (filmografia piuttosto leggera, suo il recente, emozionante ma mediocre, Manglehorn con Al Pacino) non fa spiccare il volo a questo film comunque a tratti piuttosto godibile. Un film in cui forse il limite più grosso dello stesso sta nel non averci detto niente di nuovo, tuttavia è ben fatto, ben recitato e quanto mai credibile. Si parla della Bolivia perché si ritiene un paese, "difficile e politicamente  ballerino", ma in realtà si sa che le vicende narrate possono riguardare qualsiasi altro stato, perché dappertutto le tante promesse elettorali di candidati ben istruiti a mentire e disposti a qualsiasi inganno, grazie a campagne elettorali orchestrate da geniali burattinai, non vengono quasi mai mantenute, soprattutto quando possono favorire le classi più deboli, a scapito dei ricchi e quindi di chi detiene il vero potere. Insomma la politica è sporca e chi la pratica, prima o poi, ne resta contaminato. Ormai questo lo sanno tutti, i candidati e gli elettori, ma poi non si esimono, dal fare il gioco delle parti. Dopotutto All'ultimo voto ripropone la regola secondo la quale il fine giustifica i mezzi, e tuttavia quando le bocce si fermano e il lavoro finito, sopraggiunge il momento della riflessione, con promesse e realtà in progressivo allontanamento, come la vita politica ci ricorda spesso e volentieri, in tal senso, il finale è coerente con il film, in parte precipitoso, quasi un po' maldestro, comunque evocativo di un'inevitabile disillusione, ideale per un pubblico in cerca di qualcosa di vagamente impegnato, ma che non comporti nemmeno eccessivi rischi. In definitiva film non originale ma sufficientemente riuscito, un film di facile consumo da vedere. Voto: 6