domenica 5 maggio 2019

Gold: La grande truffa (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 03/10/2018 Qui - Tratto da una storia fottutamente vera (come dice il banner) questo Gold: La grande truffa, film del 2016 diretto da Stephen Gaghan, è un film vivo e talvolta sconvolgente, un'avventura piena di torsioni e capovolgimenti che però, talvolta, si impantana nei dettagli. I personaggi sono fantastici, e al centro di questi c'è Matthew McConaughey che brilla in un ruolo che gli richiede di cambiare completamente il suo modo di vedere le cose. Non a caso il protagonista della vicenda è impulsivo e talvolta ingenuo, è innanzitutto un impavido visionario il cui oro simboleggia la possibilità stessa di sognare, di autodeterminarsi, oltre che di imprimere orgogliosamente il proprio nome su un successo, qualsiasi esso sia, ciò si contrappone all'usurata e avida versione utilitaristica del capitalista promossa ultimamente. Il punto nodale del film riguarda quindi non tanto l'inseguimento della ricchezza e l'inevitabile "roller coaster" finanziario connaturato al mondo borsistico (elementi comunque presenti), ma piuttosto l'innata propensione dell'uomo verso la scalata sociale, in barba alla matematica razionalità che il contesto affaristico richiederebbe. E in questo senso, l'istrionica performance di Matthew McConaughey risulta l'arma vincente di Gold: sopra le righe, l'interprete catalizza l'attenzione del pubblico oscurando di fatto i comprimari e spingendo le corde dell'umanità, con quel pizzico di retorica che però non disturba (secondo cui, per un vecchio detto popolare, chi trova un amico trova un tesoro). Si prova empatia per la passione messa in campo dall'eroe, a maggior ragione intuendo il pericolo in agguato (purtroppo incautamente anticipato dal sottotitolo italiano) ma il danno ormai è fatto. E' davvero troppo rivelatore infatti quel titolo italiano che aggiunge all'originale Gold un'informazione fondamentale, cioè che quella che stiamo vedendo è la storia di una truffa, un heist per dirlo all'hollywoodiana. È vero che, trattandosi di una storia vera, è possibile che qualcuno sappia già tutto, ma non si dovrebbe dare tanto per scontato. La scelta di inserire, in modo anche ridondante, un sottotitolo italiano può esser stato riconducibile a motivi di marketing: risulta inevitabile adesso pensare a film usciti prima di questo come La grande scommessa (2015), che raccontava il crollo delle borse del 2008. Filo rosso dell'intera campagna di promozione, poi, è un altro paragone, quello a The Wolf of Wall Street (Martin Scorsese, 2013), sebbene le due pellicole abbiano davvero poco a che fare l'una con l'altra.
In questo caso è ovvio però che non si può incolpare il film stesso per una fallace campagna marketing o una poco chiara scelta di traduzione, ma questo è solo la punta dell'iceberg di un prodotto che (sebbene nel complesso, tutto sommato, funziona) ha tanti difetti che, per forza di cose, è impossibile non notare. Gold: La grande truffa infatti, racconta una storia interessante, ma già vista, già sentita e, soprattutto, già raccontata (ovvero l'ennesima storia di ascesa e caduta nel sogno americano, in questo caso quella di un cercatore d'oro di terza generazione che dopo continui problemi finanziari riesce a localizzare quella che sembra essere la miniera d'oro del decennio, per questo raggiunge l'apice del successo, ma come suggerisce il titolo forse troppo rivelatore, l'inganno è dietro l'angolo, dopotutto non è tutto oro quello che luccica). Difatti gioca a suo sfavore la presenza, nella memoria dello spettatore, di una vasta libreria di pellicole che raccontano di truffe, frodi, imbrogli, inganni e che può capitare che lo facciano anche meglio. L'inesorabile scorrere degli eventi non sorprende (anche perché appunto, è il titolo stesso a preparaci a ciò che verrà e questo, di nuovo, è un dettaglio che davvero non si può perdonare) cosa che in un film del genere dovrebbe essere fondamentale e i lati positivi (che possono essere considerati anche molto positivi) non riescono del tutto a sopperire alle voragini che ci si piazzano davanti. Tra questi la sceneggiatura che seppur è più che discreta (non a caso inserita nel 2009 nella Black List di Hollywood delle migliori sceneggiature non ancora prodotte), presenta dei buchi nella trama, in quanto gli eventi si susseguono molto velocemente. In questo modo lo spettatore non ha la possibilità di immergersi del tutto nella storia (in quel mondo sporco ma luccicante), mentre gli viene lasciato il "compito" di immaginarsi cosa è effettivamente accaduto nel mentre, tra un accadimento e l'altro. Inoltre (nonostante stiamo parlando di una storia vera) risulta essere troppo scontato il finale.
