sabato 6 aprile 2019

Marie Antoinette (2006)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 13/11/2017 Qui - Dopo parecchio tempo ho finalmente recuperato Marie Antoinette, film del 2006 diretto da Sofia Coppola (di cui qualcosa avevo sentito parlare, soprattutto per l'Oscar vinto per i costumi), non so perché ma non ero mai riuscito a vederlo, eppure aveva nella protagonista il suo più grande interesse, Kirsten Dunst, all'epoca poi, dopo averla vista in Spider-Man, di lei ne ero quasi innamorato (e anche adesso non che non mi piaccia), per cui non mi spiego i motivi di questo ritardo. In ogni caso l'ho visto, e anche se son passati più di 10 anni, l'ho trovato in ottima forma, anche perché questo originale film (almeno per buona parte), non solo mi è moderatamente piaciuto, ma ha mantenuto intatta la sua aurea di piccolo capolavoro. Perché questo ritratto inedito della famosa Regina, riletto in chiave decisamente pop, riesce nel suo tentativo di aprire gli occhi e la mente a chi ha crocifisso (così come la Storia) questa donna, che di colpe forse non aveva. Anche perché in questo film dove la regista torna a raccontare, dopo "Il giardino delle vergini suicide" (seppur dopo verranno il discreto Somewhere e l'intrigante Bling Ring) l'età adolescenziale femminile, anche se questa volta, al contrario del primo film, la storia non è quella di una ragazza comune che soffre perché sottomessa all'opprimente autorità materna (e in parte paterna), ma è quella della regina francese Maria Antonietta (brillantemente interpretata da Kirsten Dunst) passata alla storia (forse incolpevolmente o ingiustamente) come la più snob delle nobildonne francesi, simbolo dell'Ancien Régime e dello spregio dei nobili e del regno verso le classi più umili, e che altresì non ha alcuna intenzione di ricostruire il quadro storico e politico degli anni in cui ha vissuto la regina (1755-1793), ci fornisce un ritratto (in chiave moderna) della solitudine, della fragilità e della femminilità di, appunto, Maria Antonietta.
Esorcizzandone il mito, la pellicola scritta e diretta da Sofia Coppola infatti, si propone di lasciare parte della Storia fuori dai cancelli di Versailles per focalizzare l'attenzione dello spettatore sull'interiorità di un'affascinante regina, riscoprendone la fragilità, la leggerezza, i palpiti da adolescente. E lo fa raccontando (e trasformando la Storia in un esemplare racconto di formazione di una giovane fanciulla che diventerà donna, seguendo, tra debolezze infantili e slanci adolescenziali, il suo dovere di regina) la fragile storia di una bambina (aveva solo 15 anni quando fu data in sposa al delfino di Francia, il futuro Luigi XVI) catapultata in un mondo, quello di Versailles, che con la sua ostilità tentava di addossarle compiti e doveri troppo numerosi e ardui da rispettare, anche se l'infelicità era ricompensata da feste, abiti sfarzosi, scarpe e dolci a più non posso. Ma è proprio la rigorosa osservazione delle questioni di Stato a lei affidate dalla madre (l'imperatrice Maria Teresa d'Austria) a farci innamorare della Delfina di Francia, di cui non si nascondono gli eccessi e le stravaganze. Aspetti, che la regista (con un'intuizione brillante) sceglie di mostrare inequivocabilmente con modi contemporanei (la musica rock, i dialoghi smozzicati, financo un paio di scarpe moderne che fanno capolino tra preziose ciabattine di seta). Come Mozart in Amadeus, Maria Antonietta è una ragazza, e ci viene fatto capire con modi e linguaggio contemporaneo, ma che catturano subito lo spettatore, portandolo a identificarsi immediatamente con la futura regina.
Tuttavia già all'inizio l'attenzione dello spettatore è immediatamente catturata dagli accattivanti titoli di testa, di grande impatto è il contrasto tra il fondo nero e il rosa shocking dei titoli, che non sono accompagnati da una melodia austera che sarebbe peculiare in un film ambientato nella Francia del Settecento, bensì dal ritmo rock-punk che accompagna tutto il corso della pellicola. Marie Antoinette è infatti un'opera che va per dissonanze suggestive. D'altronde la strepitosa colonna sonora (giacché gli inserti musicali rock sono molto appropriati e creano un contrasto che non stride mai) è uno dei principali elementi di forza di Marie Antoinette, una miscela di suoni che spazia tra rock, punk, new-romantic, musica degli anni ottanta che coglie lo spirito adolescenziale proprio del film. In tal senso ovviamente Maria Antonietta è posta al centro della storia e la sua figura risalta luminosamente tra coloro che la circondano (compreso lo sposo) ma a volte si mimetizza tra le dame di corte che considera sue amiche e con le quali ama spettegolare. E' lei che porta colore alla fredda architettura di Versailles (il cui colore a volte è uguale a quello degli abiti della regina che corre per i corridoi) sfoggiando vestiti rosa shocking (sontuosi costumi realizzati da Milena Canonero e meritatamente premiati con l'Oscar) che riprendono il colore dei pasticcini alle fragole, indossando scarpe all'ultima moda, ornandosi di gioielli preziosissimi e portando acconciature fin troppo esagerate.
