Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/02/2022 Qui - Ambientato nel Montana americano durante gli anni '20, un Western che
ricorda nelle atmosfere e in uno dei temi principali un film di Ang Lee. La Jane Campion
realizza una pellicola rarefatta, dal
ritmo lento, più concentrata sull'introspezione psicologica che sulla
storia. Riuscito visivamente, e fotografato ottimamente, trova
un limite nell'essere eccessivamente criptico e un po' contorto (non ho
capito il titolo, per niente spiegato). Eppure si lascia guardare ed a
tratti affascina l'ambiguità e la
caratterizzazione dei personaggi quasi enigmatici e altalenanti nei loro
comportamenti, tuttavia, alla fine permane un senso di rammarico e di
insoddisfazione per un film che non soddisfa pienamente. Recitazioni
insomma, bene Benedict Cumberbatch,
un pò in sordina e prive di nervo le prove di Kirsten Dunst, Jesse
Plemons (che faville avevano fatto in Fargo) e Kodi Smit-McPhee.
Non male ma inferiore alle aspettative, allorché si arriva stremati e
annoiati al decisivo finale. Non do meno perché da qualche parte un
merito pure l'avrà, questo film (ben 12 nomination). Voto: 6
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lunedì 28 febbraio 2022
Il potere del cane (2021)
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venerdì 7 giugno 2019
L'inganno (2017)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/09/2018 Qui - L'inganno (Dramma, Usa 2017): Che dire di questo film, indubbiamente elegante e molto ricercato dal punto di vista visivo (bella la fotografia, accurata l'ambientazione d'epoca, eleganti i costumi, belle le poche musiche rarefatte sovrastate efficacemente dai sussurri della natura e dai rumori d'ambiente, pregevoli le frequenti riprese notturne negli interni realizzate al lume delle candele), però la pur apprezzabile regia di Sofia Coppola appare più che altro un mero esercizio di stile (evidenti i rimandi, sbiaditi, al cinema di Kubrick e di Malick). E poi la prova degli attori delude non poco. Se si può considerare appena sufficiente quella delle attrici (da Nicole Kidman ad Elle Fanning, fino a Kirsten Dunst, anche se poi è solo il personaggio di quest'ultima riesce ad emergere veramente nei confronti degli altri, che rimangono troppo essenziali per carpirne le sfumature), Colin Farrell conferma in questo caso le sue non eccellenti doti espressive. Ma dove il film delude maggiormente è nella sua parte più importante, la sceneggiatura (che racconta di un soldato unionista mezzo morto che viene aiutato e curato dalle ragazze di una scuola femminile della Confederazione, tuttavia la presenza del maschio attiverà giochi pericolosi e rivalità interne al gruppo), che appare spesso di una sciatteria improponibile, quasi inverosimile, soprattutto nelle parti che imponevano un minimo di documentazione scientifica (e in tal senso non basta una seconda parte abbastanza coinvolgente a riscattare una prima soporifera, buia e asfittica). Certo, complessivamente non si può dire che Sofia abbia fatto un brutto film (film che è bene precisare è il remake de La notte brava del soldato Jonathan di Don Siegel, perché ispirato allo stesso romanzo), ma nemmeno si può esaltarne tanto la confezione, perché esso è raffinato ma altrettanto prigioniero della sua forma ricercata. E' come se la figlia di Francis Ford Coppola fosse in qualche misura convinta che la forma possa prevalere sulla sostanza, e che l'eleganza della messa in scena e dell'inquadratura, indubbie, possa coprire i vuoti di una sceneggiatura, specialmente nella prima parte, piatta e lenta. Anche le fasi più tese e concitate del plot sono in qualche modo schematiche e hanno qualcosa di superficiale. Il finale poi interviene a rafforzare l'idea che l'immagine debba contare più del resto, ma è sempre così? No, infatti menomale che in Marie Antoniette c'era anche una solida sceneggiatura a dare sostanza, perché esattamente come nella serie Picnic at Hanging Rock (simile quasi in tutto a questo The Beguiled) qui la forma non è sufficiente a farne un gran film, anzi, la delusione è tagliente e velenosa. Voto: 5+
venerdì 17 maggio 2019
