mercoledì 16 gennaio 2019

Babadook (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 12/08/2016 Qui - Immancabilmente quando arriva l'estate arrivano anche tanti film horror, sia al cinema sia in tv, e come già molti prima di questo ho recensito e ancora recensirò, eccomi qui a recensire uno dei film Babadook (The Babadook) che l'anno scorso ha riscosso un grande successo e soprattutto un giudizio positivo di quasi tutti, compreso io che finalmente sono riuscito a vederlo. Perché questo film del 2014 diretto dalla regista australiana Jennifer Kent, al suo esordio, è un horror bello perché atipico. E' infatti un film horror che, finalmente, dopo anni di pellicole eccessivamente (e inutilmente) violente con storia tutte simili fra loro, propone qualcosa di diverso in modo diverso, prediligendo non gli effetti speciali, non le impennate sonore improvvise o le urla più forti, ma la storia, i personaggi e le loro caratterizzazioni, il vero cuore pulsante dell'orrore. Quante volte infatti capita di vedere un personaggio di un horror che, sentendo un orribile rumore fuori dalla porta, invece di nascondersi ci va incontro sapendo che morirà malissimo? Troppe. Ebbene questo non è quello che troverete in questo intrigante film. Ma questo è solo uno dei tanti pregi per cui elogiare il film, innanzitutto la trama, semplice ma intensa. Sei anni dopo la tragica morte del marito nell'incidente d'auto avuto quando la stava accompagnando in ospedale per il parto, Amelia vive da sola insieme al figlioletto, un bambino iperattivo e dalla fantasia molto vivace. Sam, infatti passa le sue giornate a costruire armi come balestre, catapulte o trappole per catturare mostri, è manesco tendente all'aggressivo e ha seri problemi di socializzazione. Amelia (palesemente depressa) invece è sola, triste e non riesce a superare la morte del marito. La vita dei due è tutt'altro che rosea, soprattutto appunto a causa del comportamento aggressivo del bambino e del rapporto troppo apprensivo che ha la madre nei suoi confronti, che li porterà lentamente ad isolarsi dal resto del mondo. Le cose purtroppo però non migliorano quando nella loro vita si materializza un libro di favole (chiamato Mister Babadook) diverso dagli altri, molto nero, cupo e spaventoso che viene prontamente messo via dopo la prima lettura ma continua a ripresentarsi fino a che la sua storia di un uomo nero che ti entra dentro fino a condizionarti non comincia lentamente ad avverarsi e intrappola i due nella loro stessa casa. Il libro infatti contiene immagini molto inquietanti e sembra più una maledizione che una storia per bambini e da quel momento quindi iniziano ad accadere strane cose in casa e la madre stessa inizia a subire una trasformazione che sembra qualcosa di più che un semplice crollo psicologico.
La prima cosa da dire su questa pellicola è che è siamo davanti prima di tutto ad un dramma psicologico sulla rielaborazione del lutto, ben fatto e mai banale (e anche se non prediligo questo genere di horror è fatto davvero bene). Una prima parte puramente psicologica dove veniamo assorbiti gradualmente dalla triste vita di questa donna, al punto che quando si scivola nel cuore dell'horror, nella seconda parte, dove nonostante non succeda mai niente di eclatante, che riesce però in quella difficilissima impresa che è spaventare con poco, siamo talmente immersi in questo mondo da incubo da essere pronti a credere a qualsiasi cosa. E le piccole cose che accadano si inseriscono in un'atmosfera talmente tetra e tesa da diventare terrorizzanti. A Jennifer Kent infatti non interessa mostrarci il mostro più terrificante, non le interessa farci sobbalzare dalla sedia con qualche repentina apparizione studiata a tavolino, ciò che vuole la talentuosa regista è ben altro, cioè raccontare una favola nera e vera, alla fine riuscendoci. Babadook perciò non è un film che mette paura, ma è un film che scuote, che impressiona. Ancora una volta il disturbo non è ricercato nelle immagini più raccapriccianti o negli scenari più sanguinosi, bensì nelle parole, nelle atmosfere, nei gesti, nella realtà. Riuscendo così a lasciare il suo segno. Il