giovedì 31 gennaio 2019

La vita è facile ad occhi chiusi (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/08/2016 Qui - La musica, soprattutto quella dei Beatles, fu negli anni '60 la colonna sonora delle aspirazioni e desideri di cambiamento di quella generazione e fu uno degli strumenti più potenti ed efficaci per veicolare e comunicare quell'esigenza. E' dalla voglia di ripercorrere quella stagione che nasce il piccolo, prezioso e poetico lavoro di Davide TruebaLa vita è facile ad occhi chiusi (Vivir es fácil con los ojos cerrados), pellicola del 2013, vincitore nel 2014 di ben 7 premi Goya. Per questo film il regista si è ispirato alla storia vera (un elemento interessante della narrazione) del professore di inglese Juan Carrión che incontrò John Lennon sul set del film di Richard Lester, Come ho vinto la guerra ad Almeria e al quale chiese chiarimenti sui testi delle canzoni. Poiché Antonio, insegnante d'inglese in una scuola retta da religiosi, vorrebbe incontrarlo perché le canzoni che ha registrato da Radio Lussemburgo hanno dei versi che gli suscitano delle perplessità, e solo John sarà in grado di dirgli se ha commesso errori nelle traduzioni, in quanto per favorire l'apprendimento dei suoi alunni (e anche perché è un fan dei Beatles) utilizza le canzoni dei Fab Four per invogliarli a tradurre. E quando perciò viene a sapere che John Lennon si trova in Almeria per girare un film decide di cercare di incontrarlo. Sulla strada per il sogno però il professore romantico incontra due giovani autostoppisti. Prima si imbatte in Belen, una ragazza incinta che è scappata dall'istituto in cui era stata rinchiusa e poi in Juanjo, un sedicenne che si è allontanato dall'abitazione in cui vive con i genitori e con cinque fratelli perché non sopporta più la rigidità educativa del padre poliziotto. Sarà insieme a loro che il professor Antonio cercherà di coronare il suo sogno. E dopo quell'incontro che ovviamente c'è (e forse grazie ad esso) gli LP realizzati dai Beatles riportarono sempre i testi delle canzoni, anche se non ho trovato conferma di ciò. La vita è facile ad occhi chiusi è un bel film, leggero e con una vena poetica che parla della necessità di inseguire i propri sogni, di tre anime sole ed incomprese che vivono con disagio la vita di oppressione che il paese impone, e che vogliono fare della propria vita qualcosa di diverso da quello a cui sembrano destinati. E il regista grazie anche alle ottime prestazioni dei suoi interpreti ricostruisce con grande tenerezza quella situazione mostrando tre solitudini di età diversa che sono alla ricerca non solo di John Lennon ma anche (e soprattutto del senso della loro esistenza).
Un'esistenza che è costretta a tentare di tracciare nuove strade sotto la cappa soffocante del franchismo. E il verso (da cui il titolo si ispira) che apre "Strawberry Fields Forever" ('Life is easy with eyes closed') rappresenta perfettamente la condizione esistenziale in cui la dittatura aveva costretto gli spagnoli.  Era molto meglio infatti non vedere (o, peggio ancora, fingere di non vedere) gli schiaffi dati agli allievi a scuola o le cariche della polizia al minimo tentativo di manifestazione popolare, fare cioè quello che avevano dovuto fare anche i venerati Beatles quando avevano suonato dinanzi a Franco. Ma il regista fortunatamente ci mostra alcune istantanee della Spagna Franchista degli anni '60 dove l'attenzione viene rivolta maggiormente sulle pressioni sociali delle istituzioni religiose che non sul valore politico di quegli anni. Un'opera perciò davvero lieve nel suo complesso. Questo comunque non è un film di denuncia, ma solo un piccolo urlo nel silenzio opprimente di quegli anni, un piccolo "Help" (come il soprannome che gli alunni affibbiano al professore) lanciato nel vuoto, non ci sono messaggi e insegnamenti da lanciare nel futuro, i due giovani diventano "solo" più grandi e basta, il terreno ancora non è fertile per nuove idee. Il film poiché ambientato negli anni sessanta, tutte le immagini, i personaggi, i volti, i luoghi hanno un sapore vintage e riportano alla mente le esperienze di quegli anni. E' quindi un film visivamente bello, garbato, gentile, affettuoso, ma non si può dire molto di più, anche se il film scorre via rapido, per carità, anche simpatico nella sua linearità quasi esemplare. Ma il film sembra non decollare mai, ammaliato in un'inazione bucolica fatta di mare, sole, terra arsa, pesce, colori pastello. Il film, forse per questo suo dolce rollio pieno di simboli, anche politici, ci appare più come una fiaba che come un romanzo. Il regista difatti sembra arrendersi alle peregrinazioni e puntare tutto sulle rivelazioni, senza dimenticare il forte contributo tematico e simbolico del viaggio on the road. Sembra perciò non succedere nulla in La vita è facile ad occhi chiusi, sembra infatti che sceneggiatura e regia non sappiano dove andare, cosa raccontare. Addirittura questa storia permette al film di staccarsi dalla realtà per diventare un sogno ad occhi aperti, a dispetto del titolo.
Tuttavia durante il viaggio (reale e metaforico del protagonista, comunque unica linea narrativa) si incontrano personaggi e situazioni del tutto realistici (l'incontro con un altro personaggio fuori dagli schemi hanno una simpatica leggerezza e svagatezza picaresca, un granello di don-chisciottismo un po' pazzo che costituiscono l'aspetto più particolare e attraente del film di Trueba) e soprattutto si esprimono buoni sentimenti e ingenuità che li investono appieno, la ragazza incinta fuggita da casa così come il ragazzo maltratto dal padre, trovano una libertà relativa in quel viaggio e in quel professore che insieme li accoglie per una meta non definita. Il pregio del film è proprio l'indefinitezza degli intenti, poiché il raggiungere da parte del prof un mitico John Lennon che alla fine troverà e gli concederà una visita dopo un lungo appostamento, non cambierà la realtà certamente, ma lascia un segno profondo nell'animo dei personaggi che torneranno in città appagati e più felici (perché solo affrontando insieme i pericoli che questa sfida propone che diventa possibile ottenere quei risultati che rendono possibile il ritorno alla quotidianità con nuovi occhi e nuovi prospettive, grazie alla nuova consapevolezza che l'esperienza ha dato loro questa avventura) e nel viaggio di ritorno ascolteranno cantando una improvvisata registrazione su cassetta di strowberry fields che John suona alla chitarra. Tutto questo consentirà ai protagonisti del film ma anche a tutti gli spettatori di risollevare lo spirito e di sperare che la vita possa essere vissuta più facilmente anche ad occhi chiusi cantando una canzone così come dice in un verso John. Infine molto buona l'interpretazione di Javier Càmara nella parte del verboso professore appassionato dei Beatles ai limiti della fissazione, ben espresso dalla sua buona prova attoriale, meravigliosa poi Natalia de Molina, la bella, carina e dolce ragazza incinta (un incrocio tra la Moore e la Vikander), davvero stupenda e di una bellezza vera. Non perfetta invece la scelta della non colonna sonora delle musiche dei Beatles. Per il resto quest'opera ha pochissimo di nuovo o originale, sceneggiatura senza lampi e regia elementare, ma è lo stesso delizioso e sarebbe perciò un peccato perderlo. Insomma un film da guardare, ma senza aspettarsi troppo. Voto: 6,5

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