mercoledì 9 gennaio 2019

Città di carta (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/07/2016 Qui - Città di carta è la seconda riduzione da un libro di John Green dopo Colpa delle stelle (2014) della coppia Scott Neustadter e Michael H. Weber. Il film (del 2015), che quindi costituisce un'altra pellicola tratta da un famoso romanzo, è diretto da Jack Schreirer, e come la precedente pellicola è rivolta ad un pubblico adolescenziale. Che, nel caso di Città di carta, è quella del racconto di formazione e degli amori adolescenziali, che usualmente movimentano le esistenze di milioni di teenager, non un film romantico quindi come è stato invece presentato ma una commedia, poco romantica in effetti. Premettendo subito che non ho letto il libro (non una novità) e può darsi che sia anche meglio del film, ma questo film per chi non ha letto il libro è spiazzante, ma non in senso positivo dato che, per i molti che si aspettavano una storia d'amore, una delle migliaia che vediamo ogni anno sul grande schermo questo film è spiazzante in negativo. Mi aspettavo infatti un qualcosa di simile a 'Colpa delle Stelle' ma invece così non è stato, e ciò mi ha un po deluso, certo qualche novità c'è, ma non così rilevante. Comunque per altri e in un certo senso anche per me, questo film è molto bello perché c'è una morale interessante, ovvero che il film ci insegna di apprezzare le cose che abbiamo e non cercare di raggiungere a tutti i costi un nostro desiderio (qualcosa che pensiamo porrà fine a tutte le nostre sofferenze amorose o di vita) e che in molti casi rimarrà irrealizzabile. Ma prima di passare alle critiche positive e negative, parliamo un po' del film in generale. Protagonisti di 'Città di Carta' sono Nat Wolff, già presente in 'Colpa delle Stelle', e la super-modella (o forse ex) e attrice Cara Delevigne.
La storia si concentra sul personaggio di Q che, perdutamente innamorato della sua misteriosa vicina Margo, decide di attraversare gli Stati Uniti pur di trovarla. Una trama già improbabile e alquanto banale (come può una diciassettenne prendere e partire per una città sconosciuta nello stato di New York e non dare alcuna notizia alla famiglia? Ancora più strano è che quattro ragazzi partano con la macchina della madre di uno di loro per andare a cercare questa ragazza), comunque questa ragazza è Margo, il desiderio di Q. I due si conoscono da piccoli quando lei si trasferisce vicino a casa di lui e dal momento in cui gli sguardi si incrociano per Q è amore. Amore non corrisposto (come capita di solito nella vita di tutti i giorni). Alla fine del liceo i due quasi non si parlano più fino a che Margo entra di notte della stanza di Q perché vuole vendicarsi contro il suo ragazzo che la tradisce con una sua amica. Quella notte per Q è un sogno...un miracolo (come quelli che secondo lui tutti hanno nella vita..vabbè..) dato che passa del tempo con lei scoprendo così di amarla. Il giorno seguente però Margo scappa di casa e lascia degli indizi a Q per trovarla (indizi che non pensava che Q seguisse). Da quel momento Q insieme ai suoi amici va alla ricerca della ragazza, e conduce un viaggio appunto con i suoi amici per trovare lei (viaggio emozionante e bello ma che Q non si gode per l'ossessione di trovare Margo). Dopo un po' di peripezie trova Margo ma non la risposta a quello che voleva trovare, l'amore.
