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venerdì 22 dicembre 2023

Assassinio a Venezia (2023)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/12/2023 Qui - Il filo conduttore della trilogia di Poirot di Kenneth Branagh è la suggestione visiva che spesso supera un aspetto narrativo non proprio entusiasmante. Questo aspetto è confermato e amplificato dal terzo episodio in cui la location veneziana diventa a tutti gli effetti coprotagonista del film, al di là di qualche strafalcione storico evitabile e non necessario. La fotografia esalta il film che vira dalle parti dell'horror, sia pure soft e che comunque può contare su buone interpretazioni di un cast ispirato come il suo regista, che alla fine "confeziona" un'opera di buon livello (forse la migliore dei 3). Un'opera di ordinaria amministrazione, senza infamia e senza lode si lascia guardare, facile capire alcune intuizioni, ma è un giallo che tiene bene banco. Voto: 6+

mercoledì 30 novembre 2022

Belfast (2021)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2022 Qui - L'approccio di Kenneth Branagh non è dissimile da quello di Alfonso Cuaron per Roma (solo che meglio narrativamente e strutturalmente riesce a fare). L'uso del bianco e nero cristallizza il ricordo dell'infanzia del regista nelle strade di Belfast all'inizio di quella guerra civile fra cattolici e protestanti che spezzò la normale convivenza vissuta fino a quel momento. Il piccolo protagonista è il punto di osservazione di una realtà sociale che sta scivolando nella violenza e delle difficoltà familiari nel rimanere in quella realtà. Un amarcord personale ed onesto quello del regista britannico, dove i colori della tavolozza sono impressi nel teatro e nel cinema, espressioni dell'arte che riprende quelle fumatore che la realtà di Belfast riduce a schematismi dell'uno contro l'altro, del sei con noi o contro di noi. Un buon film a cui giova la presenza di un cast di prim'ordine. Un film, vincitore dell'Oscar 2022 per la migliore sceneggiatura originale, che alterna momenti drammatici ad altri tendenti al fiabesco, che seppur personalmente non mi ha trasmesso molto, merita visione. Voto: 6,5

martedì 30 novembre 2021

Synchronic (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2021 Qui - Due paramedici (Anthony Mackie e Jamie Dornan, che sinceramente una gran prova non offrono) si imbattono in persone morte o gravemente ferite dopo aver fatto uso di una nuova droga sintetica che provoca una alterazione della percezione temporale. Dopo un paio di film a basso costo piuttosto originali (V/H/S: Viral e Spring quelli da me visti), Justin Benson e Aaron Scott Moorhead affrontano per vie traverse un tema tra i più affascinanti della fantascienza con un risultato convincente solo a metà: la prima parte intriga ma si rivela essere solo un lungo preambolo, mentre la seconda, nonostante la bella resa dei "viaggi nel tempo" indotti dalla droga, risulta appesantita da troppe spiegazioni. Film gradevole ma sbilanciato. L'idea non era malvagia, ma lo sviluppo, allorché poco fluido (con tanto di dialoghi stucchevoli e prolissi), lo si aspettava decisamente migliore, nonché più compatto (sembrano due film in uno). Comunque vedibile senza grossi patemi, anche se non mi sembra un prodotto destinato ad essere ricordato a lungo. Voto: 5,5

lunedì 8 febbraio 2021

The 9th Life of Louis Drax (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/02/2021 Qui - Un thriller che vorrebbe fondere troppi livelli, dal gotico allo psicanalitico fino al mistery in stile Guillermo Del Toro. Vuole sorprendere per originalità ma in definitiva è solamente una scemenza un po' confusa che prende mille direzioni senza arrivare a nessun traguardo. Si seguono con punto interrogativo le disavventure apparentemente tragicomiche del piccolo Louis fino al suo nono compleanno, in attesa che i nodi sparsi qua e là vengano sciolti, cosa che accadrà maldestramente nel finale (tutto è un po' troppo facilmente intuibile, nessuna grossa sorpresa e quel colpo di scena alla fine è poca roba, di fatto esso non è un vero e proprio colpo di scena, è la prevedibilità di una sindrome che affligge i genitori fatta a persona). Piuttosto lento e noioso (vedi le sedute dallo psicanalista e i soliloqui del bimbo in coma), si salvano invece le sequenze fantasy-marine e poco più. Il cast fa del suo meglio, ma non rimedia al garbuglio della trama, anche perché a parte Sarah Gadon (qui comunque più bella che brava) ed Oliver Platt, il resto è risibile, lo è sia Aaron Paul che Jamie Dornan (qui dopotutto era ancora ancorato alle "sfumature"). Ben realizzato certo, non annoiante ma nemmeno pienamente convincente ed intrigante come avrebbe potuto essere. Brutto il doppiaggio italiano (in particolar modo quello del bambino). Il buon Alexandre Aja ne ha girati di meglio. Voto: 4

