lunedì 10 giugno 2019

La ragazza nella nebbia (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/01/2019 Qui - Già dai suoi presupposti, La ragazza nella nebbia, film del 2017 scritto e diretto da Donato Carrisi, presenta una situazione piuttosto anomala: la figura del regista/sceneggiatore coincide pienamente con quella dello scrittore del romanzo, e non capita spesso. In tal senso, era notevole la curiosità nei confronti di un prodotto (basato appunto sull'omonimo romanzo dello stesso Carrisi) in cui immaginario editoriale e filmico dello stesso autore trovano un loro punto di congiunzione. Purtroppo però, il risultato sullo schermo è a dir poco deludente e velleitario. Ed è strano, perché anche se non ho letto il libro, immagino che l'adattamento non abbia stravolto le carte su narrazione e personaggi, o almeno penso che non ci sia stato un tradimento del regista nei confronti dello scrittore, e allora come si spiega tutta questa pochezza? Forse il libro che ha venduto milioni di copie è stato sopravvalutato? Non saprei, sta di certo che il film, pur non essendo un film pessimo (fortunatamente), è personalmente (forse anche oggettivamente) un film mediocre. Un film che si muove su due binari con il regista (che pur avendo a disposizione le Dolomiti fa pochi esterni) che non sceglie su quale andare: il primo è un thriller, il secondo un film di costume riguardante la funzione dei media che creano a loro piacimento colpevoli o innocenti. Come thriller appare confuso, il regista sembra aggrovigliare una vicenda da cui non sa come sbrogliarsi. Nella trama appare all'inizio una misteriosa confraternita che sarebbe una setta che domina il paese e che poi con il dipanarsi della vicenda misteriosamente sparisce. Come thriller non mi pare avvincente e la conclusione finale non così sorprendente. Ma anche come film di costume non appare riuscito: i rappresentanti dei media sono delle "macchiette" come le due giornaliste una d'assalto e l'altra una vecchia saggia ridotta in carrozzella  e comunque il tema dello "sciacallaggio" mediatico non è approfondito con sufficiente credibilità.
Insomma un film per niente sufficiente, un thriller non riuscito abbastanza, e quindi andare con il pensiero al molto più riuscito La ragazza del lago (data la presenza in entrambi di un investigatore interpretato da Toni Servillo e di un punto di partenza abbastanza simile) è quasi inevitabile ma il paragone non regge assolutamente. Qui manca il pathos di quel film, manca quel meraviglioso disegno psicologico dei personaggi, gli strani rapporti celati tra gli abitanti di quella valle, i segreti custoditi, qui manca tutto. Come se non bastasse il film del regista pugliese parte da un background sì forte e ben definito, ma per niente originale: l'ispettore Vogel arriva ad Avechot allo stesso modo in cui Dale Cooper arrivava a Twin Peaks. I riferimenti, oltre al già citato, si sprecano: da Gone Girl di David Fincher a Una pura formalità di Giuseppe Tornatore. La sceneggiatura trova un suo sviluppo provando a muoversi tra le oscure vie del paesino, rese ancora più difficili da percorrere dalla onnipresente nebbia. Ed è in questo suo percorso che fallisce. Perché la costruzione ad incastro tra racconto al presente (in cui i sospetti, e anche qualcosa di più, si indirizzano verso l'apparentemente mite professor Martini, Alessio Boni, un docente scolastico venuto dalla metropoli con la famiglia) e flashback (dell'ispettore che a vicenda conclusa e dopo essere uscito illeso da un incidente con l'auto ma con i vestiti misteriosamente macchiati di sangue, rivolge a uno psichiatra, Jean Reno) risulta prolissa ed esageratamente ingarbugliata, frutto di un compiacimento a tratti spropositato. Non originale neanche lo spunto della vicenda, ovvero la chiusura mentale di una comunità montana abbastanza isolata di per sé, socialmente oltre che morfologicamente, che cerca assolutamente giustizia per la sparizione improvvisa (e sicura uccisione) di una timida e religiosa ragazza dai capelli rossi. Capelli rossi che saranno un po' il fil rouge degli avvenimenti presenti e passati.
