venerdì 8 febbraio 2019

Big Game: Caccia al Presidente (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/09/2016 Qui - Big Game: Caccia al Presidente (Big Game) è un atipico e originale (non tanto però) film d'azione finlandese del 2014 diretto da Jalmari Helander. Il film, presentato al Toronto International Film Festival 2014, vede come protagonisti principali il bravissimo Samuel L. Jackson e il giovane Onni Tommila. Il film appare fin da subito un'imitazione delle grandi pellicole hollywoodiane, una specie di omaggio al cinema action-avventuroso a cavallo tra anni '80 e '90, parecchie sono infatti le citazioni, alcune delle quali palesi, da E.T. a Indiana Jones, passando per The Karate Kid, giù sino ad accenni più o meno vaghi al filone action-complottista anni '90. Ma Big Game va oltre la mera operazione nostalgia, proponendo un intrattenimento familiare anche se in modo atipico, dato che in questo film il presidente al contrario di quello di Wolfgang Petersen in 'Air force One', che vedeva il presidente americano trasformarsi in una sorta di Rambo per sbarazzarsi dei dirottatori che lo tenevano in ostaggio, qui invece l'inquilino della Casa Bianca (Samuel Lee Jackson in versione Barak Obama), è distante anni luce da quello intraprendente e pugnace interpretato da Harrison Ford, addirittura le sue sorti (queste si altrettanto funeste) vengono affidate al piccolo Oskari, il tredicenne che lo aiuterà a salvarsi da chi lo vuole morto. Si perché anche qui l'Air Force One, in questo caso diretto a Helsinki, per un pre-vertice del G8, è soggetto a un attentato terroristico. Un gruppo terroristico infatti, lancia da terra dei missili che colpiscono l'aereo e i caccia che lo scortano, ma solo dopo che il presidente (sotto consiglio del capo della sicurezza) entra in una capsula di salvataggio per salvarsi. Poiché il piano complottistico ordito contro di lui non prevede difatti solo l'abbattimento dell'Air Force One, ma di rapirlo ed esibirlo come un trofeo. Ma ovviamente i piani cambieranno quando il giovane Oskari, che si trova nei paraggi per un rito di passaggio all'età adulta (deve infatti dimostrare di essere un uomo tramite una battuta di caccia), aprirà la capsula e l'aiuterà a mettersi in salvo. I due quindi dovranno far fronte a un diverso tipo di caccia in cui interpretano il ruolo di prede anche se Oskari non dimenticherà la sua missione.
Big game: Caccia al Presidente, che fa l'atipica scelta di accostare il filone alla Die hard con quello dei film per ragazzi risalenti agli anni Ottanta, che nonostante sfrutti, bene o male (dipende dai punti di vista) situazioni già viste in analoghe produzioni hollywoodiane, non si prende però in alcun modo sul serio. Tuttavia un lavoro totalmente votato all'intrattenimento come questo, riesce comunque in tale intento. Perché proprio scavando nel déjà vu, e cercando di offrire degli appigli, quest'avventura improbabile ma proprio per questo interessante colpisce. Colpisce infatti l'atipicità di questo prodotto, che spizzica un po' di questo e un po' di quello, riuscendo a costruirsi una 'forma' che gli è propria. Trash, avventura, azione, spionaggio…tutti elementi di cui si avverte appena la presenza, ma che eppure ci sono. Il segreto sta perciò nel dosaggio e nella successiva mistura, anche se si rivela troppo 'disneyano' per gli adulti ed eccessivamente cattivo e violento (pur senza mostrare nulla di esagerato) per i bambini. Big Game è comunque un film con due anime e ciò costituisce al contempo la sua forza e la sua debolezza. C'è un'anima finlandese rappresentata dal regista e dal giovanissimo (e comunque bravissimo) co-protagonista Onni Tommila e una anima americana rappresentata dalla produzione e da un copioso numero di attori con a capo Samuel L. Jackson (sempre in forma e bravo in personaggi stravaganti come in Kingsman per esempio), questo fa sì che finché le due anime si equilibrano Big Game si presenti come un interessante esperimento, sia sul piano produttivo che su quello della narrazione, perché l'iniziale confronto tra i due mondi (il finlandese decisamente attaccato alla terra e l'americano librato nei cieli) si rivela produttivo. I problemi si presentano man mano che la narrazione procede dando sempre più spazio all'intreccio terroristico-complottista. Lì non solo si rafforza il versante legato all'azione (come è giusto che sia) ma si potrebbe dire che si trasforma la cifra stilistica di una sceneggiatura che fino a quel punto era riuscita a controllare gli elementi stereotipi di genere made in Usa e che invece finiscono con l'espandersi, con tutte le sensazioni di deja-vu prevedibili. Ma Big Game è anche un racconto di formazione a doppio binario, perché le conseguenze delle vicende a cui assistiamo saranno motivo di crescita sia per il coraggioso bambino, sia per il simpatico presidente, la cui figura, affabile e carismatica, è del tutto allineata alla correttezza politica con cui il cinema mainstream si rivolge al più importante cittadino americano. Così, volendo, i motivi d'interesse non vanno ricercati nella vorticosa successione degli avvenimenti ne tantomeno nell'esibita consistenza del nemico, depauperata da una serie di motivazioni che la frettolosa sceneggiatura non riesce mai a spiegare. A farsi preferire sono piuttosto l'originalità dello 'strano' sodalizio, reso credibile dall'alchimia tra i due interpreti (anche se non offre spunti divertenti) e la scelta di un punto di vista che, nel privilegiare lo stupore fanciullesco di Oskari, giustifica, almeno in parte, l'ingenuità della messinscena allestita dal regista. Una messinscena che, nonostante il luogo suggestivo e bellissimo (tra monti e valli selvaggi), che da solo aveva un fascino in grado di competere con la Nuova Zelanda del Signore degli Anelli, fa acqua da più parti, cattivissimi improbabili, svolte narrative dove la logica viene gettata a mare, con la CIA allo sbando, fino alla conclusione, e con 30 elicotteri Chinook che arrivano con l'unico scopo di posare nella foto finale. Praticamente un mezzo fallimento se non fosse che questo film riesce a in ogni caso a intrattenere, riuscendo a rendersi godibile e soprattutto vedibile a più persone. Comunque freddamente consigliato agli amanti del genere. Voto: 6+