Visualizzazione post con etichetta Jim Broadbent. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Jim Broadbent. Mostra tutti i post

martedì 28 febbraio 2023

Il ritratto del duca (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/02/2023 Qui - Una commedia garbata e brillante, tratta da una (incredibile) vicenda realmente accaduta, dal "gusto" tipicamente britannico. Estremamente piacevole, divertente ma con un sottofondo amaro. L'idealismo del suo protagonista, molto attivo a livello politico con svariate ed a volte stravaganti rivendicazioni sociali. Un individuo che per il bene comune rischia molto a scapito di una situazione familiare caotica e conflittuale. I dialoghi sono la cosa migliore del film, in aula di tribunale si realizzano probabilmente i momenti migliori. La regia di Roger Michell (che ha diretto nel 2017 Rachel Weisz in Rachel), come è giusto che sia, non è mai troppo invadente. Ma dopotutto, con un cast del genere è difficile sbagliare film. Jim Broadbent e la Helen Mirren furoreggiano nei loro duetti, ma anche il cast di "supporto" è pienamente all'altezza. Un consigliabile, rasserenante filmetto. Voto: 6+

venerdì 16 dicembre 2022

Un bambino chiamato Natale (2021)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/12/2022 Qui - Una bella e piacevole favola natalizia dove vengono mescolati vari elementi importanti che la rendono tale. Tratto dal libro di Matt Haig, una storia d'avventura che narra le origini (non del tutto classiche) di Babbo Natale, tra l'importanza della famiglia e degli affetti, la magia, anche un po' Potteriana non a caso c'è anche Maggie Smith che di magia ne sa qualcosa, la bontà e la generosità appaga l'animo a chi la riceve e a chi la dona, l'amicizia, anche con esseri viventi che non potevamo immaginare d'esistere, l'amore, che crea perché soltanto l'amore crea, ed infine la speranza, ripetuta tante volte nel film, è l'elemento fondamentale che ogni essere umano, non solo bambino, non deve perdere mai nell'immaginare e cercare nel suo piccolo, di far sì che il mondo diventi un posto migliore per tutti. Pecca di realismo in alcuni effetti speciali, ma non ne rovina la fantasia, la storia riesce ad intrattenere in maniera accettabile, grazie anche a una buona resa visiva e qualche battuta topesca ben evidenziata. Attori bravi, protagonista bambino perfetto. Voto: 6+

lunedì 8 febbraio 2021

Dolittle (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/02/2021 QuiRobert Downey Jr. sveste l'armatura di Iron Man per entrare nei panni dell'eccentrico e stravagante John Dolittle, il Dottore capace di parlare con gli animali, già portato sul grande schermo da Rex Harrison e Eddie Murphy, ma fallisce miseramente (speravo decisamente in qualcosa di meglio). Mi chiedo come il regista di film impegnati come Syriana e Gold (quest'ultimo un filmetto niente male) si sia gettato in questa buffonata, addirittura peggiore dei film della serie che lo hanno preceduto. E' infatti un discreto film d'avventura per ragazzi, ma non bastano gli animali in CGI (tutti doppiati da grandi attori, in originale) che dialogano col protagonista e il suo giovane assistente se poi mancano, soprattutto, registi alla Steven Spielberg o alla Peter Jackson che ci credano. Downey Jr. è pure produttore, ma non è il Lucas dell'arca perduta. Malgrado i buoni effetti visivi e qualche animale simpatico la trama non esiste e tutto finisce in caciara, con situazioni prive di senso e gag poco riuscite. Dolittle è in definitiva un animale molto debole ridotto in cattività e chiuso in una gabbia di resistente mediocrità. Un'occhiata di passaggio basta e avanza, anche per non farsi rattristare troppo dalle sue condizioni. Voto: 4,5