"Città di Carta", a differenza di "Colpa delle Stelle", non tratta il triste tema della malattia terminale e dell'amore in sé ma, come il primo, è intriso di una certa nota dolente e malinconica, perché così è costituita, sembra quasi voler dire John Green, il particolare periodo dell'adolescenza. A dispetto di quel precedente infatti che, ricordiamo, si concludeva senza speranze per la coppia in questione, "Città di carta" offre al regista un copione meno sofferto e più sognante, raccontando della scomparsa di Margo Spiegelman, irrequieta reginetta della scuola, e del tentativo di ritrovarla da parte di Quentin Jacobsen, segretamente innamorato di lei sin dai tempi dell'infanzia. Poiché crescere è difficile e misterioso, ciò viene affrontato dai giovani in differenti maniere, c' è chi è più sensibile e chi meno ma tutti prima o poi soffrono e vivono le proprie giornate in continua incertezza ed insicurezza. In "Città di Carta" pertanto viene presentato il mondo adolescenziale dal punto di vista soprattutto dei sentimenti dell'amore e dell'amicizia, anzi, oserei dire, che l'opera costituisce un vero e proprio inno all'amicizia ed a tutti i sentimenti puri e sinceri di cui sono colmi in generale i giovani. E se la storia può risultare un poco credibile o, comunque, un poco fantasiosa, le paure, i sentimenti e la difficoltà a crescere vengono ben evidenziati e presentati venendo a costituire una pellicola delicata e sincera e di sicuro "appeal" tra i giovani che un po' vi si rispecchiano. Cospargendo la storia di riferimenti musicali e di citazioni poetiche attribuite al personaggio di Margo, anticonformista quanto basta per mettere in risalto l'ordinarietà di chi gli sta attorno, tutti, compreso Quentin, avviati a quella vita borghese a cui Margo (Cara Delevingne, attrice in forte ascesa) con il suo esilio volontario, si vuole sottrarre, "Città di carta" aveva dalla sua le qualità per rappresentare il manifesto di una generazione in corso d'opera. Sullo sfondo però delle vicissitudini tipiche dell'età giovanile, peraltro sempre in primo piano con gli impegni legati al ballo di fine d'anno e, di conseguenza, con la ricerca della dama e del cavaliere con cui accompagnarsi (con la classica storiella nerd-bambola), il racconto è invece trionfante di luoghi comuni, addirittura spacciati per racconto di formazione pseudo-intellettuale che si prende pure il lusso di citare Walt Whitman, che vorrebbe essere alternativo ma è francamente insopportabile per almeno 2/3 di visione. Fortunatamente si riprende nel finale (non tantissimo, ma a suo modo insolito, intrigante e sognante) quando si trasforma in road movie alla ricerca della ragazza avventuriera, che tutto è tranne però che avventuriera. Carenze che, almeno in parte, non mi hanno del tutto convinto. Anche se stiamo parlando di un film dove ci sta che la trama sia improbabile però dovrebbe almeno suscitare qualche curiosità. Inoltre, essendo la trama concentrata principalmente sulla scoperta di 'presunti' indizi lasciati da questa ragazza, questa scoperta dovrebbe essere avvincente e coinvolgere lo spettatore. Purtroppo nulla di tutto ciò accade. Sinceramente non so se sia colpa del film oppure del libro da cui è tratto (e probabilmente non saprò mai) ma comunque questo non va affatto bene. Ma forse il principale 'responsabile' è proprio il film perché tutti noi sappiamo quante volte gli adattamenti cinematografici modifichino la trama della storia per risultare più avvincenti e 'cinematografici'.