Babadook, infatti, è una metafora del non-superamento della morte del marito da parte di Amelia, ostinata a restare ferma, tutto quello che le succede, ciò in cui si trasforma, è una conseguenza del non riuscire a elaborare il lutto, e non a caso il film si apre proprio con la scena dell'incidente in macchina con il coniuge. Sono passati sette anni, ormai, eppure Amelia non riesce ancora a relazionarsi con gli oggetti dell'uomo lasciati nel seminterrato, non riesce ancora a considerare la possibilità di un nuovo compagno (nonostante l'interesse di Robbie, compagno di lavoro), limitandosi nei suoi confini mentali e nei piaceri nascosti della masturbazione, come se questi fossero l'unico piacere che le è permesso provare. E così il Babadook ha campo libero e può nutrirsi di lei, della sua debolezza umana, della sua paura di voltare pagina. Comincia, quindi, il lungo delirio della donna attraverso le allucinazioni in cui cerca di uccidere il figlio, le visioni di scarafaggi che pullulano ovunque (prima nella sua cucina, poi su lei stessa), i comportamenti inspiegabilmente crudeli e violenti (quando maltratta Sam o gli brandisce il coltello contro). Ma il Babadook non è soltanto allucinazioni e astrazione, al contrario è soprattutto realtà e concretezza, ecco, allora, comparire gli assistenti sociali o ancora l'allontanarsi da parte di chiunque nella sua vita (Claire su tutti). Tuttavia, la cosa peggiore, ciò che realmente turba e scuote, resta che in fondo Amelia sa che il Babadook non sta inventando nulla, se il mostro è nato, l'ha fatto dal suo subconscio, dai suoi pensieri, da quel disprezzo malcelato per Sam nutrito già da qualche tempo, da quando è stata costretta a dire addio al marito. Eccolo, l'orrore vero, manifestatosi in una tetra esplosione di scomode verità e desideri repressi. Non tutto, però, è perduto. Quasi al termine del film, Amelia riesce a rigurgitare fuori (letteralmente) la presenza infima del mostro e ad aprire gli occhi, così, quando in teoria riesce a 'sconfiggere' Babadook, intimandogli di uscire dalla sua casa, in realtà sta sconfiggendo il suo mostro interiore, cioè sta avviando pian piano quel processo di accettazione della perdita. Ma quella che potrebbe sembrare una scena priva d'inventiva (scaccia via il mostro semplicemente urlandogli contro), va vista, in realtà, da un punto di vista più intimo, personale, in altre parole da quello di una donna che si riappropria della sua vita. Lei stessa urla decisa, "Stai violando la mia casa", volta a indicare un qualcosa, un ricordo che le sta logorando la vita, il ricordo di suo marito.
Il finale (comunque sorprendente, molto ben giocato e perfettamente credibile), forse unica vera parte che potrebbe far storcere il naso a qualcuno (anche se non rovina assolutamente il film), è però la parte migliore, anche se guardandolo più e più volte sembra quasi che la brava Jennifer Kent si fosse fermata sul più bello, rendendo il terrificante incubo del Babadook una sorta di entità incapace di svolgere il suo compito. Nulla di scandaloso, ma se il finale fosse stato da vero film horror 100% sarebbe stato meglio. Ma non importa, perché tra la mediocrità generale del cinema horror odierno, questo film riesce ad uscirne indenne. In ogni caso, il mostro nel seminterrato è un parallelismo perfetto per rappresentare il dolore della perdita, perché un dolore come questo non può essere semplicemente eliminato o 'sconfitto' dalla nostra vita, ma bisogna imparare a conviverci e a 'domarlo' giorno per giorno. Proprio come fa Amelia con il Babadook, con il suo Babadook. In uno dei momenti finali poi, Sam chiede alla madre se un giorno potrà mai vederlo e lei gli risponde che potrà farlo solo quando sarà più grande. Se non altro i bambini non affrontano la morte come gli adulti, è qualcosa che s'impara a fare soltanto quando si cresce. E' qualcosa che Amelia impara a fare prima che sia troppo tardi, riprendendosi la sua vittoria dopo un'infinita serie di sconfitte. La cosa però che può saltare in mente da chiedersi è, ma cos'è esattamente il Babadook? Esiste oppure no? Perché quello che è certo è questo, il mostro di per