La giovane tenta perciò di evadere dalle sue responsabilità di regina e di moglie offesa per l'indifferenza (fortunatamente solo iniziale) di un marito che non sembra apprezzare la sua bellezza e di un popolo e una corte continuamente insoddisfatti. Egli infatti non si sente apprezzata a sufficienza e percepisce un grande senso di inadeguatezza, reso in modo credibile nella commovente scena del suo sfogo solitario. Pertanto la Marie Antoinette di Sofia Coppola è molto diversa dal personaggio dipinto dalla storia, che ce la descrive come un'arrogante sovrana che non si cura minimamente degli interessi del suo popolo, anzi, mentre i suoi sudditi soffrivano la fame, ebbe l'audacia di rispondere: "Se non hanno pane, che mangino brioches". Tale aneddoto però, oggi riconosciuto come frutto delle maldicenze popolari nei confronti della spendacciona regina, viene rinnegato nell'opera della Coppola, quando un'ingenua e fragile Maria Antonietta afferma con stupore: "Io non avrei mai detto queste parole". La giovane regina preferisce piuttosto contemplare l'alba insieme agli amici (tra cui la bella Rose Byrne), e dedicarsi alla passione con l'affascinante conte Fersen, stranamente interpretato da Jamie Dornan, conosciuto a un ballo in maschera. Ma all'alba della Rivoluzione Francese entra in scena la Storia e il tono della pellicola si incupisce, come è sottolineato dalle tonalità più scure degli abiti di Marie Antoinette.
Il popolo infatti vede in Maria Antonietta, per i suoi sperperi (e quelli del marito che però non contano..), una delle cause della crisi economica francese. Però quando finalmente si renderà conto sarà troppo tardi. Perché solo quando la rivoluzione arriva al culmine, dopo l'attacco alla Bastiglia, la regina comincia a partecipare realmente alla vita reale, decidendo di restare accanto al marito (da cui ha concepito 3 figli, uno dei quali morto poco dopo la nascita) e di abbandonare con estremo dolore gli amici più cari che fuggono in cerca di protezione. In tal senso le scene finali rappresentano tutta l'umanità e la fragilità di questa donna, dove s'intrecciano caoticamente tutti i suoi sentimenti, a partire dall'amore per il marito e i figli alla consapevolezza di una morte vicina, che sfociano nella penultima scena del film, nella carrozza che la porterà, assieme al marito, alla decapitazione. Quello che ne esce perciò di questa bella e semplice storia, che ci mostra in una maniera tanto enfatizzata che probabilmente corrisponde a realtà, la vita alla corte di Versailles in cui anche l'amore deve sottostare al protocollo, ergo all'ipocrisia, è un ritratto insolito, inedito, controverso ma eccezionale. Dopotutto stilisticamente azzardato, questo film della talentuosa Sofia Coppola è un lavoro particolare ed unico sotto molti punti di vista.
Perché anche se è vero che nella seconda parte ci sono alcuni momenti di noia, anche per colpa di una trama troppo spesso ripetitiva e monocorde, in alcuni passaggi anche piuttosto gratuita ed inutile, appesantita da uno sviluppo lento con pochi sussulti che a lungo andare non giova certamente alla pellicola che spesso finisce con l'annoiare leggermente, essi sono benissimo bilanciati dalla fotografia magnifica dei luoghi ritratti e dal buon ritmo di certi straordinari stacchi (musicali e non). Anche perché l'elegante messa in scena è veramente impressionante, l'utilizzo di colori pastello uniti alla notevole location della reggia di Versailles rendono infatti visivamente ricco il film, quasi strabordante, grazie soprattutto agli eccellenti costumi. Ma se il film si fa ancora rispettare, si fa piacevolmente vedere è grazie all'ottima interpretazione di Kirsten Dunst, che oltre che bellissima, quello si sa, qui è davvero bravissima. Lei infatti è perfetta nell'interpretazione, aiutata anche dai ruoli marginali a cui è costretto il resto del cast (tra un giovanissimo Tom Hardy). Molto bravo anche il Re (Jason Schwartzman), mai eccessivo o caricaturale, incredibilmente a suo agio nei panni dell'incapace sovrano. La Coppola ha poi azzeccato il ruolo per Asia Argento, arrivando a coglierne tutta la volgarità nel volto. In definitiva perciò questo (intrigante) film biografico, film storico (perché in parte lo è comunque) e questo intenso dramma romantico è davvero molto bello, un film probabilmente non eccezionale ma discreto e gradevole. Voto: 7