Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/01/2019 Qui - Se un figlio si ammala gravemente quali diventano le priorità per un genitore che ha messo sempre la carriera al primo posto? E' quello che succede al protagonista del film Quando un Padre (A Family Man), film del 2016, diretto da Mark Williams che, continuamente oberato di impegni lavorativi e soprattutto di inventare continue strategie al fine di battere la concorrenza (tanto più quando l'avversario in questione è costituito da una donna, Alison Brie), si trova a dover affrontare la dolorosa realtà di avere il proprio bambino seriamente malato di leucemia. Il papà nel corso della terribile malattia comincerà così a dedicarsi maggiormente alla propria famiglia che, invece, ha sempre trascurato per il lavoro, ed "in primis" ovviamente al figlioletto malato. Riscoprirà la gioia di avere degli affetti familiari sinceri, di quanto invece sia arido e spietato, seppure necessario, il mondo del lavoro e pertanto ad iniziare una nuova e più serena esistenza. Il film diretto dal produttore statunitense qui al debutto alla regia, non presenta troppe sorprese: la storia è un "drammone" che mescola il tema del lavoro e dello stress da successo con quello della famiglia e della malattia del figlio, quest'ultimo, con il rischio (inevitabile) di essere ricattatorio. Gerard Butler, poi, nei panni del padre/protagonista è efficace e scontato al tempo stesso: gli vengono bene le parti da uomo con un alto senso di sé (fino a risultare irritante) cui la vita costringe ad abbassare le penne, ma è un profilo umano che si è visto mille volte, e che il possente Re Leonida stesso ha già incarnato (Dane ricorda a tratti un altro suo personaggio, quello di un film diretto da Gabriele Muccino negli Usa ovvero Quello che so dell'amore).
Quando un padre è comunque un prodotto (pur con molti limiti) che può piacere e anche intenerire un pubblico semplice ma non ottuso, perché maneggia aspetti reali della vita, pur se in certi passaggi si desidererebbe maggior finezza. Dane pensa solo al lavoro, e lo fa per assicurare un buon tenore di vita alla famiglia non pensando che moglie (fin troppo flemmatica di fronte alle sue scenate, interpretata da Gretchen Mol) e figli preferirebbero stare con lui, ma incarna bene l'uomo americano inserito in una società che non fa sconti a nessuno. Il rapporto a distanza con l'ingegnere disoccupato interpretato da Alfred Molina (la figura più interessante) regala alcuni momenti di verità, soprattutto nel finale. E ovviamente la malattia di Ryan mette alle strette i due genitori e anche lo spettatore (come si fa a non soffrire di fronte a un bambino con la leucemia?), ma senza esagerare. Insomma, ripeto, una pellicola piena di tematiche dolorose e toccanti il cuore dello spettatore e passaggi comuni (lieto fine annesso) che però la rendono apprezzabile, sia pure non in maniera originale. Perché certo, il film risulta piuttosto impersonale e dalla sceneggiatura fin troppo schematica e prevedibile, ma il film nella sua semplice struttura narrativa, un film in cui c'è da segnalare la presenza nel cast di Willem Dafoe, è abbastanza efficace e soprattutto "politicamente corretto" e consente delle interessanti riflessioni. Voto: 6