mercoledì 18 settembre 2019

A Private War (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/09/2019 Qui
Tema e genere: Adattamento cinematografico dell'articolo Marie Colvin's Private War, uscito nel 2012 su Vanity Fair, scritto da Marie Brenner.
Trama: Vita e morte di Marie Colvin, giornalista americana dell'inglese Sunday Times specializzata nel coprire i conflitti più sanguinosi (anche se spesso dimenticati) del mondo.
RecensioneA Private War, come anticipato, costituisce l'autobiografia della statunitense Marie Colvin che esercitò la professione di reporter di guerra per il quotidiano Sunday Times dal 1985 sino però al 2012, anno della sua morte ad Homs, in Siria, nel corso di un bombardamento aereo. E la pellicola ovviamente presenta la figura di questa abile e coraggiosa donna, donna che rischiò la propria vita molteplici volte nel corso della sua carriera di inviata speciale: sempre presente nei luoghi in cui si verificavano scontri bellici, quali quelli in Sri Lanka, Cecenia, Iraq, Afghanistan, ed ultimo in Siria, ella dimostrò di avere coraggio battendosi e denunciando in prima persona con i suoi articoli le crudeltà, le violenze, ed i raggiri politici a discapito delle popolazioni inermi, vittime innocenti di guerre cruente ed inammissibili. Insignita di molti riconoscimenti per il suo operato e famosa per indossare costantemente una benda "da pirata" sull'occhio sinistro perso durante un attacco in Sri Lanka, in quest'opera cinematografica ella viene presentata non solo dal punto di vista professionale, ma anche da quello della propria vita privata. Lo spettatore, così, viene ad apprendere della sua relazione sentimentale (poi terminata) con un collega giornalista/scrittore, dei suoi svariati incontri occasionali dovuti al suo continuo viaggiare e mai risiedere a lungo in un luogo, la sua collaborazione, ma soprattutto la sua profonda amicizia, con il britannico fotografo freelance Paul Conroy, incontrato "casualmente" in Afghanistan, il suo desiderio, purtroppo per lei mai realizzato, di diventare madre e la sua propensione a bere talvolta qualche bicchiere di troppo. Insomma, A Private War, come biopic, risulta, dunque, una pellicola completa e non soltanto meramente biografica, forse, probabilmente anche un poco romanzata da parte del suo regista Matthew Heineman, ma assai interessante per le molteplici sfaccettature che egli presenta sullo schermo di questo affascinante ed intelligente personaggio femminile (simile ma diverso da una delle più importanti figure del ruolo, Martha Gellhorn), dal cui ritratto emerge soprattutto che, accanto alla natura ed al carattere forte e coraggioso, esisteva anche una parte profondamente umana e quanto mai reale di donna provvista di debolezze, d'inquietudini e di saltuari scatti d'ira, una donna dalla vita complessa e a tratti contraddittoria, ma realmente mossa dal desiderio di servire la verità e, in questo, cercare di cambiare le cose. È davvero "privata" la guerra di Marie, perché è una guerra anche con se stessa.

lunedì 15 luglio 2019

50 sfumature di rosso (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/05/2019 Qui
Tema e genere: Sequel di 50 sfumature di nero, ed adattamento cinematografico del romanzo omonimo di E. L. James, questa pellicola tratta delle classiche difficoltà di coppia e di cosa comporta essere ricchi.
Trama: Anastasia e Mr Grey si sono sposati, ma devono affrontare la vendetta di un vecchio nemico e la difficoltà di conciliare le loro idee di futuro.
Recensione: Archiviate quelle di grigio e di nero, arrivano le 50 sfumature di rosso, l'ultimo capitolo della trilogia "colorata". La bella "libraia" in bolletta ha finalmente sposato il suo miliardario (anche se sembra non accorgersene che quest'ultimo ha i soldi e si può permettere un aereo), e i due si stanno godendo la luna di miele, quando il pericolo arriva di soppiatto. Un nemico misterioso riemerge dal passato di entrambi e si prepara a portare lo scompiglio tra un brivido di piacere e lo shopping domenicale. Peccato che né l'una né l'altra cosa sono raccontate (giacché la storia è senza capo né coda) in un modo che uno spettatore senziente possa prendere sul serio, mentre i vari personaggi di contorno vivono quel tanto che serve per riflettere i patemi e le piccole controversie della coppia principale, quasi sempre in scena. Le scene erotiche infatti, che dovrebbero essere alla base del film, sono solo un intermezzo inutile dal punto di vista narrativo e visivo. E sullo sfoggiare il lusso basti dire che le prime sequenze sono più vicine allo spot di un'agenzia di viaggi che altro. Per non parlare del "nemico misterioso" che paura fa praticamente mai. Cos'altro dire quindi? Che questo film senza forma né sostanza spero sia davvero l'ultimo, l'indizio, ovvero un susseguirsi di canzoncine pop accompagna il tutto e sulle note di Love Me Like You Do, canzone simbolo di 50 sfumature di grigio, il film termina con un montaggio dei momenti salienti di tutta la trilogia, fa ben sperare.

