lunedì 10 giugno 2019

Fortunata (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/01/2019 Qui - Fortunata (Dramma, Italia 2017): Per il suo sesto lungometraggio da regista, Sergio Castellitto torna a lavorare sia con la moglie Margaret Mazzantini, che questa volta firma una sceneggiatura originale, sia con Jasmine Trinca, dopo il deludente Nessuno si salva da solo. Purtroppo, Fortunata è l'ennesimo passo falso dietro la macchina da presa del regista romano, prigioniero di un racconto che si sforza in tutti i modi di apparire anticonvenzionale, risultando invece pieno zeppo di cliché (dai cinesi super integrati e "bravissimi coi soldi", fino agli islamici preganti sulle rive del Tevere, il film inanella una serie infinita di banalità da cui nemmeno dei bravi interpreti come Stefano Accorsi e Alessandro Borghi riescono a uscirne). La storia infatti non regge la durata di un film, e la regia, che sembra mettercela tutta per intrattenere il suo pubblico ma non ci riesce. In una Roma calda e vuota scorrono le vicende di vita di Fortunata (un personaggio molto forte e ben definito, oltre ad essere ben interpretato dalla Trinca), le sue paure, i suoi problemi economici e sentimentali (donna vitale che vive alla giornata, a volte sopravvive in un contesto, povero di certezze e denso difficoltà, specialmente se si vuole coltivare un sogno). Forse si intravede una vena neorealista, quella rosa del romanzo d'appendice, quella sociale, addirittura anche politica, fatto sta che c'è troppa carne al fuoco e non si riesce a capire dove si voglia andare a parare. Noioso e scontato si aspetta sempre una svolta promessa che non arriva mai. Peccato perché Castellitto dirige non malissimo questo film e gli attori, tutti sono efficaci nell'interpretazione dei ruoli assegnati: brava Jasmine Trinca (non a caso vincitrice di un premio a Cannes, dove il film è stato presentato ed anche un David di Donatello), di più la piccola Nicole Centanni nell'interpretare il ruolo della piccola Barbara (non dimenticando un Edoardo Pesce davvero credibile nel ruolo del padre/marito prevedibilmente violento). Una prima parte che convince, una seconda che perde di misura e diventa quasi isterico e sopra le righe. Vuole mettere sul piatto molte cose, ma ne porta avanti meno di quanto voluto. La storia insomma non funziona, il momento migliore del film è "Vivere" di Vasco, canzone che chiude un film che, nonostante la critica acclamante, non mi ha convinto. Voto: 5+