venerdì 8 febbraio 2019

Honeymoon (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 01/09/2016 Qui - Differenziandosi tanto da precedenti film (di cui precedentemente scritto, Zombeavers e Backcountry), Honeymoon (che ricorda in parte Spring) riprende per certi versi la natura malvagia o extraterrestre del primo e i rapporti di coppia del secondo. La pellicola infatti da commedia romantica si trasforma in un agghiacciante incubo (del terzo tipo), probabilmente la cosa più bella del film. Un incubo che segna l'esordio della regista Leigh Janiak. Un esordio comunque incoraggiante se si pensa, ai difetti, alle incertezze e alle lacune che, per chi si pone dietro alla macchina da presa gode di un discreto talento, limerà con il passare del tempo per cercare una forma ed una padronanza tecnica personale e solida, è stato così anche per i più grandi nel passato. Perciò non importa se in fin dei conti il film non spiega e non dice quasi niente, perché in Honeymoon, attraverso la sua messa in scena e la sua sceneggiatura, possiamo da un lato apprezzarne l'impostazione, dall'altro il coraggio della giovane regista americana nel voler descrivere una storia horror, dai contorni thriller con un pizzico di fantascienza, capace di rimanere a galla ed interessare per tutta la sua durata. La giovane coppia di sposini Paul (Harry Treadaway) e Bea (Rose LeslieYgritte de Il trono di Spade, fino alla quinta stagione) decidono di passare una rilassante luna di miele (honeymoon) in un cottage in riva a un lago, di proprietà della famiglia della sposa. Ovviamente come per le più rosee aspettative la luna di miele di Bea e Paul inizia sotto il nome dell'amore, nel segno di usignoli canterini, giornate piene di sole ed allegria, di passione e interminabili effusioni (scene belle e intriganti sopratutto per il meraviglioso corpo di lei). Questo paradiso bucolico canadese però viene meno quando, una sera, Paul trova la moglie nel bosco in stato confusionale, senza alcun ricordo di cosa le sia capitato. Nei giorni seguenti Bea diventa sempre più distante e assume strani comportamenti, come fosse posseduta da qualcosa o da qualcuno, facendo così sospettare a Paul che qualcosa di più sinistro del sonnambulismo (la cosa più plausibile) sia successo quella notte. E' l'inizio di un incubo che perseguita la coppia, in un disagio estremo che metterà a rischio la loro relazione (che la porterà ad una lenta pazzia ed agonia), e che ci perseguita fino alla fine in un modo sinistro e inquietante.

Honeymoon, come classico e unico filo conduttore di questo ciclo di film, è un horror di tipo indipendente, limitato, sotto il profilo dei fondi, e per questo portato a fare della necessità una virtù. La regia della Janiak è attenta e precisa, cura i dettagli e le inquadrature e ciò le permette far chiudere un occhio sotto alcuni aspetti meno riusciti, come una sceneggiatura per niente aggressiva o dal ritmo serrato, il girare a vuoto per quasi un'ora, dove difatti assistiamo inermi alle scaramucce amorose di marito e moglie, contornate da qualche episodio vagamente inquietante (una luce che si accende nel buio, l'incontro con una coppia strana nel ristorante del posto, Bea che inizia a sragionare). Tensione quasi vicina allo 0 e senza brividi di sorta, anche se dopo un'ora circa, finalmente, si capisce (più o meno) dove la regista vuole (o almeno vorrebbe) andare a parare, perché non è che ho capito tanto e tutto. Poco male però, perché nella sua scelta di essere intima e claustrofobica, la storia di Bea e Paul funziona per tutta la sua durata, pur trattandosi di un cliché, iniziando piano, ma aumentando la tensione e la pressione quasi in modo impercettibile, per poi esplodere sullo schermo negli ultimi venti minuti. Comunque senza andare a disturbare i grandi classici per confronti o analogie, Honeymoon sembra omaggiare a più riprese alcuni aspetti del fanta-horror, le atmosfere, frustranti, deliranti, psicologiche e angoscianti, caratterizzate da un tocco di introspezione psicologica nella prima parte (da Spielberg a Polansky fino a Von Trier), mentre quel che concerne gli elementi puramente 'carnali' e fisici, evidenti in particolar modo nei minuti conclusivi, si rifanno non solo per tematica a lungometraggi quali L'Invasione degli Ultracorpi, ma per estetica ad un primo Cronenberg capace di fare del cinema un'autentica visione di forze fisiche e grottesche in movimento sul grande schermo, primordiali e viscerali. La regista quindi confeziona quest'opera angosciante e spaventosa, molto lontana dai cliché del genere, lasciando perdere spaventi a buon mercato. Ad un primo impatto perciò Honeymoon può sembrare un lavoro scialbo o poco interessante, è in parte lo è, dato che la conclusione della vicenda, un filo più vispa rispetto al resto, lascia piuttosto delusi, ma è un progetto ricco di spunti e modesto nella sua semplice essenza, realizzato con cura e passione, percepibile dietro ogni ripresa, che se da un lato risente dei bassi finanziamenti stanziati per la sua realizzazione, dall'altro cerca di fare del proprio meglio con i mezzi a disposizione. Leigh Janiak si affida infatti a Rosalie Leslie (carina e deliziosa) e Harry Treadway per i ruoli dei due protagonisti e la loro formazione britannica, figlia di studi teatrali sui quali quest'ultimi possono fare affidamento, si nota ed ha un certo peso per quel che concerne il giudizio finale sulle loro performance, convincenti e ben affiatate. Come pellicola di esordio Honeymoon si rivela, dunque (per la regista), più che buona (e di ciò bisogna tenerne conto come biglietto da visita di considerevole qualità in futuro), anche se l'impressione conclusiva è che il film parta da spunti sufficientemente validi, ma si perda poi in una rappresentazione raffazzonata e col freno a mano tirato. Un film perciò che mostra dei limiti (frutto anche della natura del cinema indipendente della pellicola) ma il messaggio che manda alla fine è importante e chiaro, non solo all'interno dello schermo, ma anche fuori, la Janiak è una delle poche registe donne di genere, e la delicatezza, così come il tocco personale, si avverte in determinate sequenze che fanno del suo primo progetto un'opera decisamente interessante. Un'opera dunque rivolta e dedicata a chi ha amato il "vero" Cronenberg e Rosemary's Baby, e per chi rifugge gli horror fatti solo di effetti speciali, qua l'effetto speciale e' la nostra mente, la nostra immaginazione, vedere per credere. Voto: 6,5