Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/01/2023 Qui - Tra dramma e poliziesco, The Dry si avvale di una forza narrativa su due piani paralleli, presente e passato, che sono destinati ad essere legati. Il protagonista (un poliziotto), che dalla città torna nella cittadina di provincia natia, non è un elemento nuovo, ma il regista Robert Connolly riesce ad amalgamare benissimo una vicenda coinvolgente insieme ad altri aspetti come l'ambientazione particolare e flashback determinanti (certo la sceneggiatura prevede che a distanza di poche ore si risolvano 2 casi di omicidio distanziati di 20 anni, ma pazienza). Il microcosmo di questa piccola cittadina australiana sembra un po' quello di Cane di Paglia di Sam Peckinpah, tra ubriaconi, bifolchi e personaggi che hanno qualcosa da nascondere. Valido il finale, dove tutto bene o male si viene a collimare, ed anche la "siccità" del titolo si rivela importante. Bravo Eric Bana e bene il resto del cast. Un film ben confezionato, un "giallo" interessante dove tutto è al posto giusto, ma per essere un thriller naviga su un mare piatto, noioso a tratti, nonostante ciò buono. Voto: 6+
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martedì 31 gennaio 2023
mercoledì 16 settembre 2020
Tolkien (2019)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/09/2020 Qui - La vita dello scrittore e filologo britannico J. R. R. Tolkien non mi è sembra (ora che la conosco) cosi tanto cinematografica, soprattutto se commetti l'errore più grande di tutti, non parlare de Il Signore degli anelli. Perché ovviamente chi si avvicina a questo genere di film si aspetta dei rimandi costanti al famoso libro, ma soprattutto ai film che ne sono venuti fuori. Niente di tutto ciò, un biopic tradizionale di una vita piuttosto noiosa, una vita del qui giovane scrittore, di fatto abbastanza convenzionalmente Dickensiana. E ne viene perciò fuori un film, seppur ben curato dal punto di vista tecnico-scenografico, incolore, senza anima ed inconcludente. Poco coinvolgente malgrado il piglio della buona interpretazione di Nicholas Hoult, e nonostante la presenza della bella Lily Collins. La narrazione si svela infatti in maniera talmente canonica e standardizzata da risultare anonima. Debole è il legame fra l'opera dello scrittore inglese e il suo percorso formativo, e questo francamente è un punto debole che non mi aspettavo. Poco caratterizzati i caratteri degli altri personaggi e per l'importanza data da Tolkien (che attenzione si legge Tolkin) al concetto di fratellanza è un'altra mancanza grave. Il film del regista Dome Karukoski, alla sua prima pellicola in lingua inglese, è insomma dimenticabile, indicato solo ai fan dello scrittore e non della sua scrittura. Voto: 5
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venerdì 24 maggio 2019
The Legend of Tarzan (2016)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/05/2018 Qui - Il personaggio Tarzan ha sempre catturato l'attenzione del pubblico, sia nella serie di romanzi di Edgar Rice Burroughs sia nei vari adattamenti cinematografici. E così, dopo l'esperienza con gli ultimi 5 capitoli di Harry Potter, David Yates (che ha all'attivo già due spin-off della saga del maghetto, uno già uscito l'altro prossimamente) si mette di nuovo dietro la macchina da ripresa per raccontare la storia di Tarzan. E lo fa ribaltando quasi completamente i ruoli, rivoltando gli eventi in favore di un Tarzan in fuga dalla vita borghese e inserendo la storia in un contesto storico credibile. Una scelta che poteva sembrare azzardata (e in parte lo è), ma che soddisfa pienamente, giacché ottima è l'idea di sorvolare sulla tanto conosciuta origin story, che si vede comunque brevemente in una serie di flashback sparsi in tutto il film. The legend of Tarzan, film del 2016 diretto dal regista britannico, sin da subito infatti, si presenta come un sequel rispetto al canone tradizionale, con Tarzan (che ora si fa chiamare John Clayton III) e sua moglie Jane costretti ad abbandonare gli agi della loro tenuta inglese per tornare in Congo. La missione è salvare la loro terra dalle avide mani del re belga Leopoldo e del suo uomo di fiducia, Leo Rom, pronto a creare, grazie all'aiuto di un vecchio nemico di Tarzan (che non sa di essere al pari del suo rivale pedina di scambio per un complotto), un impero basato sulla schiavitù degli indigeni e sull'estrazione intensiva di diamanti. Tuttavia la pellicola in verità, seppur è senza dubbio ammirevole il desiderio del regista di salvare Tarzan dalla piatta omologazione del blockbuster moderno, raggiunge risultati altalenanti. Non solo perché questo riadattamento (comunque solido) è privo di guizzi narrativi o intuizioni registiche, ma perché il senso di già visto è ricorrente, anche se la storia, per quanto semplice e prevedibile, non risulta mai banale, facendosi seguire dall'inizio alla fine. Il film difatti, sorretto da una fotografia efficiente, da una colonna sonora intrigante e da location mozzafiato (la foresta affascinante e variopinta del Congo), seppur parta con tutti i pregi ma anche i difetti del caso (cominciando da uno script che poco scava nei personaggi ma che comunque si 'salva' durante il percorso narrativo lineare ed asciutto), riesce a farsi apprezzare. Proprio perché la e nella pellicola (un inno ai diritti umani ed una denuncia al razzismo e alla schiavitù), seppur non raggiungendo la perfezione di altre pellicole odierne, il contesto, i costumi, gli animali 3D e animazioni fanno il loro dovere (fatta eccezione per alcune alquanto inverosimili sequenze).
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