Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 12/12/2017 Qui - Una storia curiosa (insolita ma piacevole), oltre che scritta, realmente vissuta dallo stesso scrittore che parcheggiò nel suo vialetto un furgone con una senzatetto per quindici anni e che solo dopo la sua morte, riuscì a sapere del suo passato tormentato. The Lady in the Van infatti, film del 2015 diretto da Nicholas Hytner, tratto dalla storia vera di Mary Shepherd, che tra il 1974 e il 1989 visse in un furgone sul vialetto di casa di Alan Bennett, sceneggiatore del film, impersonato da Alex Jennings, racconta di una singolare e forzata e non sempre facile convivenza, quella di un'anziana scorbutica e sociofobica (una donna che ha un passato misterioso e che ostenta una tenace autosufficienza) che aggirandosi per le strade di Camden Town (Londra) a bordo di un furgoncino, di cui ha fatto la sua casa ambulante, finirà inevitabilmente per entrare in collisione con i residenti del vicinato, tra cui appunto un commediografo che ne subirà il "fascino". Giacché al di la delle apparenze di "clochard", questo insolito ed eccentrico personaggio (interpretato magistralmente da una grande Maggie Smith), che aveva un carattere rude e scontroso, sempre sporca e malvestita, invisa alla popolazione del quartiere, possedeva delle doti che Bennett scoprirà solo, allorquando malata e prossima alla fine, lo metterà in contatto con la sua famiglia d'origine. Anche se nel frattempo saranno molte le situazioni in cui si accorgerà e saprà molto, tanto da suscitare ammirazione. Dopotutto, impregnato del più tipico humour britannico, il film è una commedia brillante (che conquista e diverte), che deve quasi tutto alla inossidabile personalità di Maggie Smith. L'attrice in Inghilterra è giustamente un monumento vivente del cinema e questo ruolo sembra calzarle a pennello.
Il film invece anche se nel complesso gradevole, non conquista fino in fondo. Il film difatti, di genere soprattutto drammatico, che avrebbe le carte in regola per essere totalmente interessante, non è molto scorrevole e a tratti anche lento. Anche se ciò che penalizza la storia è forse lo scarso tentativo di andare più a fondo nel mondo interiore dei personaggi, nodi e spigoli della protagonista e di Alan Bennett infatti, vengono solo accennati e tratteggiati con pennellate troppo rapide. L'idea poi, dei due Alan Bennet, uno che scrive e l'altro che agisce, una sorta di alter ego, che dialogano tra loro, oltre che surreale, è anche inutile e retorica. Funziona benissimo invece la coppia d'attori protagonisti, che regalano e strappano, dato il carattere timido di lui ed esuberante (irascibile e scontroso ma dotata, come l'attrice che la interpretata splendidamente, di una vitalità quasi aliena rispetto alla popolazione di vicini medio borghesi che popolano il quartiere) di lei, più di qualche risata e riesce a tratti a scaldare il cuore. Perché questa commedia tipicamente inglese, giocata su toni molto leggeri, mai volgari e che lascia maturare questo strano rapporto tra due persone simile a madre/figlio, con una madre a volte intrattabile ed un figlio apprensivo oltremisura, è gradevole e con grandi interpreti, e anche se molte volte l'umorismo british sfugge, si tratta comunque di una commedia godibilissima. Voto: 6