giovedì 31 gennaio 2019

Il segreto dei suoi occhi (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 10/10/2016 Qui - Il segreto dei suoi occhi (Premio Oscar come Miglior Film Straniero nel 2010 per l'originale El secreto de sus ojos) si misura con il remake americano (del 2015) diretto dal regista Billy Ray e forte di un cast che schiera Nicole Kidman, Julia Roberts e Chiwetel Ejiofor. Un remake onesto e ben scritto, ma che perde però la poeticità della versione originale, cadendo nella freddezza. Avendo visto l'originale infatti è impossibile evitare l'effetto déjà-vu e sottoporre il film in questione a inevitabili confronti, ma cercherò di limitarmi il più possibile. Questo remake è appunto un riadattamento, o meglio una americanizzazione, ma davvero molto intelligente. I punti caratteristici della versione argentina, come la questione politica, ma anche le ambientazioni, sono stati perfettamente contestualizzati, riuscendo ad aderire perfettamente al contesto in cui viene calato e a distaccarsi in maniera credibile dall'originale e di vivere autonomamente, qui difatti subentra l'11 settembre e la lotta al terrorismo. Ma nonostante ciò è privo della forza emotiva dell'originale, e anche se la sceneggiatura fila, è lineare, forse più accessibile dell'originale, qualcosa si perde e si tratta proprio del lato romantico, poetico e melanconico della pellicola di Juan José Campanella (il regista di quel capolavoro del 2009), qui in veste di produttore esecutivo, perché pensare di migliorare un film quasi perfetto è pura follia. Ma, quindi, da cosa nasce l'esigenza di realizzare proprio un remake de Il segreto dei suoi occhi? Evidentemente Billy Ray ha visto nella splendida opera di Campanella la possibilità concreta di sviluppare una storia che potesse ben rispecchiare il nostro oggi. L'incubo del terrorismo (islamico) senz'altro, ritornato per noi occidentali, negli ultimi anni prepotentemente e tristemente alla ribalta, prendendo al volo l'occasione per riflettere sulle aberrazioni/errori/decisioni critiche compiute dai governi alle prese con momenti di assoluta tensione. E il solido spunto per un discorso etico che pian piano sta venendo fuori, costituendo la sottotraccia di diverse, recenti produzioni cinematografiche made in USA, interessato a sondare il grado di moralità individuale, di responsabilità del singolo, quella sempre più rara ostinazione (che rischia di diventare ossessione) a non dimenticare, secondo i dettami della vigente cultura (occidentale) della rimozione. E, poi ancora, il senso di condivisione. Come, per esempio, alleggerire il pesante fardello di un segreto inconfessabile. Di un tormento perpetuo che forse, solo così, si concederà una tregua. Ma paradossalmente il film funziona e non mi è dispiaciuto vederlo poiché con la sceneggiatura del film fare peggio era possibile, fare meglio era impossibile ma non riesce comunque a raggiungere l'originale. In ogni caso si segue il dipanarsi degli eventi con assoluta partecipazione e con un pizzico di curiosità, concentrato soprattutto ad appurare le similitudini e le differenze tra i 2 copioni.
E così, la dittatura argentina che fa da sfondo e da concausa ad una brutale tragedia abbattutasi su una giovane coppia sposata, assumendo nel tempo i dolenti tratti di una storia di vendetta o di giustizia privata, in quel di Los Angeles sarà l'emergenza post 11 settembre, le misure di sicurezza adottate, lo stato di massima allerta, la lotta al terrorismo come priorità assoluta su tutti gli altri crimini, ad imbastire un destino di vite spezzate, interrotte, condannate da una caccia all'uomo di cui la ragion di stato non ha voluto farsi carico fino in fondo. Qui la coppia sposata cede il posto ad una madre poliziotto Jess (Julia Roberts), che, durante un sopralluogo nelle vicinanze di una moschea tenuta sotto stretta sorveglianza di un team di investigatori dell'Fbi, composto da lei, Ray (Chiwetel Ejofor) e dal loro supervisore Claire (Nicole Kidman), trova il corpo della sua giovane figlia stuprata e assassinata. Partono le indagini, si trova il colpevole, ma non basta. Tredici anni più tardi, dopo una ricerca che ha impegnato ossessivamente i suoi giorni, Ray scopre un nuovo indizio che potrebbe portare alla risoluzione del caso. Nessuno però è preparato allo scioccante segreto che verrà alla luce. Il segreto dei suoi occhi racconta una storia forte che si confronta con il thriller, il valore della giustizia e il peso dei ricordi, dei sentimenti perpetrati attraverso il tempo e il dolore. E questo remake, che si posiziona più o meno nella sua casella d'appartenenza, adempie dignitosamente alle dinamiche di 'rilettura' ma perde per strada buona parte del senso, dell'emotività e dell'inquietudine dell'originale argentino. Non perde invece quasi niente la trama, addirittura più brutale e sconvolgente. Ma allora cos'è che non va in questa nuova versione de Il segreto dei suoi occhi? Forse nulla, la qualità tecnica, considerato l'anno, la produzione e il budget, è superiore all'originale, il cast più collaudato e forse più accademico, e meno autentico. Ma a mio avviso sono solo due le critiche che possono essere sollevate nei confronti della pellicola.