venerdì 12 luglio 2019

My Dinner with Hervé (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/04/2019 Qui - Ispirato a fatti realmente accaduti, My Dinner with Hervé, film per la televisione del 2018 scritto e diretto da Sacha Gervasi, racconta gli ultimi giorni di vita dell'attore affetto da nanismo Hervé Villechaize, divenuto celebre per il film di James Bond del 1974 "L'uomo dalla pistola d'oro" e per la serie anni Ottanta "Fantasy Island", e della sua amicizia con il giornalista Danny Tate. Ma questo film, prodotto da HBO, che riporta alla ribalta una figura un po' dimenticata dello spettacolo tra gli anni '70 e '80, racconta anche e soprattutto il suo essere personaggio controverso, un uomo imprevedibile, fissato con il sesso, giocherellone, indisciplinato, che racconta bugie, si descrive meglio di ciò che è stato, ma non ha timore di parlare della malattia e della sua fede in Dio. Un personaggio insomma tormentato, che questo film biografico espone in maniera apprezzabile. Perché anche se questo è un film dall'andamento prevedibile, è comunque sentito e mai scontato. Un film che riesce a non essere ricattatorio sulla malattia, che ha il suo punto di forza nell'interpretazione travolgente di Hervé da parte di Peter Dinklage (interprete notissimo, paradossalmente ora è il nano più famoso del cinema), in uno dei ruoli che segnano una carriera, perfetto nel rendere un'esuberanza che nasconde la disperazione, anche se a causa della regia piatta di Sacha Gervasi (già regista di biografie), si fa particolarmente fatica a cogliere pienamente il percorso umano di Hervé Villechaize, che ci appare fondamentalmente sempre la stessa persona, priva di un cambiamento intimo ed esteriore che giustifichi la sua condizione attuale. Il regista infatti, Sacha Gervasi alias Danny Tate nel film, che praticamente racconta in questo film, un film incentrato non solo sulla difficoltà di vivere per un disabile, ma soprattutto su certi perversi meccanismi dello show-business (che lancia giovani promesse per ammaliarle e poi annientarle), il suo incontro avvenuto all'epoca e che fa vedere tramite flashback la vita tumultuosa dell'attore (che si travolgere dai soldi), mette in scena un biopic originale nelle intenzioni ma ondivago nell'esecuzione.

martedì 9 luglio 2019

Missione Anthropoid (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/03/2019 Qui - 1942. Nella Cecoslovacchia occupata dai tedeschi un gruppo di paracadutisti avvia un'operazione per assassinare Reinhard Heydrich, uno dei generali nazisti più alti in grado, che in quel momento ricopriva il ruolo di governatore con il suo pugno di ferro, non a caso era anche soprannominato il Boia di Praga. La Seconda guerra mondiale rimane probabilmente una delle ambientazioni preferite del cinema. Nonostante una lista infinita di storie vere, fittizie, adattamenti, remake, sembra garantire sempre l'afflusso di nuovo materiale interessante. In realtà l'Operazione Anthropoid, da cui il titolo del film (adattato in Italia a Missione Anthropoid, non si sa per quale motivo), è già stata soggetto di altre produzioni (l'ultima del 1975, ma c'è già un nuovo film già uscito l'anno dopo a questo film del 2016 intitolato L'uomo dal cuore di ferro), ma siamo comunque di fronte ad un buon thriller storico. Focalizzandosi in particolar modo sui due agenti del governo cecoslovacco in esilio a Londra che vengono paracadutati a Praga per dare il via all'operazione, Jozef Gabčík (Cillian Murphy, sempre calibrato, preciso e ottimo attore) e Jan Kubiš (Jamie Dornan, che finalmente dopo The Fall ritorna in panni più "consoni" al suo talento), il film propone una prima parte dal ritmo leggermente più lento, ma che crea grandi aspettative, a cui segue una seconda parte tesissima. Grazie a questa suddivisione il film, diretto da Sean Ellis e scritto da lui stesso insieme ad Anthony Frewin, guadagna un buon equilibrio.

