Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/11/2017 Qui - Premettendo che non ho mai avuto un gatto (ma vorrei uno come quello del film in questione) e che sono sempre molto dubbioso quando si tratta di una trasposizione di un best-seller, dato che negli ultimi 10 giorni per ben due volte mi sono ritrovato con due prodotti alquanto (chi più e chi meno) deludenti, ecco finalmente una piacevolissima sorpresa in questo senso. Perché anche se il trailer poteva far pensare ad un film espressamente per bambini, e anche se decontestualizzato potesse sembrare un film banale e piuttosto scontato (il grigiore della metropoli, la freddezza dei passanti, l'emarginato che rovista nella spazzatura per sopravvivere e il finale da storia Disney) si è rilevato invece un bel film, con una storia semplice quanto incredibile ed emozionante e non ricattatorio. Capita spesso infatti che le storie di amicizia tra uomini e animali abbiano dei toni stucchevoli e abbondino di banalità e melassa. Non è il caso di questo piccolo e gradevole film del 2016 diretto da Roger Spottiswoode (già autore della bellissima favola ecologista-ambientalista Il mio amico Nanuk) e scritto da Tim John e Maria Nation, ovvero A spasso con Bob, ispirato al racconto autobiografico (perché questa è una storia vera, forse per questo il film è similmente bello al libro) di successo A Street Cat Named Bob (nome originale della pellicola), poiché che nella messa in scena e nei toni ricorda quasi il prodotto (suggestivo ed affascinante) di un festival alternativo, come il bellissimo Once (Una volta). A metà tra la commedia per famiglie e un dramma con varie tragedie personali, questo film difatti, carico di buoni sentimenti e ottimismo è davvero tanto carino, risultando così una produzione leggera ma con senso, divertente e a tratti grottesca ma dolcissima.
Anche perché sapere che è tutto realmente accaduto e addirittura il gatto che "recita" è il protagonista della storia originale, lo rende un romanzo sulla vita "vera" e accende un barlume di speranza. I tecnicismi del cinema (peraltro tutto ben fatto) passano infatti in secondo piano, sopraffatti dalla semplice/straordinaria e commovente storia del gatto Bob e soprattutto di James Bowen. La vita per quest'ultimo infatti, un musicista di strada tossicodipendente, non è facile. Giacché una sua giornata tipo è contraddistinta dal bisogno di farsi una dose e sa che per guadagnarsi i soldi dovrà suonare per le strade di Londra. La droga però lo sta rovinando a poco a poco e sa che se continua così farà una brutta fine. Decide quindi di intraprendere il lungo cammino della disintossicazione. Si rivolge ad un'associazione che cerca di curarlo e che gli procura una specie di abitazione. La sua visione della vita cambia però quando conosce il gatto randagio Bob. Si affeziona a lui e le sue giornate cominciano a cambiare. La droga non è più la sua priorità e prendersi cura del gatto diventa la sua missione. Il gatto (un bellissimo e dolcissimo gatto rosso), come un talismano è in grado di fargli aumentare i guadagni nei suoi spettacoli (in giro per la città) e capisce che non potrà mai abbandonare il suo amico, perché Bob è l'unico che accetta il suo stato e che gli sta sempre accanto.
Dopotutto il film è una cartolina di Londra e il gatto rappresenta un'occasione di riscatto sociale e la possibilità di riprendere in mano la propria vita. Tanto che sarà in grado di trovare l'amore, di riavvicinarsi al padre perduto e riuscirà a pubblicare un libro che racconta il suo percorso di disintossicazione, grazie appunto all'inseparabile amico Bob. D'altronde la storia di A spasso con Bob, è una storia che parla fondamentalmente di riscatto, rinascita e seconde possibilità, dispiegandosi con la stessa flemma felpata di un passo felino, quello del simpatico e tenero Bob. Il gattone dal pelo rossiccio è spettatore e spesso viene calato nel ruolo di vero e proprio narratore degli eventi, pur senza un ricorso posticcio ad una voce fuori campo, semplicemente adattando la camera al suo punto di vista, espediente non originalissimo, ma funzionale soprattutto in certi momenti (curiose davvero alcune scene). Il protagonista umano James Bowen invece è impersonato dal giovane attore britannico Luke Treadaway (Unbroken e Fortitude, fratello gemello del più "famoso" Harry Treadaway di Penny Dreadful), credibile nella parte del ragazzo fragile e sbandato dal cuore sensibile, che si cimenta anche a cantare e suonare alcune canzoni composte appositamente per il film. Un film godibile e con un buon ritmo, soprattutto perché affronta appunto il tema della droga con delicatezza.
