domenica 27 gennaio 2019

The Runner (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/09/2016 Qui - The Runner (2015), film d'esordio dietro la macchina da presa del produttore Austin Stark, è un film amaro ed emotivamente potente, un drama-thriller ambientato nel mondo della politica americana, che racconta attraverso atmosfere suadenti ed opprimenti le scelte etiche di un uomo allo sbando ma pronto a combattere per i propri ideali in un mondo come quello della politica basato sull'arte del compromesso. E prendendo spunto da un fatto realmente accaduto, ovvero il disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon (che inquinò le acque con conseguenze anche sociali ed economiche di un certo rilievo per lo Stato e i suoi abitanti), avvenuto nell'aprile del 2010 (ancora ben saldo nella memoria degli americani), inscena una sofferta e credibile storia di finzione. Quella di un membro del Congresso (Nicolas Cage), che sulla cresta dell'onda dopo un commosso intervento, richiede con forza aiuti per la sua Lousiana. Ma proprio quando la sua popolarità è alle stelle, tale da garantirgli una quasi sicura elezione nel Senato americano, uno scandalo ne mina la credibilità, viene infatti alla luce una relazione extra-coniugale con una donna di colore, anch'essa sposata. Costretto alle dimissioni, e con la conseguente separazione della moglie, l'uomo dopo un periodo di depressione ritrova nuova forza vitale in un'associazione, da lui stesso creata, che cura gli interessi delle fasce sociali più colpite dalla calamità. Ma il richiamo della politica non tarderà a chiamarlo, mettendolo di fronte a scelte morali di non poco conto.
The Runner è un film atipico e di non facile fruizione, capace però di suscitare emozioni sincere e scampando miracolosamente le insidie della retorica, il regista infatti, è bravo nel raccontarci senza troppe commiserazioni l'ascesa e la caduta del protagonista, uomo diviso tra i propri ideali e i compromessi necessari per metterli in pratica, ed è abile nell'instillare una dolente e credibile umanità nei vari personaggi in gioco, in una sorta di thriller dell'anima che gioca con abilità tutte le sue carte e sfrutta appieno l'ambientazione della Lousiana, vera e propria co-protagonista della vicenda. Novanta minuti che compensano un ritmo narrativo solo apparentemente lento con una manciata di scene madri emotivamente potenti per un racconto morale che si prende i suoi tempi senza correre, a dispetto del titolo (tradotto letteralmente, Il corridore).  Il tutto con uno stile limpido e sofferto, che fa sua un'intimità empatica in grado di coinvolgere ed appassionare, mettendo in mostra la predominanza dei poteri forti e dei grandi interessi nella politica americana. Nulla di nuovo perciò nella cinematografia americana ma che comunque si lascia vedere tranquillamente. Grazie anche a un cast eccelso (memorabile la performance di Peter Fonda) dove ritroviamo un Nicolas Cage (finalmente) fieramente convincente, in una delle prove più riuscite della sua carriera recente (la sua presenza infatti non sempre è sintomo di spazzatura come nel caso di Left behind). Una buona prova la dà anche la sempre affascinante Connie Nielsen, ma chi emerge su tutti è la bravissima e misurata Sarah Paulson, ancora una volta bravissima (per American Crime Story ha vinto meritatamente un Emmy). Insomma un film interessante, potente ma niente di speciale e anche se il finale lascia un po' l'amaro in bocca, la sufficienza è comunque meritatamente d'obbligo. Voto: 6