martedì 9 aprile 2019

50 sfumature di nero (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2017 Qui - Cinquanta sfumature di nero (Drammatico, USA, 2017): Ho essenzialmente visto questo film per rivedere "all'opera" Dakota Johnson, che non sarà forse un gran bellezza, ma è dotata di un bel fisico e di una intrigante sensualità, non certo per la ridicola continuazione di un'assurda storia d'amore, che tutti ormai conoscono (anche se spero di no). Perché anche se questa volta la regia viene affidata ad un "regista" vero che ha perfino un curriculum (James Foley) e nonostante un leggerissimo passo in avanti rispetto al primo solo perché quantomeno si approfondisce di più sul passato di Grey e c'è qualche avvenimento in più (e alcune scene erotiche sono leggermente migliori), il risultato non si discosta molto dalla prima bruttura di due anni prima. Anche perché il resto del film (comprendente incredibilmente nella colonna sonora di due tracce di Danny Elfman), incentrato sul rapporto morboso di Grey verso Ana e sui dubbi di quest'ultima nei confronti di Grey (un deludente Jamie Dornan), scorre troppo lentamente. Un po' poco anche per la sufficienza, senza dimenticare che davvero ridicola è la scena dell'incidente aereo e tante altre. Voto: 5

sabato 6 aprile 2019

Marie Antoinette (2006)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 13/11/2017 Qui - Dopo parecchio tempo ho finalmente recuperato Marie Antoinette, film del 2006 diretto da Sofia Coppola (di cui qualcosa avevo sentito parlare, soprattutto per l'Oscar vinto per i costumi), non so perché ma non ero mai riuscito a vederlo, eppure aveva nella protagonista il suo più grande interesse, Kirsten Dunst, all'epoca poi, dopo averla vista in Spider-Man, di lei ne ero quasi innamorato (e anche adesso non che non mi piaccia), per cui non mi spiego i motivi di questo ritardo. In ogni caso l'ho visto, e anche se son passati più di 10 anni, l'ho trovato in ottima forma, anche perché questo originale film (almeno per buona parte), non solo mi è moderatamente piaciuto, ma ha mantenuto intatta la sua aurea di piccolo capolavoro. Perché questo ritratto inedito della famosa Regina, riletto in chiave decisamente pop, riesce nel suo tentativo di aprire gli occhi e la mente a chi ha crocifisso (così come la Storia) questa donna, che di colpe forse non aveva. Anche perché in questo film dove la regista torna a raccontare, dopo "Il giardino delle vergini suicide" (seppur dopo verranno il discreto Somewhere e l'intrigante Bling Ring) l'età adolescenziale femminile, anche se questa volta, al contrario del primo film, la storia non è quella di una ragazza comune che soffre perché sottomessa all'opprimente autorità materna (e in parte paterna), ma è quella della regina francese Maria Antonietta (brillantemente interpretata da Kirsten Dunst) passata alla storia (forse incolpevolmente o ingiustamente) come la più snob delle nobildonne francesi, simbolo dell'Ancien Régime e dello spregio dei nobili e del regno verso le classi più umili, e che altresì non ha alcuna intenzione di ricostruire il quadro storico e politico degli anni in cui ha vissuto la regina (1755-1793), ci fornisce un ritratto (in chiave moderna) della solitudine, della fragilità e della femminilità di, appunto, Maria Antonietta.

giovedì 29 novembre 2018

50 sfumature di grigio (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/02/2016 Qui - Era già successo all'uscita del libro, stessa cosa al cinema, uguale alla sua mandata in chiaro su canale5, un putiferio. Ma davvero io non capisco tutto questo trambusto sul film 50 sfumature di grigio, che inutile raccontare la trama tanto la conoscono tutti quelli che l'hanno visto o letto il romanzo (famosissimo) da cui trae ispirazione, perché sinceramente non c'è niente di così scandaloso nel film come il film stesso, senza capo ne coda, inconcludente, insignificante ed irritante, a tratti volgare. Come direbbe il grande Fantozzi, "..è una cagata pazzesca" perché è un film (del 2015) senza senso, anzi, uno c'è l'ha, che anche i maniaci, ricchi, vanitosi quasi serial killer hanno una vita sessuale intensa. A parte qualche scena non c'è niente che al cinema sia stato già visto, e poi posso credere a tutto, poiché al mondo ne succedono di cose e ce ne sono di cose, ma che una ragazza appena laureata sia ancora vergine non me lo spiego, non ci credo, va bene poi se non fosse una figa da paura, perché di bella è bella, e ha un corpo (la Johnson, figlia della Griffith e Don Johnson, da cui ha preso tanto come bellezza), davvero quasi perfetto.