Perché questa bella storia (semplice e lineare, anche prevedibile per molti versi nei suoi sviluppi e un po' banale), di un ragazzo che deve uscire dalla droga e ci fa vedere come sia difficile riuscirci, senza neanche l'aiuto della tua famiglia che ti ha girato le spalle, viene trattata in modo diligente, centrando l'obiettivo di trattare un argomento scabroso e delicato, quale la fuoriuscita dalla tossicodipendenza e dall'autodistruzione del protagonista, con naturalezza e pochi fronzoli. Gli ingredienti per creare una pellicola piena di retorica e luoghi comuni c'erano tutti infatti, ma il regista affronta l'inevitabile dolcezza del rapporto animale e diseredato lasciando parlare le immagini e le espressioni di Bob, sufficienti da sole a creare quell'atmosfera di positività che accompagna lo spettatore per tutto il film. Anche perché uscire dal tunnel della droga con l'aiuto di un gatto ritrovando se stessi ma soprattutto recuperando se stessi lancia un messaggio non trascurabile, Bob accende in tanti sconosciuti quel sentimento mai sopito di comprensione verso un prossimo meno fortunato, Bob media il rapporto fra un tossicodipendente e l'occasionale umanità che vive la strada frettolosamente ma che di fronte a un gatto che batte cinque con la zampa e sta sulla spalla del suo improvvisato proprietario, trova il tempo per fermarsi un attimo, ascoltare e perché no meditare.
Scopriamo che sotto sotto abbiamo tutti bisogno di fiabe e il lieto fine diventa anche il premio che rende giustamente meno amara una esistenza difficile e lancia un messaggio di speranza, in strada c'è spesso una umanità che chiede il nostro aiuto, non tutti hanno Bob, ma tutti hanno certamente bisogno di noi. Perché come dice il protagonista (quello del film e quello vero, che vediamo nell'ultima scena nel suo meritato cameo) "tutti hanno una seconda opportunità" e la seconda opportunità per questo ragazzo arriva sotto forma di un bellissimo gatto rosso, che si affeziona a lui e cambierà la sua vita. E vedere come l'amicizia disinteressata di un animale possa "salvare" quella di un essere umano è qualcosa di bellissimo e veritiero. Un animale che non giudica il ragazzo come hanno fatto le persone e i suoi familiari, ma che gli diventa fedele amico solo come gli animali sanno fare, disinteressatamente (anche se io un animale da compagnia non ho mai avuto e quindi non posso verificare di persona ciò, seppur basta vedere i padroni felici per accorgersene). L'affetto di un animale e il prendersi cura di lui, spesso infatti ha una funzione terapeutica su chi non è capace di prendersi cura di se stesso.
Per questo consiglio questa storia deliziosa a lieto fine non solo a tutti gli amanti degli animali, ma anche a tutti quelli che devono uscire da un periodo buio della propria vita. Perché basta avere fiducia e qualcuno (chiunque, non per forza un animale) che ti aiuti per uscirne. Dopotutto qui, in mezzo, come contorno troviamo un paio di figure femminili che anch'esse aiutano James a trovare la sua strada, la terapeuta Val (una funzionale Joanne Froggatt, Still Life e Downton Abbey) che scommette su di lui e sulla sua voglia di vivere e Betty (la sempre bellissima Ruta Gedmintas di The Strain), dolce animalista e vegana che ha orrore delle droghe avendo perso un fratello in quel modo. Ma comunque tutti gli attori sono stati efficaci e funzionali, da un convincente Luke Treadaway a un discreto Anthony Head, conosciuto soprattutto per la bellissima serie Buffy l'ammazzavampiri, fino allo straordinario gatto Bob, davvero bravo, così tanto che non capisco come abbiano fatto a girare un film con co-protagonista un gatto, che, per antonomasia, è un animale che fa solo quello che vuole. In definitiva, davvero un bella pellicola, non eccezionale, non di straordinaria efficacia, ma piacevole ed emozionante, come tutte le storie genuine e positive. Voto: 7+