Innanzitutto la prima parte del film è eccessivamente scialba, piatta e priva di emozioni. Probabilmente era una scelta voluta dal regista ma quando si affronta un genere drammatico misto al thriller è importante riuscire a coinvolgere immediatamente lo spettatore all'interno della vicenda narrata, senza creare un eccessivo distacco iniziale causato da una sceneggiatura a tratti superficiale che sembra più attinente ad un film sentimentale. Inoltre non viene approfondito adeguatamente il forte legame di amicizia tra Ray e Jesse, ponendo eccessivamente l'attenzione sul rapporto tra Ray e Claire (mai definita al meglio), rischiando in alcune circostanze di esulare dalla narrazione principale e concentrandosi sulla potenziale nascita di una storia d'amore che risulta stucchevole, inadatta e inopportuna rispetto al contesto drammatico delineato all'interno della storia. La seconda parte del film invece è caratterizzata da numerosi colpi di scena e da sequenze intrise di tensione e di suspense che riescono efficacemente ad intrattenere lo spettatore per tutta la durata della pellicola. L'utilizzo dei flashback e i continui sbalzi temporali non incidono troppo sulla linearità della narrazione, rendendola invece ancora più avvincente ed emozionante. Forse non ha giovato al pathos il fatto che la storia sia stata narrata su due binari cronologici paralleli a distanza di 13 anni, entrambi pieni della stessa ansia di trovare il colpevole e della frustrazione di non potervisi riuscire. Dico così perché entrambi i filoni si scaldano nel finale, arrivando ad un eccesso conclusivo cumulativo, che avrei visto meglio srotolato in maniera più lineare con una narrazione tradizionale.
E infine i personaggi non vengono del tutto caratterizzati efficacemente attraverso un'analisi psicologica non molto ben approfondita. Ma non convince del tutto neanche l'interpretazione degli attori, in particolare Nicole Kidman (sottotono come in Strangerland) che ripropone la sua 'algidità' già nota che rende improbabile la parte "sentimentale" della storia, rendendola superficiale, apparsa poco espressiva e eccessivamente imperturbabile nell'impersonare un soggetto che sembra essere fuori luogo e inadeguato rispetto al contesto generale. Molto meglio invece Julia Roberts (imbruttita e (s)truccata come una comunissima donna devastata da un lutto ed un torto inconcepibile) in un ruolo super-drammatico che anche se forse non è nelle sue corde, riesce a convincere (efficace nel ruolo della mamma single determinata a trovare il colpevole e consegnarlo, in un modo o nell'altro, alla giustizia), come l'attore britannico Chiwetel Ejiofor, la cui performance drammatica risulta davvero notevole (non era stato male anche in Sopravvissuto: The Martian). Insomma un bel film (anche se deludente, nonostante i presupposti) che affronta tematiche importanti attraverso il racconto di una storia inquietante, cinica e crudele che lascia poco spazio alla speranza per un futuro più roseo e sereno. Comunque il dibattito etico finale sull'applicazione della giustizia, tra uso strumentale dei reati in nome di interessi superiori desiderio di fare vendetta privata arriva quasi a proiettarsi avulso e comunque non affrontato con una dovuta carica introspettiva. In definitiva quindi un film duro, crudo e intenso che nonostante tutto si fa apprezzare. Voto: 7