mercoledì 28 agosto 2019

Il venditore di medicine (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/09/2016 Qui - Il venditore di medicine, film del 2013 di Antonio Morabito è un pugno allo stomaco, forte quanto necessario. La pellicola infatti indaga senza retorica su tutto l'universo corrotto di uomini, medici, manager che ruota intorno al colosso delle case farmaceutiche. Un film perciò duro, che ci mostra una realtà poco conosciuta, quella del comparaggio farmaceutico, con personaggi che senza vergogna fanno di questa pratica parte integrante del proprio lavoro. In questo microcosmo di persone che hanno perso di vista valori e umanità si muove benissimo il venditore di medicine protagonista del film, Bruno, informatore scientifico, magistralmente interpretato da un Claudio Santamaria in stato di grazia (recentemente vincitore di un David di Donatello), che è risucchiato in breve tempo in una parabola discendente senza ritorno. Bruno corrompe tutto e tutti, medici compiacenti, amici, conoscenti fino portare a corruzione anche il rapporto con sua moglie, a cui presta il volto un'elegante Evita Ciri, moglie devota e vittima dell'uomo. Le medicine, che fanno la sua fortuna scambiate e vendute senza alcuno scrupolo, gli serviranno per mettere a tacere la donna ignara del vero volto del marito. Il film di Morabito ben si colloca sulla scia del cinema di impegno civile, anche se non graffia più di tanto e non denuncia ma delinea solamente (si fa per dire) un mondo immorale, il nostro. Questo ritratto impietoso di uno spaccato d'Italia infatti non lascia spazio alla speranza, tutto e tutti si possono comprare e vendere in nome della logica del mero profitto, e le medicine sono considerate al pari di qualsiasi altro bene di consumo. A capo di questa macchina per fare soldi c'è una credibilissima Isabella Ferrari, il cui volto aggraziato fa da contraltare alla spietatezza della donna manager. Anche il primario integerrimo, interpretato in maniera egregia da Marco Travaglio, che all'apparenza sembra incorruttibile, alla fine disvela il suo vero volto cinico e corrotto. Nessuno si salva, e chi tenta di farlo viene immediatamente risucchiato dal sistema. Un sistema corrotto che fa rabbia, consentito e appoggiato dai politici, il cui unico scopo è il profitto e che non tiene minimamente in considerazione il bene dei cittadini, in questo caso i malati, o meglio i pazienti.

Ma anche Bruno fa rabbia e pena per la sua condizione personale, per quel senso di pressione continua che il film ci trasmette e che assorbe tutte le energie di Bruno, e ne stravolge la scala di valori, portandolo ad agire in modo sicuramente condannabile ma, dalla sua prospettiva di topo in gabbia, quasi inevitabile. Un film quindi coraggioso, ben diretto e ben recitato, ambientato in una città qualsiasi, con personaggi che si muovono in ambienti asettici, resi efficacemente da una fotografia cruda, che potrebbero essere l'ospedale della nostra città o l'anticamera del nostro medico di famiglia. Il film è un'intelligente loop, una spirale, un circolo ozioso e vizioso, dove il male ricade prima o poi su chi lo commette, anche se i protagonisti, politici, venditori di aspirine da 4 soldi, medici corrotti, o capi area di potenti farmaceutiche, ne sono spesso inconsapevoli e agiscono sulla pelle altrui, come se non fossero anche loro esseri umani. Il venditore di medicine, dove tutto è assolutamente vero (anche se spero di no), è sopratutto una denuncia sui malfunzionamenti e abusi di sanità e case farmaceutiche, con corruzione politica, giochi di potere a più livelli, fin dallo scalino più basso della scala, imperniati qui sulla figura di un informatore senza scrupoli che, costretto da pressioni assurde, deve, per far fronte ai ritmi insani, drogarsi egli stesso. Il film lascia sconvolti e disgustati, ma anche colpiti da tanta sensibilità nel raccontare chi ha perso un genitore a causa di un farmaco mancante o di poca onestà dei medici. Comunque nonostante la buona messa in scena, il film ha molti problemi, su tutti la reale mancanza di un ritmo narrativo adatto al grande schermo, va bene tutto, va bene che lo spettatore sia sensibilizzato ad un tema del genere e tutto il resto, ma siamo nei territori del cinema utile più che in quelli del cinema indispensabile. Questo non toglie comunque che la 'bottarella' arrivi comunque all'indirizzo dello stomaco dello spettatore. Un film perciò da vedere, per riflettere e capire. Voto: 6-

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