martedì 18 giugno 2019

Akira (1988)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/11/2018 Qui - Film di animazione di culto della fine degli anni '80, uscito quest'anno nuovamente al cinema esattamente a trent'anni di distanza (restaurato e con un nuovo doppiaggio, io però ho visto la versione "originale"), Akira (recuperato proprio in occasione di questo compleanno), film d'animazione della durata di circa 120 minuti, prodotto nel 1988 dalla collaborazione tra le maggiori compagnie di produzione cinematografica giapponesi dell'epoca, fu portato su grande schermo da Katsuhiro Ôtomo (il quale diviene protagonista anche nella pellicola, nel ruolo di regista e, ovviamente, sceneggiatore), l'autore del manga omonimo le cui pubblicazioni iniziarono qualche anno prima. L'opera ha avuto un grosso impatto a livello mediatico, attirando in seguito anche l'attenzione dei mercati occidentali. Attualmente è considerato uno dei capisaldi dell'animazione Giapponese ed internazionale, ma Akira merita veramente questo titolo? Probabilmente si, eppure la sua valutazione, per quanto mi riguarda, non supera la sufficienza. Il motivo di tale voto, apparentemente severo se si considera il successo riscontrato praticamente ovunque nel mondo, è dovuto principalmente alla sceneggiatura, che definirei estremamente confusa e caotica. Gli eventi si susseguono rapidamente ed apparentemente senza una vera logica, o comunque risultano estremamente difficili da seguire. Non ho letto il manga originale (in tal senso fare paragoni mi stato è impossibile produrre, cosicché il voto è meramente collegato alla "mia" visione del film), ma documentandomi brevemente, ho capito che molte scene sono state tagliate, alcuni personaggi completamente eliminati, e, di conseguenza, molte spiegazioni sono venute meno. Sicuramente, per chi ha letto in precedenza la controparte cartacea, sarà stato ed è stato più semplice seguire questo lungometraggio, ma per un neofita del prodotto le difficoltà non sono state e non saranno poche, anzi, andando verso la conclusione della pellicola lo spettatore vedrà i suoi dubbi aumentare. Ora, è vero, inutile negarlo: non tutte le domande che ci si può ragionevolmente porre durante la visione troveranno una risposta (per cui, se vi piacciono le storie dotate di un finale netto, chiaro e risolutore, guardare altrove) tuttavia questo non è in realtà strano se consideriamo questo aspetto nel contesto della cultura orientale, che vede di buon occhio il finale aperto, che lascia volutamente lo spettatore con qualcosa su cui arrovellarsi e ragionare, personalmente però dopo la visione la mia espressione era quella del "Ehm...quindi?" (poiché più aperto di così il finale non potrebbe essere).
Perché certo, il film riesce comunque a suscitare, alla vigilia dell'anno in cui era ambientata questa apocalittica vicenda, il giusto grado di tensione e inquietudine, grazie a una fantasia sfrenata, a un ritmo incalzante e anche a una colonna sonora notevole, ma la storia non facile a seguirsi (anche per i numerosi personaggi, svolte e sotto-trame, come l'innamoramento di Kaneda per la ribelle Kay, e i numerosi combattimenti, violentissimi, che possono anche annoiare un po' chi non ama, ma anche chi lo ama, il genere), non aiuta. Difatti di conseguenza, la narrazione tendendo man mano ad appesantirsi col proseguire dei minuti e con l'aumentare dei dubbi, ed il risultato finale è quello di un film, che ci racconta di una città, Neo Tokyo, sorta sulle ceneri della capitale giapponese all'indomani di una devastante terza guerra mondiale, in cui domina il caos tra attentati terroristici, violenta repressione poliziesca pur attuata da governi debolissimi e bande di motociclisti che si sfidano minacciosamente (Kaneda è il leader di una di queste e Tetsuo un ragazzo che lo venera e lo invidia al tempo stesso, imprevedibilmente, sarà Tetsuo, trasformato, da un potente Colonnello dell'esercito, a causa delle sue capacità mentali, in una macchina di violenza che sfuggirà al controllo, a diventare un "eroe" e un pericolo pubblico, così potente da essere invocato come il nuovo Akira, dal nome di colui che distrusse la capitale...ma non tutto è quello che sembra..., in tal senso per non ricadere nello spoiler meglio fermarsi qui e si invita il lettore a vedere il film completo per saperne di più), sconclusionato e piuttosto soporifero. La storia non a caso è rapida, in certi momenti può apparire sbrigativa, eppure l'unica cosa che mi sento di dire è di guardarlo comunque, poiché qualche cosa vi lascerà e lascia: il livello di caratterizzazione dei personaggi è molto buono, e in generale il comportamento di tutti risulta credibile, cosa decisamente molto apprezzabile. Inoltre escludendo il difetto della trama, a mio avviso non indifferente, rimangono una serie di innegabili pregi che bisogna attribuire all'opera, primo fra tutti la stupenda ambientazione. Akira propone uno scenario in perfetto stile Cyberpunk, estremamente dettagliato in ogni suo piccolo particolare, e di conseguenza suggestivo ed intrigante (anche se tecnicamente il suddetto li dimostra tutti i suoi trent'anni, già dall'inizio, quando il giovane che si avvicina per la prima volta all'anime giapponese non potrà non constatare una certa rozzezza del disegno e meccanicità del movimento dei personaggi, che molto si scontra con la sconcertante naturalezza dell'animazione odierna).
