domenica 7 aprile 2019

Möbius (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 07/12/2017 Qui - Di genere spy story ma di stampo classico, non particolarmente originale né tantomeno imprevedibile o con colpi di scena è Möbius, film di spionaggio del 2013 scritto e diretto da Eric Rochant, lui che vent'anni dopo Storie di spie (secondo molti uno dei migliori film di spionaggio dell'intera storia del cinema), torna a misurarsi con i meccanismi narrativi convulsi, ambigui e volutamente oscuri tipici del thriller spionistico. Lo fa combinando il gioco tradizionale degli inganni e delle false apparenze di cui il genere si nutre da sempre, con aggiornate riflessioni sul rapporto tra politica e alta finanza, ma soprattutto dando largo risalto a un coté romantico, l'appassionata seppur inverosimile storia d'amore tra un'agente americana e una spia russa, entrambi impegnati, su fronti opposti, a smascherare le malefatte di un magnate del mondo degli affari. Una vicenda quindi che si dipana, come di prammatica, tra scenari multinazionali lussuosi ed esotici, il Principato di Monaco, in primis, Mosca, Bruxelles, ecc. Peccato che, a questo spettacolo fastoso e magniloquente, seppur viene girato con sufficiente disinvoltura dal regista, manca proprio di quella densità espressiva e di quel rigore che facevano di Storie di spie una pellicola indimenticabile.
Giacché in questo comunque più che sufficiente mix tra romanticismo e thriller, dove sono i due protagonisti e la loro love story a divenire gradualmente centrale rispetto ai canoni di partenza, poco o niente è avvincente. Eppure nonostante ciò e per i motivi appena descritti, a cui ci aggiungiamo una storia complessa ma efficace, e la volontà di non usare armi o la possibilità di non usare sparatorie per far colpo, questo è un film molto interessante e convincente, con qualche momento davvero riuscito (la lotta in ascensore, la scena della discoteca ed ovviamente le musiche). Come anche gli interpreti, che sanno essere davvero convincenti, a partire da Jean Dujardin e Cécile De France (un gran bel vedere). Soprattutto la loro bravura infatti raggiunge l'obiettivo di tenere in piedi un film che tuttavia perde colpi nella trama di sfondo, relegando in secondo piano un Tim Roth alquanto svogliato e meno incisivo. Per il resto, qualche buco di script, troppi elementi e poca chiarezza. Male non mi ha fatto, ma poteva venir fuori anche meglio (poteva magari buttarla più spesso sull'erotismo, visto che le belle donne ci sono...), ma va bene così. Perché in fin dei conti, ed anche se si respira un clima di ritorno alla guerra fredda unita ad un'atmosfera poco consolatoria che soddisferà fino ad un certo punto i puristi del genere, è un film nella media e certamente migliore di altri. Voto: 6+