Molti degli abitanti fanno parte di una religione che sa di setta, di radicalismo immobile, secondo cui il miglior rimedio dopo questa sciagura, almeno per il momento, è quello di riunirsi in preghiera e attendere l'aiuto sovrumano. Intanto devono accontentarsi dell'ispettore che arriva e che inizia scettico e scontroso ad indagare e non senza problemi: lui, uno strano e macchiettistico Toni Servillo, è l'ispettore Vogel, che sicuramente ha una reputazione da salvare e una certa propensione ad utilizzare i mass-media per raggiungere il suo scopo. Perché in buona sostanza l'importante è trovare "un" colpevole. Schema già visto ripetutamente nelle storie di cinema. Il suo rapporto con una giornalista di grido giunta sul luogo per i suoi reportage, sempre a caccia di scoop clamorosi e scandalistici, è per lo meno ambiguo e pieno di ripicche, l'ambiente gli è alquanto ostile, i personaggi del luogo poco simpatici, e dulcis in fundo fa comodo a tutti che il miglior sospettato possa essere il nuovo professore appena arrivato con la famiglia. Vien sempre comodo sospettare dello sconosciuto che di uno del posto. Quindi va bene indagare su diverse piste, anche perché ci sono tante ombre, tanti lati oscuri nella vita valligiana, troppi personaggi che non vogliono accettare intrusioni nella monotonia montana. Gli altri personaggi principali coinvolti (di questi alcuni interpretati da Antonio Gerardi e Jacopo Olmo Antinori) sono poco delineati ma discretamente interpretati da Alessio Boni, bravo ma con un tono di recitazione piuttosto da teatro, mentre la presenza di Jean Reno dà un tocco di straniero e di misterioso, tanto che il regista preferisce non farlo doppiare, cavandosela egregiamente anche per via delle sue origini familiari vagamente italiane. Il finale (mancano solo i fuochi d'artificio) è paradossale e questo avviene quando vuoi finire con la sorpresa e una sorpresa ancora.
Tutto quindi è chiaro o forse no, a me è chiaro invece che un film così (perfino troppo lungo) non merita neanche la sufficienza, nonostante Toni Servillo, anzi, il peggior Toni Servillo che io abbia mai visto, una fastidiosa interpretazione manieristica la sua, una interpretazione che spingerebbe qualsiasi spettatore avvezzo al naturalismo cinematografico ad abbandonare la visione della pellicola dopo i primi dieci minuti. Insomma un film deludente (quasi quanto capitato con un'altra ragazza, La ragazza del treno, esempio di come non sempre un gran libro può diventare od essere un gran film, esattamente come anche in questo caso specifico), la prima delusione dell'anno, perché La ragazza nella nebbia è un thriller che non appassiona, non coinvolge e spiega troppo. Perché se è giusto che un buon thriller depisti il lettore/spettatore, è meno giusto che lo renda vittime di un esagerazione di parole e di spiegazioni che finiscono per intaccarne la suspense. Ed è un peccato, perché il regista dimostra di essere un buon metteur en scene, le ambientazioni e la composizione dell'immagine sono infatti molto buone, così come l'idea del plastico da scandagliare, anche se quest'ultimo non si capisce a cosa dovrebbe servire (utile o necessario fino ad un certo punto). Ma purtroppo, e soprattutto il finale, raffazzonato che scuote ma che, in fin dei conti, risulta eccessivamente artificioso, non aiuta alla riuscita del film, un film che spreca l'occasione. Tanto che anche quel che c'è di buono, come l'evidenza dell'eccellente cultura visiva dell'autore (incredibilmente vincitore di un David di Donatello), rimane allo stadio di citazione, e la fotografia come la musica si limitano a svolgere onestamente il proprio ruolo. Le cose più interessanti rimangono alcuni spunti letterari sull'origine del male ma, un po' come tutto il film, depongono solo a favore della buona formazione e delle buone intenzioni. Perché certo, come esordio alla regia non è da bocciare: diligente sebbene a volte poco incisivo (discreta la prova del cast, a parte inaspettatamente quella di un personaggio), ma la sceneggiatura a volte si perde in dettagli e non mancano anche delle incongruenze che mi hanno lasciato perplesso. Si va bene, dopotutto è questo un esordio, ma mi ha aspettavo di più da questo film, un film che nel suo complesso non convince pienamente, anzi, delude solamente. Voto: 5