lunedì 8 luglio 2019

L'altra metà della storia (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/03/2019 Qui - L'altra metà della storia (Dramma, Usa 2017): Tony Webster (Jim Broadbent) è un settantenne divorziato che possiede un negozio di macchine fotografiche. Un giorno riceve una lettera che l'informa che la madre di Veronica, una sua vecchia fiamma, gli ha lasciato in eredità un diario. Il passato, così, tornerà a bussare alla sua porta. Tratto da un romanzo di Julian Barnes del 2011 (Il senso di una fine), il film è una riflessione discretamente interessante sulla vecchiaia e il tempo che passa (sulla verità storica dei vinti e dei vincitori e dell'animo umano). L'anziano protagonista si trova a incontrarsi/scontrarsi con un passato che ha cercato di rimuovere, ed è proprio su questo versante che la pellicola di Ritesh Batra porta avanti le riflessioni più incisive, forte anche della buona scrittura del personaggio principale efficacemente interpretato da un Jim Broadbent perfettamente in parte. Detto questo, il film ha tanti spunti interessanti quanti difetti: fatta eccezione per la buona prestazione di Broadbent, gli altri attori dicono poco, inclusa una legnosa Charlotte Rampling (Veronica anziana). Nell'alternarsi di presente e feedback del passato (gli sceneggiatori puntano su continui flashback che appesantiscono non poco la drammaturgica complessiva) manca quel sotterraneo legame che dovrebbe farci riconoscere i protagonisti vecchi nei giovani e viceversa (sembrano storie e persone del tutto indipendenti una dall'altra...). La stessa disorganicità caratterizza la presenza di episodi e personaggi la cui funzionalità rispetto alla linea narrativa resta dubbia sino alla fine o è priva della forza allusiva che giustifica la pregnanza che assumono in seguito. Alcuni passaggi, inoltre, sono troppo frettolosi e tutta la parte conclusiva è piuttosto fragile (il film sembra voler puntare alla suspense ed al finale ad effetto ma, il mistero svelato non fa il botto), anche se rimane qualcosa su cui pensare al termine della visione. Il risultato è un prodotto così così, che alterna momenti toccanti ad altri troppo didascalici. E in definitiva quindi, anche grazie ad una regia piattamente convenzionale, il film dà la sensazione di un'occasione mancata e presumibilmente persa. Voto: 5

sabato 8 giugno 2019

Paddington 2 (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/09/2018 Qui - Non vedevo l'ora di rivedere il tenero orsetto nuovamente in azione, il primo Paddington infatti, fu una bella sorpresa, era divertente, emozionante e in certi momenti metteva anche una certa tensione che da un film del genere non mi sarei mai aspettato. Era adatto a tutte le età. I bambini potevano apprezzarlo grazie alle gag riuscitissime e alla simpatia del protagonista, mentre i grandi potevano benissimo apprezzare la regia coinvolgente, alcune battute raffinate e i bellissimi effetti visivi. Questo sequel, Paddington 2, film del 2017 co-scritto e diretto nuovamente da Paul King, in pratica ha gli stessi identici pregi del predecessore (nuovamente geniale il gruppetto di musicisti che suonano musica latina nei posti più disparati), è divertente e allo stesso tempo emozionate, fa divertire i bambini e allo stesso tempo gli adulti, anzi, se il precedente riuscì a conquistare, questo va ancora più oltre, e riesce proprio a fare innamorare. Perché la scommessa di un sequel è quella di replicare la magia, e Paddington 2 centra in pieno il bersaglio. Il regista riesce difatti a regalare allo spettatore una pellicola forse migliore della precedente, e non solo grazie alla presenza di star di grosso calibro, ma soprattutto grazie alla sua regia senza sbavature e ben congegnata, che cita tra gli altri Shakespeare e ChaplinMary Poppins, il Wes Anderson di Gran Budapest Hotel e il Frank Capra de La vita è meravigliosa. Il tutto sostenuto da una grande squadra di interpreti, da un montaggio dai tempi comici perfetti e da una sceneggiatura (in cui il tenero orsetto vive tranquillamente con la famiglia Brown ed è un membro amato della comunità locale, almeno fino a quando decidendo di guadagnare dei soldi per poter pagare un libro pop-up costoso da regalare a sua zia Lucy, libro che verrà misteriosamente rubato, si caccerà in un bel guaio), scritta da Paul King con Simon Farnaby, che non sbaglia un colpo. Il risultato è perciò un sorprendente film per bambini, capace però di emozionare, divertire e coinvolgere anche i grandi. Anche perché tra comiche slapstick, rocamboleschi inseguimenti, mirabolanti evasioni e duelli all'ultimo sangue, Paddington 2 usa accanto allo stupore dell'infanzia l'arma assolutamente adulta del sarcasmo per prendere in giro pregi e difetti del popolo di Sua Maestà. Dalla parte dei pregi ci sono sicuramente i Brown: due figli eccezionalmente comuni (Samuel Joslin e Madeleine Harris), il capo famiglia irreprensibile ma dal cuore d'oro (Hugh Bonneville, il conte della serie Downton Abbey), la madre svagata ed emotiva con le più orribili e irresistibili gonne pantalone della storia del Cinema (Sally Hawkins, che possiede una certa somiglianza con il suo "figlio" adottivo), l'anziana ma tutt'altro che fragile miss Bird (Julie Walters, la madre dei Weasley in Harry Potter).