Come se non bastasse ha l'onore di essere uno dei primi nel campo dell'animazione giapponese a proporre tale tipologia di ambientazione, che verrà poi ripresa in innumerevoli opere negli anni futuri (su tutti Ghost in the Shell, che personalmente mi è piaciuto leggermente di più, sia nella versione animata che in live action) e nel cinema di fantascienza in genere, non solo orientale (è innegabile infatti che se oggi quell'animazione ci può sembrare un po' rigida ma all'epoca rivoluzionò i canoni espressivi e di gusto di chi seguiva un'animazione non certo per bambini: i temi dell'angoscia nucleare, delle mutazioni, l'orrore della guerra, la violenza, il degrado sociale e le sofferenze giovanili, c'era questo e tanto altro, e dopo trent'anni nonostante gli spettatori ne abbiano viste di ogni tipo, l'impatto è ancora forte). Sempre parlando di primati, Akira introduce, seppur in maniera elementare, l'uso della computer graphics, limitata tuttavia solo ad alcune scene, e il pre-recording, tecnica che consiste nel adattare il labiale dei personaggi alle battute dei doppiatori, precedentemente registrate. Il comparto tecnico è nel suo insieme eccelso, soprattutto se considerata l'epoca di produzione, ed era lecito aspettarselo, visti i capitali investiti (il comparto audio è insolitamente buono per una pellicola di trent'anni fa, nulla da ridire nemmeno sul comparto sonoro, che accompagna degnamente ogni fase della narrazione, anche se a volte da leggermente "fastidio"). Come ogni prodotto (o quasi) del genere, Akira non manca di lanciare, in maniera più o meno velata, una forte critica alla società giapponese, evidenziandone gli aspetti negativi e profetizzando un futuro tutt'altro che roseo. L'esempio più lampante risiede proprio nella caratterizzazione dei protagonisti, un gruppo di motociclisti ribelli ed incuranti delle regole, condizione che, nel mondo di Akira, sembra essere quasi la normalità. Mentre il livello in campo scientifico-tecnologico è avanzato notevolmente, sotto il profilo umano si assiste ad una regressione, e le conseguenze sono più che evidenti. Infine da un punto di vista scenografico è semplicemente colossale questo prodotto per essere un'opera forgiata nel 1988. Prettamente roboante, il film esplora praticamente qualsiasi scenario "epico" in modo tale da ostentare le proprie qualità grafiche. Scontri armati fra manifestanti e forze dell'ordine in un ambiente cittadino, combattimenti nel sistema cloacale, fantasmagoriche esplosioni e maciullamenti dovuti ai poteri telecinetici.
