Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/07/2016 Qui - True Legend (letteralmente: Vera Leggenda) è uno spettacolare film wuxia del 2010 diretto da Yuen Wo Ping (coreografo di arti marziali in Matrix, La tigre e il dragone e Kill Bill) e vanta un cast di tutto rispetto (tra cui Michelle Yeoh). Il film andato in onda in prima visione in esclusiva assoluta (poiché mai approdato al cinema) l'otto luglio scorso su Iris, durante una delle tante rassegne filmiche del canale televisivo, è stato il primo lungometraggio realizzato in 3D nella Repubblica Popolare Cinese. La pellicola, girata tra i monti Huangshan, le cascate di Hukou e le tipiche abitazioni in stile hui della provincia di Anhui (in Cina ovviamente), è un'opera di culto per gli appassionati di Mixed Martial Arts (combattimenti con lame e acrobazie aeree mozzafiato), ma purtroppo nonostante le premesse, un budget di 20 milioni di dollari, e nonostante sia un genere che personalmente mi piace, il risultato è davvero inconcludente e inconsistente nonché quasi pessimo. Comunque True Legend narra la storia di Su Can (Chiu Man Ceuk) stimato eroe di guerra, che si ritira dall'esercito per condurre una vita tranquilla insieme alla moglie e al loro bambino. Anni dopo suo fratello (fratellastro a dire il vero) Yuang, dopo alcune divergenze e alcuni fatti mai del tutto chiariti (una lunga ed oscura storia di famiglia), ritorna sotto sembianze mostruose deciso a vendicarsi proprio di Su e della sua famiglia. Ma dopo un duro attacco subito, dove Su e la moglie riescono a salvarsi, il figlio viene rapito da Yuang. Anni dopo proverà a tutti i costi a riprenderselo ma non sarà affatto facile.
Il film, di notevole spettacolarità, com'è consuetudine è intriso di combattimenti acrobatici e frenetici, piroette circensi e svolazzamenti antigravitazionali. Ovviamente è quello che ci si aspetta in questi tipi film, ma in questo soprattutto, c'è troppo di tutto e poco di niente. Ovvero, possiede splendide ambientazioni, sia naturali che d'interni, i costumi sempre perfetti oltre che la spettacolarità d'insieme, ma latita (e molto) nella trama e nella recitazione, palesemente farsesca, colpa probabilmente del doppiaggio (di quei geni di Mediaset) che evidenzia tante lacune, su tutto un bambino (il figlio di Su che ad un certo punto il padre lo assegna al maestro) che si merita tutto il peggio di questo mondo, sì perché inutile, piagnucoloso, inopportuno. Comunque il film, come il finale, non è un granché, ricorda troppo altri film del genere già visti, ed è un neanche troppo dissimulato riscatto propagandistico patriottico anti-occidentale, in cui gli occidentali appunto sono descritti in maniera becera ed offensiva, accentuato dal fatto che il protagonista li elimina uno ad uno nonostante il suo stato alterato di coscienza da alcool. Senza dimenticare lo sviluppo della storia, suddiviso in tre capitoli quasi del tutto scollegati tra loro, parecchio imbarazzante come cosa. Ovviamente le sequenze d'azione sono tutte da antologia, spaziando dal wuxia al realismo (all'iperrealismo surreale) dei film di Kung-fu con la massima disinvoltura. Ottime inoltre le scenografie, paesaggistiche e fantasiose, che mostrano un forte contatto con la natura ed effetti visivi di elevata spettacolarità. Come detto la fase conclusiva è sconclusionata, distanziandosi bruscamente dal prologo e dalla parte centrale in linea col wuxia delle grandi produzioni asiatiche dell'ultimo decennio, e questo improvviso cambio di rotta, finisce per togliere un po' di coerenza e di atmosfera al film, anche se una gradita sorpresa la fa David Carradine, alla sua ultima apparizione prima della sua misteriosa morte. Quindi nonostante sia un film interessante, e nonostante la simpatia che nutro in genere per i film cinesi, non mi sento di espormi nel ritenerlo valido, ma appena sufficiente. Consigliato solo agli appassionati. Voto: 5,5
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