mercoledì 8 maggio 2019

Anarchia: La notte del giudizio (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 07/11/2018 Qui - Meno ambiguo ma più compatto e avvincente del capitolo precedente, Anarchia: La notte del giudizio (The Purge: Anarchy), film del 2014 sceneggiato e diretto dallo stesso regista che aveva già diretto l'episodio apripista, film che è il sequel de La notte del giudizio, e quindi secondo capitolo della serie cinematografica, è a sorpresa un seguito decisamente migliore del primo, primo che aveva una buona idea di partenza (quella dello sfogo anarchico), qualche discreto momento, ma poi perdeva mordente e la noia prendeva il sopravvento. Qui le cose sono diverse: non cambia la storia che è praticamente identica al film precedente (come noto, gli USA in un prossimo futuro sono diventati una società senza tanti poveri, disoccupati, etc...grazie al fatto, si dice, che una volta all'anno, per 12 ore, ogni reato è consentito, questo "sfogo" avrebbe portato questo generale benessere...seppur ai soliti noti), si moltiplicano solo i punti di vista (in questo caso due coppie di giovani e la vicenda di un uomo solitario in cerca di vendetta), l'ambientazione passa dal chiuso delle quattro mura del film con Ethan Hawke asserragliato alla violenza in strada (che non è una bella cosa, in quella notte), inoltre c'è una buona confezione e soprattutto c'è Frank Grillo, ottimo caratterista, la classica faccia già vista in decine di film ma mai riconducibile a un nome. Attore capace e versatile: l'abbiamo visto in tanti film di genere, più o meno riusciti (End of Watch, il brutto Intersections, il buon The Grey) e grosse produzioni (Zero Dark Thirty, Captain America: The Winter Soldier). In Anarchia riveste i panni di un giustiziere della notte, dai modi spicci e a caccia della sua vendetta (anche se sulla sua strada ci saranno più innocenti che colpevoli), e se la cava abbastanza bene.
E quindi James DeMonaco, scrivendo stavolta una sceneggiatura migliore, più sobria e razionale dello scorso film, riesce nell'impresa di fare meglio, anche perché finalmente l'idea di fondo viene sviluppata a dovere (anche se il concetto di purificazione non lo condivido, non ci si purifica con l'omicidio bensì ci si macchia di un gravissimo peccato, questo è solo uno sfogo per chi è desideroso di vendetta o per chi vuole solo uccidere e prova piacere nel farlo, non è un modo per liberarsi dal male perché chi uccide lo incarna decisamente). Egli infatti approfondisce le cose buone del film di partenza, ovvero la rappresentazione di un futuro prossimo, possibile e inquietante in cui domina un regime senza volto ma che tutto, un po' come in 1984 di George Orwell, controlla attraverso telecamere, telefoni, gps e alta tecnologia, separando in vere e proprie caste i cittadini ricchissimi dai poverissimi e facendo sfogare le pulsioni più basse di questi ultimi nelle 12 ore di follia collettiva, quando ogni crimine rimarrà impunito. Certo, per colpa della struttura il film perde in sottigliezza, dato che in questo secondo tutto è più schematico (perché ci viene detto esplicitamente chi è il nemico e per chi si deve parteggiare) ma il ritmo (l'adrenalina implicita) compensa. Il regista infatti abbandona ansie domestiche e claustrofobia monocorde, lavorando stavolta sugli spazi aperti con esiti decisamente più vivaci (i nostri protagonisti si ritrovano costantemente fra la vita e la morte, tra questi Carmen Ejogo, decisamente attiva negli ultimi anni). E difatti tante sono le cose buone, una violenza tutto sommato limitata al necessario, un'atmosfera efficacemente dark e cupa, un cast efficace (e ben amalgamato alla vicenda, che si espande grazie al contributo del nuovo personaggio interpretato da Michael Kenneth Williams e dal "vecchio" personaggio interpretato da Edwin Hodge) e una gestione della suspense per gran parte sicura. Inoltre buono è lo svolgimento della vicenda e poiché in questo film appunto si fa nuovamente leva sulla disuguaglianza sociale, risulta alquanto agghiacciante la scena dei ricchi che si comprano le vittime. E quindi riuscito non è solo la miscela di registri (l'horror, il western, l'action, il thriller, il melo) e modelli diversi, ma anche questo sequel, sequel dove il regista fa un buon lavoro. Voto: 6,5