Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/10/2018 Qui - Raccontare al cinema una storia di immigrazione non è per niente facile (soprattutto se la vicenda ricalchi purtroppo un'odissea umana tutt'ora attuale, e in qualsiasi parte del mondo), ma ci riesce bene l'esordiente all'epoca regista Michael Berry con questo film, un film drammatico (del 2014) a tinte western piccolo e traballante ma emotivamente e moralmente efficace e onesto. Frontera infatti, come da titolo dopotutto, che si snoda attorno al superamento clandestino della frontiera Messicana con i relativi rischi e imprevisti (come ben delineato nel film), racconta una storia di frontiera, una storia (interpretata dai personaggi con una estrema credibilità senza indulgere nel patetico, questo grazie agli attori, che riescono con il loro talento ad indurre a una partecipazione emotiva particolarmente profonda) molto semplice in cui confluiscono temi come l'immigrazione clandestina, trafficanti di esseri umani, storie di grilletto facile finite tragicamente. Non è un caso che Frontera ci mostri molte cose brutte, dai trafficanti di esseri umani ai razzisti per sport, dalla violenza di ogni tipo alla corruzione degli agenti che operano al confine Usa-Messico, ma lo fa con lingua efficace e immagini giuste, calando la storia in un brodo western e dandole un sapore springsteeniano semplice e classico. Magari troppo semplice (come già detto), soprattutto nella superficiale e stereotipata caratterizzazione di molti dei personaggi (alcuni, soprattutto i secondari, avrebbero meritato un'approfondimento maggiore), ma anche se il tutto non è nulla di trascendentale e non è per nulla un qualcosa di alcunché pretenzioso (seppur molti ed importanti sono i temi), il film si segue bene su coordinate, forse prestabilite e di conseguenza abbastanza prevedibili, però brillantemente riuscite.
Come detto, molte le tematiche affrontate nel film, di grande denuncia sociale, civile e morale, a partire dai poliziotti corrotti, gli americani xenofobi (non tutti per fortuna), gli immigrati, gli scafisti, la miseria e la ricchezza, fino a che sopraggiunge la giustizia impersonificata da Ed Harris in stato di grazia in questo ruolo, che non guarda in faccia a nessuno (soprattutto se gli toccano un parente, in questo caso la moglie "apprensiva" interpretata da Amy Madigan), perché la legge è uguale per tutti (almeno si spera lo sia sempre) e che a cavallo e con un cappello in testa ci ricorda incredibilmente qualcuno, che in un certo parco a tema faceva (giustamente) la stessa cosa. Forte è anche la denuncia sociale di come i messicani siano trattati per espatriare tra scafisti, umiliazioni, ricatti e violenze. In tal senso merita il pollice su la prova di Eva Longoria, sorprendentemente in parte e totalmente trasfigurata, in tutti i sensi (senza dimenticare un bravissimo Michael Pena nei panni di un messicano che si trova involontariamente al centro di varie vicissitudini). E insomma c'è parecchia carne al fuoco in questo film, carne che cuoce perfettamente, giacché c'è da segnalare non solo una discreta regia, che scegliendo di far interpretare ad Ed Harris il personaggio principale si fa tanto apprezzare (dopotutto grazie a quest'ultimo che la pellicola riesce a essere credibile e leale), ma anche una sceneggiatura che scorre senza interruzioni o vuoti. Una sceneggiatura che appassiona, sconvolge, emoziona e fa riflettere (il twist finale poi, totalmente hollywoodiano, è proprio quello che volevamo, perché Ed Harris è un supereroe, che anche senza mantello e senza tanto sforzo è capace di fare qualsiasi cosa). E quindi Frontera, al netto di certe banalità, cliché e stereotipi, ma anche di tanti pregi, è una pellicola certamente consigliata, a tutti ovvio, ma soprattutto a chi ama un certo cinema e a chi ama un certo genere. Voto: 7