Ma il problema maggiore di Gold: La grande truffa è che, ormai, questi heist movie pseudo biografici sembrano tutti uguali. Trovata la storia da portare sullo schermo (una storia in cui per ragioni legali, e per aumentare l'appeal del film, i nomi dei personaggi e i dettagli della storia sono stati cambiati), il canovaccio da seguire è sempre lo stesso: sogno americano da infrangere, location esotiche, look vintage, un regista semiserio a dirigere la parabola e una star istrionica che porti avanti il minutaggio e metta più di una pezza alla sceneggiatura. Se non ci fosse Matthew McConaughey a interpretare l'arraffino Kenny Wells, forse non esisterebbe neppure il film. Non per caso Stephen Gaghan, regista dello stimato/odiato Syriana e sceneggiatore tra gli altri del pregevole Traffic di Steven Soderbergh, predispone una regia fluida che sa rendersi invisibile lasciando il palco libero per il personale "one man show" del protagonista. E tuttavia per questo Gold: La grande truffa non è affatto un brutto film, ma una pellicola con grandi potenzialità sprecate certamente. Si sente come un progetto molto standard, è dotato comunque di una bella storia (che le cose non vadano sempre per il verso giusto non è una novità, né nel mondo del business, né nella letteratura, e la vicenda di Wells e del suo giacimento prende l'aspetto di un vero e proprio thriller, che lascerà lo spettatore col fiato sospeso "parzialmente" fino alla fine), di un bel cast ma manca difatti il supporto del regista, che si preoccupa troppo di omaggiare The Wolf Of Wall Street senza pensare a capitalizzare i punti di forza del suo lavoro, che sono anche parecchi. Il cast ineccepibile e ben caratterizzato è sicuramente uno dei punti di forza (tra questi da segnalare Corey Stoll e Toby Kebbell). Il protagonista è un Matthew McConaughey che, anche se sembra aver basato questo momento d'oro (per rimanere in tema) della sua carriera sul trasformismo fisico (qui è stempiato, con qualche dente ingiallito e con uno stomaco abbondante), è innegabilmente convincente.
Accanto a lui ci sono Edgar Ramirez (non troppo espressivo, certo, ma sempre adatto al ruolo in cui viene inserito) e Bryce Dallas Howard, molto meno efficace di quanto si potesse aspettare seppur sempre profonda, vulnerabile e affascinante (al contrario della bellissima Rachael Taylor che è letteralmente sprecata in un ruolo d'amante molto sensuale ma per niente approfondito e fine a se stesso purtroppo). I personaggi ben costruiti, poi, si intrecciano nell'estetica di una fotografia interessante che si concentra sul contrasti tra gli ambienti: la selvaggia e bellissima giungla indonesiana, gli asettici uffici di Wall Street, lo squallore di un bar di periferia, la pareti scintillanti degli alberghi a cinque stelle. Altro elemento degno di nota (oltre agli adatti "costumi" tipici di quel tempo) è il ritmo degli eventi, scandito dalla discreta colonna sonora di Daniel Pemberton che gioca sui tempi, sui ritmi, rallenta e accelera insieme alla vita, folle, di Kenny. Non è da tutti poi, avere una canzone originale cantata da Iggy Pop (Gold, appunto). Eppure qualcosa dev'essere andato storto (e questo nonostante anche il duo di attori McConaughey/Ramirez, l'uno con la sua indole autodistruttiva, l'altro con l'aspetto del bell'avventuriero dalla mano fatata, che si completano in un mix potenzialmente fantastico e che tiene in piedi una storia che in molti tratti ha dell'inverosimile). La distanza tra lo spettatore e lo schermo può apparire breve in certi frangenti, però rimane sempre tangibile. Quasi che il patto tra il pubblico e l'autore sia andato a farsi benedire fin da subito. Del resto capita quando si decide di svelare il colpo di scena più importante fin dal titolo italiano. Tutta la prima parte della visione l'ho infatti passata ad aspettare la famosa truffa, situazione che mi ha fatto perdere una buona dose dell'atmosfera creata dagli autori. Se ci si fosse limitati a lasciare il nome originale dell'opera, magari, mi sarei goduto questo spettacolo con uno spirito diverso. Così com'è, purtroppo, il film non mi ha regalato nessuna grande soddisfazione.
E tuttavia, anche se la durata poteva essere minore (2 ore che contengono un po' di sequenze inutili e noiosette), i dialoghi sono ben scritti, e pronunciati dall'ex fondatore del "Dallas Buyers Club" tengono proprio lo spettatore incollato allo schermo. Giacché seppur meno graffiante degli altri film citati o di altri titoli sull'argomento, Gold mantiene comunque alto il livello di attenzione dello spettatore grazie a un efficace crescendo nella seconda parte e un colpo di scena finale che (per quanto prevedibile) rende giustizia all'impegno degli interpreti. Interpreti di un avvenimento di cronaca che incontra il grande schermo sicuramente in maniera dignitosa ma certamente non memorabile (l'unico effettivo elemento strabiliante è McConaughey, che dimostra di essere tra gli attori più carismatici del momento). Una pellicola che quindi non vanta di essere uno dei migliori biopic degli ultimi anni, ma che tuttavia non sfigura di certo, e per questo anche se ci sarà sicuramente di meglio, Gold: La grande truffa merita una visione. Perché anche se "Gold" non verrà ricordato per la sua originalità (si insiste su temi vecchi di secoli quali l'amicizia e il sogno americano) né per la sua realizzazione tecnica, in verità piuttosto anonima, ma semmai per la grandezza del suo interprete principale, nel complesso l'operazione può dirsi felicemente funzionale al suo obiettivo (presumibilmente quello di intrattenere con una vicenda che si muove tra il divertente e il toccante). Perché certo, Gold: La grande truffa lotta contro parecchie avversità e ne esce effettivamente un po' ammaccato (i lividi qua e là sono parecchio visibili e doloranti), ma il film, anche se lascia perplessi sulla sua effettiva efficacia, si lascia ben vedere e seguire. Perché seppur il film di Stephen Gaghan è un'ulteriore riflessione sull'avidità cui si nutre il sogno americano (la storia di una truffa classica ai danni di truffatori in doppiopetto con i suoi alti e bassi nella narrazione degna delle oscillazioni di Wall Street), Gold, (più votato all'intrattenimento puro rispetto a The Wolf of Wall Street o Il Petroliere) è comunque un film valido abbastanza da meritare un po' di considerazione. Voto: 6+