domenica 7 aprile 2019

The Visit (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 06/12/2017 Qui - Non perde il gusto per il finale a sorpresa il buon M. Night Shyamalan, regista controverso, spesso criticato (a mio parere non sempre con ragione, anche se giustamente per i mediocri L'ultimo dominatore dell'aria e After Earth), bistrattato dai più, ma ancora una volta capace di reinventarsi e sorprendere. Giacché in The Visit, film horror del 2015, scritto e diretto dal regista di origini indiane, sperimenta applicandosi con coraggio in un classico dei tempi moderni, la ripresa diretta e poi rimontata come fosse un documentario (mockumentary). Perché anche se The Visit è difatti il classico POV, esso è dotato di una certa eleganza formale e di altro in più. Il film è infatti un found footage capace di discostarsi dal solito subdolo guazzabuglio da mal di testa. Dato che la storia semplice e neppure molto originale di due ragazzini che passano una settimana in compagnia dei nonni che non hanno mai conosciuto e dove, in un primo momento la convivenza pare idilliaca ma col passare dei giorni i nonni iniziano a comportarsi in modo strano, è ben raccontata, girata e con una notevole dose di maestria (si, malgrado si tratti di un found footage) ricorrendo ad inquadrature ricercate piuttosto che ad abili movimenti di macchina che catturano l'attenzione dello spettatore e ne aumentano notevolmente il coinvolgimento. Shyamalan infatti, anche confezionando un film più inquietante che un horror puro, dosando un crescendo di angoscia molto efficace attraverso i comportamenti leggermente bizzarri dei nonni durante il giorno, decisamente sopra le righe dopo il tramonto e con improvvise esplosioni (come la bella ed angosciante sequenza dell'inseguimento sotto la casa), riesce nel suo intento di coinvolgere e farsi apprezzare.
E lo fa giocando molto anche con le aspettative dello spettatore a volta assecondandole, altre disattendendole completamente. La rivelazione, un elemento cardine del suo cinema dai tempi del bellissimo Sesto senso (il suo miglior film), seppur di una banalità sconcertante, è ugualmente efficace proprio perché nella sua ovvietà non ci si pensa e come conseguenza porta all'ultima parte in cui, con i giochi ormai svelati la tensione è più palpabile. Anche perché la location, desolata e spoglia, accresce il senso di inquietudine nello spettatore e in particolare i due adulti sono davvero inquietanti. In tal senso ottima la prova di Deanna Dunagan, nonna poco affettuosa tra l'inquietante e il grottesco, vero fulcro di quella che è in fin dei conti una moderna fiaba tenebrosa. Una fiaba comunque non esente da difetti, in primis non ho apprezzato per niente il personaggio della madre dei ragazzi (interpretata da Kathryn Hahn, vista in parecchi film tra cui ultimamente Captain Fantastic), improbabile e svalvolato, in secondo luogo in merito al rap nei titoli di coda, preferisco far finta che non sia mai esistito (solo una domanda: era davvero necessario?). Nel complesso però le atmosfere del film e alcune scene sono davvero suggestive da meritare una visione. Poiché in definitiva mi sono divertito, la visione mi ha soddisfatto, i personaggi mi sono piaciuti (anche l'irritante bambino) e Shyalaman, dopo gli esiti disastrosi delle sue ultime pellicole, conferma di avere talento (peccato che spesso sia prigioniero di se stesso). Certo, che se poi ci si sofferma sulla sceneggiatura è tutto molto ma molto forzato e irrealistico, ma pazienza, dopotutto si tratta di un ibrido, questo, a due telecamere molto ben fatto e di livello. Voto: 6,5