Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/01/2018 Qui - Un film di denuncia sociale confezionato molto bene, a cui si perdona qualche cliché nella sceneggiatura (il figlio che non parla al padre da anni, e che si riavvicina pateticamente solo al momento della morte, scene già viste mille volte al cinema), questo è Un posto sicuro, film del 2015, diretto dall'esordiente Francesco Ghiaccio, perché si 'sente' e si vede che è un film sincero, raccontato in modo talmente efficace che in molti momenti non capisci dove finisce la finzione e dove inizia la vita reale. Anche perché il film racconta una storia tragica, inventata, ma incardinata in un fatto di cronaca vero, purtroppo, ovvero il disastro che provocò la fabbrica Eternit, i cui operai morivano come mosche a seguito dell'esposizione all'amianto. Senza dimenticare che questa strage, come le didascalie a fine film ci rammentano, finì dopo un tortuoso percorso giuridico, senza colpevoli. Il film per questo è tosto, un po' pesante, ma ben recitato, da Marco D'Amore, che qui da prova di grande versatilità e da un sempre intenso Giorgio Colangeli, e sicuramente interessante, tuttavia non esente da difetti oltre ad una sceneggiatura come detto non perfetta. Perché certamente in Un posto sicuro, che tocca le piaghe del dolore di padre e figlio e del dolore collettivo di una comunità devastata nel corso degli anni da quella risorsa che all'epoca dava prestigio e lustro e che invece provocava un cancro mortale, colpiscono i racconti del padre/Colangeli del mondo Eternit, colpiscono quelle immagini di repertorio che con il senno di poi fanno rabbrividire più di un horror, per l'inconsapevolezza e l'incuria di un male che ha colpito generazioni di persone, ma il regista, seppur ci metta vera passione in questo film tra finzione, documentario e teatro, non sempre è all'altezza. Il film infatti, nonostante guizzi visionari di grande impatto (su tutti, la scena metaforica in cui il protagonista svuota sul palco interi sacchi di palline da ping pong), perde parte del suo potenziale in un fragile schematismo, con rivoli narrativi prescindibili, a cominciare dall'inutile, seppur bene interpretata dalla splendida Matilde Gioli, sotto-trama rosa. Tuttavia per quanto questa possa ritenersi un'occasione parzialmente sprecata per raccontare un disastro sanitario e ambientale al quale la giustizia italiana ha aggiunto un'intollerabile quota di oscenità e iniquità, e per quanto esso non rimarrà nella storia del cinema italiano, questo è un film, non pretenzioso ma sincero e sufficientemente bello ed emozionante. Voto: 6+
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