Midnight Special (2016)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/03/2018 Qui - È un film difficile da giudicare l'ultimo di Jeff Nichols, regista e scrittore di Shotgun Stories, Take Shelter e Mud. In quest'ultimo lavoro accentua la visione fantastica di Take Shelter, marcandone i tratti fino a fare una netta incursione nel genere (o generico) filone fantascientifico. In Midnight Special infatti, film del 2016 scritto e diretto dal regista statunitense, un bambino dotato di sbalorditivi superpoteri, giudicato da alcuni (il pastore di una comunità di un misterioso Ranch) un nuovo messia, e dall'FBI un'arma pericolosa capace di captare e decodificare codici, oltre alla facoltà di poter annientare satelliti col solo sguardo, di notte in quanto il bambino è vulnerabile all'esposizione solare, viene scortato da due uomini ed aiutato da alcuni dissidenti del misterioso Ranch verso fantomatiche coordinate captate dal bambino. E' chiaro quindi dalla trama, che il film di "originale" ha ben poco, anche perché questo film fantascientifico strizza l'occhio per citazioni a Steven Spielberg (ma non solo), come si fa difatti a non vedere E.T. nel piccolo protagonista Alton? Tuttavia il film è molto curato dal punto di vista della fotografia e la sceneggiatura è funzionale a raccontare un'unica grande storia, quella di Alton e dei suoi genitori. Il padre e la madre sono agli antipodi, lui è pronto a tutto pur di proteggerlo e tenerlo vicino a sé, mentre lei comprende che prima o poi dovrà lasciarlo andare in un corso narrativo che ricorda fin troppo quello del capolavoro Spielberghiano. Non a caso il film, un dramma con tratti tensivi, legati all'appartenenza (di sangue o semplicemente etnica), e alla fantascienza declinata al paranormale con evidenti appunto echi Spielberghiani, tra fughe e inseguimenti, il fato che non si può ingannare e pericoli sempre più imminenti, approccia più generi e si appella alla fantascienza in stile Spielberg per raccontare una storia fortemente umana, con diversi punti di vista attorno. In questo senso il racconto è un continuo senso di mistero che alla fine si trasforma in meraviglia (un mistero dischiuso per passi, che lentamente si distende), esattamente come Spielberg fa ormai da una vita nei suoi film.
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martedì 14 maggio 2019
Il diritto di contare (2016)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 19/03/2018 Qui - Segregazione razziale, emancipazione e conquista dello Spazio, ecco le tre tematiche così apparentemente diverse che fanno da collante a questo "originale" e interessante (anche storicamente) film. Perché tutti questi temi ne Il diritto di contare (2016), titolo italiano dell'americano Hidden Figures (che gioca sul doppio significato Figure nascoste/Cifre nascoste) e diretto da Theodore Melfi (già regista del bel St. Vincent), non solo vengono trattati in modo appunto originale ma anche in modo convincente. Il film infatti, ben costruito, a tratti avvincente, e che ha il grande merito di trattare un argomento sgradevole e avvilente come quello del razzismo con una dose di ironia difficile da riscontrare in opere che trattano questo tema (senza per questo apparire superficiale o scontato), con grande abilità e maestria porta i riflettori sulla storia vera e inedita di tre brillanti donne afroamericane che sono riuscite a integrarsi e imporsi in un'ambiente tipicamente maschile (e maschilista) sfidando pregiudizi e discriminazioni razziali di ogni tipo. Anche perché il film, arrivato certamente con un tempismo perfetto per la data situazione politica e sociale che stiamo attraversando, non è il classico "pippone" sulle discriminazioni razziali e di genere, non ci sono scene di violenza agghiacciante, nessuno è schiavizzato e, soprattutto, la colonna sonora è super allegra. Tanto che già la prima scena del film setta il tono, i colori e lo spirito dei 120 minuti successivi, niente è come ci si potrebbe aspettare e di sicuro ci sarà da divertirsi. Questo grazie al regista che in tal senso confeziona una pellicola intimamente ottimista, riuscendo comunque a trattare con grazia e senza superficialità il problema dell'emancipazione sociale e della conquista dei pari diritti civili da parte dei cittadini afroamericani. Infatti, puntando la camera su tre eroine "sconosciute", il regista fa emergere tutte le caratteristiche brillanti e notevoli di queste donne (la loro tenacia, il coraggio, la perseveranza e la determinazione), evitando tuttavia di appesantire la pellicola con dosi abbondanti di retorica o moralismi che ne avrebbero snaturato il contenuto. Mantenendo sempre una debita leggerezza tipica della commedia, e sdrammatizzando alcune situazioni Il diritto di contare risulta così un prodotto pienamente riuscito, che racconta di una storia inedita e lo fa senza pietismi ma puntando piuttosto sul messaggio finale, intrinsecamente ottimista e costruttivo, che lascia agli spettatori.