venerdì 24 maggio 2019

The Legend of Tarzan (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/05/2018 Qui - Il personaggio Tarzan ha sempre catturato l'attenzione del pubblico, sia nella serie di romanzi di Edgar Rice Burroughs sia nei vari adattamenti cinematografici. E così, dopo l'esperienza con gli ultimi 5 capitoli di Harry PotterDavid Yates (che ha all'attivo già due spin-off della saga del maghetto, uno già uscito l'altro prossimamente) si mette di nuovo dietro la macchina da ripresa per raccontare la storia di Tarzan. E lo fa ribaltando quasi completamente i ruoli, rivoltando gli eventi in favore di un Tarzan in fuga dalla vita borghese e inserendo la storia in un contesto storico credibile. Una scelta che poteva sembrare azzardata (e in parte lo è), ma che soddisfa pienamente, giacché ottima è l'idea di sorvolare sulla tanto conosciuta origin story, che si vede comunque brevemente in una serie di flashback sparsi in tutto il film. The legend of Tarzan, film del 2016 diretto dal regista britannico, sin da subito infatti, si presenta come un sequel rispetto al canone tradizionale, con Tarzan (che ora si fa chiamare John Clayton III) e sua moglie Jane costretti ad abbandonare gli agi della loro tenuta inglese per tornare in Congo. La missione è salvare la loro terra dalle avide mani del re belga Leopoldo e del suo uomo di fiducia, Leo Rom, pronto a creare, grazie all'aiuto di un vecchio nemico di Tarzan (che non sa di essere al pari del suo rivale pedina di scambio per un complotto), un impero basato sulla schiavitù degli indigeni e sull'estrazione intensiva di diamanti. Tuttavia la pellicola in verità, seppur è senza dubbio ammirevole il desiderio del regista di salvare Tarzan dalla piatta omologazione del blockbuster moderno, raggiunge risultati altalenanti. Non solo perché questo riadattamento (comunque solido) è privo di guizzi narrativi o intuizioni registiche, ma perché il senso di già visto è ricorrente, anche se la storia, per quanto semplice e prevedibile, non risulta mai banale, facendosi seguire dall'inizio alla fine. Il film difatti, sorretto da una fotografia efficiente, da una colonna sonora intrigante e da location mozzafiato (la foresta affascinante e variopinta del Congo), seppur parta con tutti i pregi ma anche i difetti del caso (cominciando da uno script che poco scava nei personaggi ma che comunque si 'salva' durante il percorso narrativo lineare ed asciutto), riesce a farsi apprezzare. Proprio perché la e nella pellicola (un inno ai diritti umani ed una denuncia al razzismo e alla schiavitù), seppur non raggiungendo la perfezione di altre pellicole odierne, il contesto, i costumi, gli animali 3D e animazioni fanno il loro dovere (fatta eccezione per alcune alquanto inverosimili sequenze).