Ma non dimentichiamo le manifestazioni oloenergetiche e pan distruttive. La caratteristica negativa è che, sebbene ci sia questa sequela di indubbiamente (per carità) attrattive riprese, la trama non appare (come detto) ugualmente trainante. Infatti, non so esattamente come le vicende dei vari personaggi fossero disposte nel manga, ma nel film sono davvero confusionarie ed abborracciate. È davvero palese la volontà di ricreare una di quelle atmosfere presenti in un "opera complessa", cioè una serie di avvenimenti spiegati celermente o non spiegati, personaggi dai risvolti oscuri, potenze di base celate, ma in Akira tutto ciò è poco predominante. I tre bambini esper, Akira stesso e tutto il passato di 30 anni addietro, i punti reconditi dell'opera, vengono bene o male dimenticati perché non si lascia mai il tempo allo spettatore di far nascere il seme del dubbio. L'azione è talmente sovrabbondante che l'incomprensibilità di alcune cose viene rimandata al finale, quando in un'atmosfera apocalittica e da "2001: Odissea nello spazio" si scatenano tutte le questioni che per le due ore precedenti il visionante aveva soppresso. E tuttavia resta il fatto che l'opera è fondamentale per la storia dell'animazione, del Cyberpunk e permane un prodotto superbo, anche se, probabilmente, meno finemente lavorato rispetto all'omonimo prodotto letterario. Infatti solo oggi forse ci si rende conto, con una discreta esperienza di anime alle spalle, s'intende, di quale impatto abbia avuto questo Akira nell'influenzare le future opere d'animazione e fumettistiche giapponesi, ma anche di pensiero, rappresentando quindi uno di quei pochi monumenti che si sono dimostranti rilevanti al fine di generare future opere fantascientifiche e non. In tal senso siamo sicuramente di fronte a un cult a tutti gli effetti, rivolto a una ristrettissima cerchia di pubblico, composta solo dai più pazienti, veterani e aperti mentalmente. Cosa che sono sempre anch'io, ma in questo caso non tutto è andato come previsto dai molti che hanno amato ed amano questo film, che ha davvero cambiato il modo di pensare all'animazione e alla qualità che i suddetti possono raggiungere. Dopotutto ciò che ha reso Akira un film indimenticabile per chiunque lo abbia visto è il turbinio d'idee, d'azione e di situazioni che travolge lo spettatore ed il lasciarlo qualche minuto in balia delle proprie riflessioni filosofico-esistenzialiste scatenate da questo spettacolo. A ciò, va aggiunta l'elevatissima qualità di questo film d'animazione paragonata all'annata.
Io infatti, pur constatando che il livello, concettualmente parlando, si attesti su ottimi livelli, ho avuto problemi nel "capire" la narrazione, dato che per quanto riguarda la struttura e lo svolgimento della trama, essa lasci molto a desiderare, ritmo narrativo incostante, a volte non si sa dove voglia andare a parare, sviluppo della trama dapprima lento e stagnante che ad un tratto invece si rivela frenetico, lasciando non poche perplessità (soprattutto nella seconda parte dove deve fare i conti con tutta una sotto-trama di complotti governativi e militari anche intriganti, ma un po' troppo celati e difficilmente comprensibili appieno) e semplificando il tutto, che magari nel manga originale aveva avuto il giusto spazio. E tuttavia anche se come intrattenimento può apparire a tratti eccessivamente ostico, Akira, un film in sé piuttosto "duro e crudo", in alcune scene cruento, fino ad arrivare allo splatter, seppur risulta tutto molto ben calibrato, giacché il sangue e la violenza non sono glorificati, anzi al contrario, viene soppesata ogni scena più cupa dai fondali e dal copione tanto da far capire le vere intenzioni dei protagonisti, persino in quelle scene dove vengono uccise delle persone, i protagonisti trovano sempre le giuste parole per sottolineare l'ingiustizia di quell'azione, rimane comunque un buon film (non certamente un film adatto ai bambini sia per le scene che per la trama che necessita di un po' di maturità mentale per essere compresa a pieno o almeno in parte), soprattutto se si considera l'anno di realizzazione. Rocambolesco, concitato e confusionario, erede di una cultura cyberpunk qui solo accennata ma presente a tutti gli effetti, Akira affascina ancora, seppur a sprazzi. In conclusione, Akira è sicuramente un film che ha segnato profondamente la storia dell'animazione giapponese e non solo, ha introdotto diverse innovazioni in campo tecnico e fornito l'ispirazione per la produzione di una miriade di opere successive. A livello di godibilità tuttavia, è un prodotto pesante e sconclusionato, non certamente semplice né piacevole seguire. Il suo fascino sussiste e risiede prettamente nel suo valore storico. Un lungometraggio consigliato solamente agli amanti dell'animazione, in quanto considerato un tassello fondamentale. Voto: 6+