Ma nonostante ciò, la sotto-trama principale, ossia il mistero legato al personaggio di Margo e allo sviluppo della relazione tra lei e Quentin, non riesce ad amalgamarsi. Città di carta cerca di essere troppi modelli senza mai convincere, né essere convinto, di poterne incarnare almeno uno, senza essere supportato da una regia di personalità (Schreier si arrende al contenuto e si limita a lasciare che la trama segua il suo corso). Gli specchietti per le allodole indie non mancano, da Walt Whitman e Woody Guthrie, la colonna sonora impeccabile con Bon Iver, Vampire Weekend e War On Drugs, e sono disseminati lungo il film al pari degli indizi lasciati da Margo, finendo per risultare bluff vuoti, o "di carta", per riprendere la metafora con cui Margo spiega a Quentin l'ipocrisia del mondo circostante (lei compresa). Funziona paradossalmente meglio il filone secondario, benché scrittura e personaggi manchino dello spessore necessario per resistere all'incedere del tempo. Cara Delevigne si vede gran poco nel film e, a parer mio, non risulta neanche tanto bene nella parte (c'erano attrici molto più brave che potevano benissimo entrare nella parte meglio, tutto ciò detto da uno che ama alla follia la Delevigne). Il finale è a dir poco osceno (troppo aperto, troppo sognante e inutile) e, se fossi stato al posto di Q, probabilmente avrei reagito diversamente e mi sarei pure arrabbiato (non voglio spifferare tanto se mai vorreste vedere il film). E poi, a dirla tutta, Delevigne e Wolff sono una coppia veramente mal assortita, la recitazione da principiante improvvisata di lei infatti e la scarsa chimica con il protagonista l'allontanano anche sempre più dal ruolo iconico che dovrebbe sostenere e in buona sostanza dal film stesso. Tanto da non suscitare nell'epilogo alcun desiderio, protagonista a parte, di rivedere e riascoltare il personaggio Margo.
Il climax del film, particolarmente carente in termini di scrittura, coincide con la scelta più azzardata, quella di cambiare radicalmente il finale rispetto al testo di Green (eh sì perché ho letto che il finale è diverso). Fatto che difatti produce effetti indesiderati, lasciando l'amaro in bocca su un esito insoddisfacente se interpretato sia come lieto fine che come agrodolce ritorno alla realtà. Meglio di tutto però, la colonna sonora, unico elemento interessante di una occasione macroscopicamente mancata. Comunque nonostante il finale, la sceneggiatura è ben fatta come i dialoghi, il film però è realista solo nella seconda parte quando i ragazzi partono per il viaggio. Obiettivamente il film è quindi ben fatto e un finale forse diverso sarebbe stato irreale, ma almeno non sarebbe risultato così deludente. Un difetto della pellicola dato che il senso del racconto in cui il voice over del protagonista sopperisce alle carenze della narrazione e la ridondanze di una ammiccante colonna sonora a quella della descrizione dei caratteri, si perde. Il film di Jake Schreier segna infatti il totale scollamento delle intenzioni di agitare il consueto inventario dell'età di passaggio (il primo amore, il sesso, l'amicizia, la voglia di indipendenza) con l'incapacità di dargli una forma ed una identità definite, tenendo i personaggi e le loro emozioni ad una rassicurante distanza di sicurezza e finendo per restituirci una storiella banale dove non riusciamo a capire se l'eroina di turno sia in realtà una viziata ed egocentrica figlia di papà ed il suo giovane e romantico spasimante un babbeo sognatore che insegue le chimere di un'infanzia ormai superata da tempo. Non più bambino ma nemmeno adulto, questo teen-movie un po' noiosetto si muove perciò impacciato tra l'amarcord cinefilo di una tradizione letteraria (Walt Witman addirittura) per sentito dire e la posticcia topografia di una città di carta, trattando Orlando come una Detroit qualsiasi, per condurci lungo la Interstate 95, verso un fantomatico pagliaio indicato dal gps in cui trovare il classico ago che ne indichi la strada, bussola di un cuore smarrito tra i sogni del passato e le dolcissime indecisioni del futuro e...ritorno. Attori giovani e carini che finiscono per non dirci nulla e l'occasione mancata per dirci in modo nuovo qualcosa che sapevamo già. Tre premi ai Teen Choice Award 2015, tra cui ben due a Cara Delevingne, sopravvalutata divetta dagli occhi di ghiaccio di cui probabilmente sentiremo parlare spesso. In definitiva però, è comunque un film interessante, anche se dubito piacerà a molti, ma quelli che sognano e a cui piacciono film del genere, non perdetelo, agli altri lasciate perdere. Voto: 6

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