domenica 14 aprile 2019

The Lady in the Van (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 12/12/2017 Qui - Una storia curiosa (insolita ma piacevole), oltre che scritta, realmente vissuta dallo stesso scrittore che parcheggiò nel suo vialetto un furgone con una senzatetto per quindici anni e che solo dopo la sua morte, riuscì a sapere del suo passato tormentato. The Lady in the Van infatti, film del 2015 diretto da Nicholas Hytner, tratto dalla storia vera di Mary Shepherd, che tra il 1974 e il 1989 visse in un furgone sul vialetto di casa di Alan Bennett, sceneggiatore del film, impersonato da Alex Jennings, racconta di una singolare e forzata e non sempre facile convivenza, quella di un'anziana scorbutica e sociofobica (una donna che ha un passato misterioso e che ostenta una tenace autosufficienza) che aggirandosi per le strade di Camden Town (Londra) a bordo di un furgoncino, di cui ha fatto la sua casa ambulante, finirà inevitabilmente per entrare in collisione con i residenti del vicinato, tra cui appunto un commediografo che ne subirà il "fascino". Giacché al di la delle apparenze di "clochard", questo insolito ed eccentrico personaggio (interpretato magistralmente da una grande Maggie Smith), che aveva un carattere rude e scontroso, sempre sporca e malvestita, invisa alla popolazione del quartiere, possedeva delle doti che Bennett scoprirà solo, allorquando malata e prossima alla fine, lo metterà in contatto con la sua famiglia d'origine. Anche se nel frattempo saranno molte le situazioni in cui si accorgerà e saprà molto, tanto da suscitare ammirazione. Dopotutto, impregnato del più tipico humour britannico, il film è una commedia brillante (che conquista e diverte), che deve quasi tutto alla inossidabile personalità di Maggie Smith. L'attrice in Inghilterra è giustamente un monumento vivente del cinema e questo ruolo sembra calzarle a pennello.

Eddie the Eagle: Il coraggio della follia (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 12/12/2017 Qui - Una bellissima pagina di sport che per una volta non celebra un vincente ma un personaggio che segue alla lettera il motto "L'importante è partecipare" questo è Eddie the Eagle: Il coraggio della follia (Eddie the Eagle), film del 2016 diretto da Dexter Fletcher. Perché se c'è una storia che meglio incarna lo spirito di questo motto "decoubertiniano" è proprio quella di Eddie "The Eagle" Edwards. Dato che la sua è una storia che celebra la forza d'animo umana e la resistenza di fronte a straordinarie sfide e probabilità. Il film infatti è una commedia sportiva biografica che evidenzia la passione, la dedizione e la forza di volontà di un saltatore con gli sci britannico, il primo a partecipare ad una olimpiade invernale. Anche perché lui, ragazzo britannico goffo, impacciato e folle (anche se la sua follia è semplicemente quella di assecondare un sogno che coltiva dall'infanzia), senza abilità ma con un grande cuore, con una testardaggine sospesa tra autolesionismo ed ingenuità infantile, riuscì in un'impresa apparentemente semplice ma straordinaria. Dopotutto in questo film bello e commovente, che si ispira ovviamente a eventi realmente accaduti, e che vengono però raccontati in modo grottesco (seppur mai sopra le righe e con situazioni da commedia a sprazzi di drammaticità), si parla, a parte il lato puramente sportivo, di coraggio e di fiducia in se stessi, anche perché questa grande lezione di vita che Eddie ci da è che il percorso che si compie per raggiungere una meta è più importante della meta stessa. Lui infatti vuole portare a tutti i costi a compimento (nonostante i suoi problemi fisici ed economici) il suo sogno, e con un pizzico di furbizia ci riuscirà. Perché più che straordinario non è solo la forte determinazione e la tenacia quasi "eroica" della sua impresa, quanto nel modo in cui egli vi riesce.

sabato 16 marzo 2019

Bridget Jones's Baby (2016)

