Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/01/2019 Qui - L'accabadora (Film drammatico, Italia 2015): La storia delle ''accabadora'', donne della Sardegna rurale che secondo alcuni (è ancora aperto il dibattito antropologico infatti sulla loro esistenza, alcuni sostengono siano leggende, altri che siano realmente esistite) negli anni della guerra praticavano una sorta di eutanasia ai malati in fin di vita, può anche essere interessante ed utile è girare un film su un tale argomento (come è stato riconosciuto dallo stesso ministero dei beni culturali), ma sarebbe stato più efficace (e forse meno noioso) girare un documentario, perché questo film ha tutte le caratteristiche di un polpettone soporifero, imbarazzante per certi versi, non in grado di trasmettere alcuna tensione emotiva. La mancanza di dialoghi è forse il difetto principale (e quelli che ci sono neanche eccezionali, anzi, attori con accenti e lingue diverse in una storia che si svolge in una terra in cui al tempo la maggior parte degli abitanti erano analfabeti o parlavano soltanto il dialetto, non aiutano), una sceneggiatura pensata ed organizzata male, con pochi colpi di scena, un andamento piatto in cui fin da subito è facile intuire la conclusione. Proprio perché i silenzi ripetuti hanno sì un ruolo importante nel film di Enrico Pau, ma spesso risultano (per non dire sempre) poco comunicativi all'interno di una narrazione appunto già scarna. Donatella Finocchiaro interpreta bene, anzi, proprio la prova dell'attrice catanese è una delle cose migliori del film (che come detto soffre di una certa lentezza narrativa e, cosa più importante, di un montaggio a tratti poco incisivo, dato che il racconto a ritroso provoca un po' di incertezza e confusione), un'Annetta su cui grava costantemente il peso del compito che deve svolgere: profondamente triste e dolente, appare talvolta spettrale proprio come la città in cui si muove (una Cagliari che emerge come una città fantasma, affascinante ma anche portatrice di profondi lutti, giacché il film è ambientato all'inizio degli anni '40, quando la Guerra inizia a distruggere la città). Sembra però mancare anche a lei la tridimensionalità di un personaggio che non è solo il ruolo che deve svolgere, ma anche un essere umano. Anche gli altri ruoli femminili sono poco convincenti (tra questi quello di Sara Serraiocco e Carolina Crescentini), in un lavoro che forse si è concentrato più sul testo che sull'azione. Il rigoroso lavoro dedicato alla fotografia, alla scenografia, ai costumi poteva quindi raccontare di più. Emerge comunque efficacemente come il terzo film di Enrico Pau non abbia la pretesa di raccontare tanto dell'eutanasia praticata dall'accabadora, quanto il lutto, inteso come il vuoto che esso lascia. Peccato che per farlo la pellicola si trascini per un tempo breve che sembra però interminabile. E insomma ricostruzione scadente di una leggenda affascinante è questa. Voto: 5