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sabato 6 aprile 2019
Marie Antoinette (2006)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 13/11/2017 Qui - Dopo parecchio tempo ho finalmente recuperato Marie Antoinette, film del 2006 diretto da Sofia Coppola (di cui qualcosa avevo sentito parlare, soprattutto per l'Oscar vinto per i costumi), non so perché ma non ero mai riuscito a vederlo, eppure aveva nella protagonista il suo più grande interesse, Kirsten Dunst, all'epoca poi, dopo averla vista in Spider-Man, di lei ne ero quasi innamorato (e anche adesso non che non mi piaccia), per cui non mi spiego i motivi di questo ritardo. In ogni caso l'ho visto, e anche se son passati più di 10 anni, l'ho trovato in ottima forma, anche perché questo originale film (almeno per buona parte), non solo mi è moderatamente piaciuto, ma ha mantenuto intatta la sua aurea di piccolo capolavoro. Perché questo ritratto inedito della famosa Regina, riletto in chiave decisamente pop, riesce nel suo tentativo di aprire gli occhi e la mente a chi ha crocifisso (così come la Storia) questa donna, che di colpe forse non aveva. Anche perché in questo film dove la regista torna a raccontare, dopo "Il giardino delle vergini suicide" (seppur dopo verranno il discreto Somewhere e l'intrigante Bling Ring) l'età adolescenziale femminile, anche se questa volta, al contrario del primo film, la storia non è quella di una ragazza comune che soffre perché sottomessa all'opprimente autorità materna (e in parte paterna), ma è quella della regina francese Maria Antonietta (brillantemente interpretata da Kirsten Dunst) passata alla storia (forse incolpevolmente o ingiustamente) come la più snob delle nobildonne francesi, simbolo dell'Ancien Régime e dello spregio dei nobili e del regno verso le classi più umili, e che altresì non ha alcuna intenzione di ricostruire il quadro storico e politico degli anni in cui ha vissuto la regina (1755-1793), ci fornisce un ritratto (in chiave moderna) della solitudine, della fragilità e della femminilità di, appunto, Maria Antonietta.
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martedì 16 ottobre 2018
I due volti di gennaio (2014)
Mini recensione pubblicata su Pietro Saba World il 15/11/2015 Qui - I due volti di gennaio: Chester MacFarland e sua moglie Colette sono due americani in viaggio in Europa e in fuga dalla polizia che sta indagando sugli affari poco leciti dell'uomo. Una volta approdati ad Atene si affidano a Rydal, giovane di origini americane che si guadagna da vivere vendendosi come guida per i turisti e come gigolò per donne trascurate. Ne nascerà un triangolo di passioni, fatto di fughe, doppi giochi, amori celati e tradimenti. I due volti di gennaio (con protagonisti Kirsten Dunst, Oscar Isaac e Viggo Mortensen) è l'adattamento dell'omonimo romanzo del 1964 di Patricia Highsmith, un thriller psicologico (del 2014) sulle orme di Hitchcock, Viggo Mortensen sembra il bello e sconfitto Gatsby, una tragedia greca in ambientazioni da sogno. Un avvincente thriller vecchia scuola, di tanto in tanto suggestivo, ma, alla fine, per lo più noioso. Elegante ma soporifero. Voto: 6
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