Mini Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/06/2017 Qui - BRIDGET JONES'S BABY (Commedia, Gran Bretagna, 2016): Ho visto questo film perché i primi due capitoli (soprattutto il primo) all'epoca non erano male, sono stati addirittura uno dei pochi film che mia mamma ha visto interamente, ma questo ritorno a più di un decennio dall'ultimo, proprio non mi ha convinto. Difatti è praticamente la stessa storia (copione quasi identico), solo che di mezzo ci sta una "inaspettata" gravidanza (a tal proposito imbarazzante è la scena del trasporto ed "entrata" in ospedale) e tante altre complicazioni sentimentali e non, già viste ed esplorate. La vicenda certamente vuole essere attuale nel rappresentare le incertezze sentimentali di una donna come tante, come tante trovatasi ad avere un bambino ad una età ormai avanzata, senza certezze sentimentali alle spalle, ma tra scenette più o meno divertenti, i (soliti) dubbi di Bridget etc., la storia perde slancio e credibilità di minuto in minuto, fino ad afflosciarsi del tutto. Comunque ancora discreta sia l'interpretazione di Colin Firth sia quella di Renée Zellwegger, anche se visibilmente sciupata, ma ancora abbastanza sexy e brava per reggere la parte. Abbastanza maluccio invece tutti gli altri, compreso Patrick Dempsey. Unica nota lieta di una pellicola comunque meno peggio di quanto ci si potesse aspettare, in ogni caso personalmente non abbastanza interessante per appassionare, è la ginecologa interpretata da Emma Thompson, che da una ventata di freschezza e nuove risate, comunque non tantissime da raggiungere la sufficienza. Voto: 5,5

sabato 2 marzo 2019

Brooklyn (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 03/03/2017 Qui - Nick Hornby prosegue la sua carriera di sceneggiatore, e così dopo il non eccezionale risultato con Wild, ma soprattutto dopo An Education, film per il quale ricevette una nomination all'Oscar, eccolo nuovamente in un film che definire bello sarebbe riduttivo, perché Brooklyn, film del 2015 diretto da John Crowley, è un film eccezionale, semplice, non banale a lunghi tratti, coinvolgente ed emotivamente intenso. Il film infatti, tratto dall'omonimo romanzo di Colm Toibin, che ha ricevuto l'anno scorso tre nomination all'Oscar, senza però vincere nessuno, anche se si è aggiudicato il premio come miglior film britannico, è essenzialmente un dramma, anzi, melodramma intenso e avvolgente, che se anche non raggiunge la complessità di quelli di Todd Haynes e il suo Carol, film a cui la pellicola sembra avere tanto in comune, soprattutto nello stile, anche se questo film è visivamente più vivace nei colori e sfumature, e quindi più piacevole da vedere, grazie anche alla freschezza di alcune battute e della stessa bravissima protagonista femminile, dato che la carina e dolcissima Saoirse Ronan sfoggia una invidiabile tempra di attrice che in ogni caso potrà ulteriormente perfezionare in futuro, è lo stesso un film interessante e sicuramente più coinvolgente di quell'altro comunque discreto film, film che come ritratto intimista non è assolutamente da buttare, anzi, da elogiare, nonostante il racconto, per la sua vitalità. Comunque la storia, ambientata negli anni '50, dove i colori pastello e i vestiti accessi sono molto vivi e funzionali (stranamente particolare che ho notato e in positivo), racconta di una ragazza irlandese, che non avendo né arte né parte, cerca fortuna a New York, nel quartiere di Brooklyn, ovviamente, dove grazie ai buoni uffici di un prete conterraneo amico, riesce a trovare un lavoro dignitoso. Inesperta e timida ma volenterosa e tenace, impara presto e soprattutto trova l'amore, in un giovane idraulico, persona semplice ma di buoni sentimenti. E quindi dopo un duro periodo di adattamento la serenità finalmente arriva, ma un tragico evento è dietro l'angolo e costringerà Ellis a compiere una scelta difficile. Il suo mondo infatti verrà messo in discussione, fino a quando la coscienza gli darà una mano a scegliere il suo destino.