se non fa del male a nessuno, i protagonisti fanno praticamente tutto da soli. E basta ricollegare i vari punti della storia e la situazione psicologica nella quale si trovano madre e figlio per formulare una possibile soluzione, Babadook è un qualcosa che hanno creato loro e che si portano dentro. E' la metafora del demone interiore che porta fuori i loro lati e pensieri più oscuri. Non serve a niente reprimerlo perché "più tu neghi, più lui diventa forte", e non lo si può neanche cancellare. Per uscire da un tunnel di follia come questo possono solo accettarne l'esistenza, rinchiuderlo nell'angolo più buio della cantina e ogni tanto saziarlo con qualche verme. Alla domanda, dunque, "chi ha paura di Babadook?", la risposta dovrebbe essere 'tutti', perché in ognuno di noi si nasconde, in profondità, qualcosa con cui non riusciamo a venire a patti, qualcosa che non abbiamo ancora risolto, magari perché ne abbiamo troppa paura. Ed è quello il nostro intimo e raccapricciante Babadook. Comunque i personaggi del film sono relativamente pochi ed inutili ai fini della trama, ma allo stesso tempo perfetti per dare vita ai personaggi principali. Essi sono caratterizzati in maniera quasi perfetta, Amelia è un personaggio decisamente complicato, talmente dolce e paziente da permettere a suo figlio qualsiasi cosa, quest'ultimo è invece irritante ed odioso come un vero bambino di 6 anni dovrebbe essere. Ma ciò che stupisce della caratterizzazione dei personaggi è la capacità ad un certo punto del film di renderli totalmente il contrario di quanto erano prima. Lo sdoppiamento di personalità che avviene infatti è incredibile, lo sceneggiatore l'ha saputo infatti descrivere con grande acutezza e una sapienza psicologica non da poco. Amelia difatti diverrà aggressiva e pericolosa, mentre il povero Samuel sarà invece debole e timoroso. Tutto questo grazie al terrificante intervento del Babadook, creatura originale ed incredibilmente paurosa a metà tra la classica concezione dell'uomo nero e la ridondante figura dell'entità demoniaca, utile quindi sia per spaventare lo spettatore (alzi la mano chi da piccolo non si è mai preso un mezzo infarto vedendo mostri e presenze dove c'era semplicemente un cappotto), ma anche per svelare il lato più umano e contorto dei due protagonisti. Forse è proprio questo a rendere il film così inquietante e carico di tensione, il suo attingere da qualcosa di estremamente semplice e di cui tutti abbiamo avuto paura. Sul lato tecnico poi il film è impeccabile, la regia è molto ordinata e convincente (anche se leggermente lenta come quasi tutto il film nonostante riesca comunque a rendere ancora più esplosivi i momenti di suspense). Il sonoro è curato in maniera maniacale, con rumori sempre spaventosi ed azzeccati, forse il punto migliore del film. La fotografia è perfetta per un horror, sempre scura ed opprimente. I due attori protagonisti infine (Essie Davis e Noah Wieseman) sono formidabili e tutto il film è costellato da lunghi silenzi che a volte trasmettono tristezza, mentre altre volte rincarano la dose di inquietudine. Insomma, The Babadook è una storia tetra e cupa, triste e spaventosa, che tiene incollati allo schermo e ci fa sentire proiettati in un'altra dimensione da incubo, come se fossimo anche noi una parte vivente nelle notti insonni dei due protagonisti. Una vera perla indipendente, un horror semplice, senza pretese, ma assolutamente efficace anche nei suoi aspetti più psicologi. Un film che decide di puntare sulla paura vera risparmiandoci difatti dell'utilizzo di mezzucci per parlare di cose in realtà molto più vicine a noi di quanto ci possa sembrare. Perché alla fine quello che fa davvero paura e talvolta arriva a farci del male non è un qualcosa di sovrannaturale che vediamo in uno schermo. Viene da dentro di noi e dalle persone che ci circondano tutti i giorni. Un film perciò spaventoso (non tantissimo effettivamente), bello, interessante e originale, e anche se gli effetti speciali non sono eccezionali e il terrore è contenuto è uno dei migliori film horror visti quest'anno. Voto: 7+

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