mercoledì 23 gennaio 2019

Big Game: Caccia al Presidente (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/09/2016 Qui - Big Game: Caccia al Presidente (Big Game) è un atipico e originale (non tanto però) film d'azione finlandese del 2014 diretto da Jalmari Helander. Il film, presentato al Toronto International Film Festival 2014, vede come protagonisti principali il bravissimo Samuel L. Jackson e il giovane Onni Tommila. Il film appare fin da subito un'imitazione delle grandi pellicole hollywoodiane, una specie di omaggio al cinema action-avventuroso a cavallo tra anni '80 e '90, parecchie sono infatti le citazioni, alcune delle quali palesi, da E.T. a Indiana Jones, passando per The Karate Kid, giù sino ad accenni più o meno vaghi al filone action-complottista anni '90. Ma Big Game va oltre la mera operazione nostalgia, proponendo un intrattenimento familiare anche se in modo atipico, dato che in questo film il presidente al contrario di quello di Wolfgang Petersen in 'Air force One', che vedeva il presidente americano trasformarsi in una sorta di Rambo per sbarazzarsi dei dirottatori che lo tenevano in ostaggio, qui invece l'inquilino della Casa Bianca (Samuel Lee Jackson in versione Barak Obama), è distante anni luce da quello intraprendente e pugnace interpretato da Harrison Ford, addirittura le sue sorti (queste si altrettanto funeste) vengono affidate al piccolo Oskari, il tredicenne che lo aiuterà a salvarsi da chi lo vuole morto. Si perché anche qui l'Air Force One, in questo caso diretto a Helsinki, per un pre-vertice del G8, è soggetto a un attentato terroristico. Un gruppo terroristico infatti, lancia da terra dei missili che colpiscono l'aereo e i caccia che lo scortano, ma solo dopo che il presidente (sotto consiglio del capo della sicurezza) entra in una capsula di salvataggio per salvarsi. Poiché il piano complottistico ordito contro di lui non prevede difatti solo l'abbattimento dell'Air Force One, ma di rapirlo ed esibirlo come un trofeo. Ma ovviamente i piani cambieranno quando il giovane Oskari, che si trova nei paraggi per un rito di passaggio all'età adulta (deve infatti dimostrare di essere un uomo tramite una battuta di caccia), aprirà la capsula e l'aiuterà a mettersi in salvo. I due quindi dovranno far fronte a un diverso tipo di caccia in cui interpretano il ruolo di prede anche se Oskari non dimenticherà la sua missione.

sabato 10 novembre 2018

Paddington (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/01/2016 Qui - Paddington è un film (del 2014) tipicamente british e si basa sul personaggio della letteratura inglese per bambini creato da Michael Bond. Se pensate che sia una brutta copia di Ted, vi sbagliate di grosso, è meglio, molto meglio. Nel misterioso Perù, una famiglia di orsi coltiva da decenni il mito dell'Inghilterra, paese ospitale e di ottimi gusti, come testimoniato dalla visita dell'esploratore Montgomery e dalla sua marmellata di arance. Così, quando giunge l'ora, il piccolo orso s'imbarca, con un cappello in testa e un cartellino che chiede gentilmente che ci si prenda cura di lui. Lo trovano alla piovosa stazione londinese di Paddington, tutto solo sotto l'insegna degli oggetti smarriti, i signori Brown e i loro figli Jonathan e Judy. Con loro, Paddington trova un nome, una casa e una famiglia, ma saranno soprattutto i Brown a  scoprire di aver bisogno di Paddington almeno quanto lui ha bisogno di loro. Un film che ricorda le ambientazioni e la dolcezza di Mary Poppins, che rimanda soprattutto alla scena con l'ombrello. Tra le scene più curiose, l'attore del dodicesimo dottore nella serie fantascientifica Doctor Who, Peter Capaldi, alle prese con una cabina telefonica e un gruppetto di musicisti che suonano musica latina nei posti più disparati. Il regista riesce trasformare quella che potrebbe sembrare un melenso film per bambini in un piccolo capolavoro dalle tinte pastello e tenerezza infinita, quella tenerezza che non è affettazione, non irrita, ma nasce dalle piccole cose e si fa largo nel cuore di chi lo vede.