Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/03/2021 Qui - Buono ma sopravvalutato film di Alfonso Cuarón (apprezzato regista di Gravity). Si segue, tra drammi e rinascite, la storia di una famiglia borghese messicana (vivono nel quartiere chiamato Roma) all'inizio dei Settanta. La tecnica del regista è sicuramente buona ed i movimenti di macchina sono ampi e, per fortuna, poco frenetici: ciò si addice alla storia che racconta ed ai suoi ritmi. Narrativamente parlando però non si assiste a nulla di nuovo: è una storia familiare con tanto di disgregazione e "rinascita" finale (bello comunque il personaggio di Cleo, serva di famiglia). In più una piccola spruzzatina di politica messa lì quasi a caso. Il film è emozionante (almeno in certi intensi frangenti) ma non riesce a toccare corde profonde, sembra restare sospeso in superficie. Film (prodotto da Netflix) umano e umanista, un'opera neorealista dalla regia leziosa (la scelta del b/n aumenta l'effetto drammatico e del ricordo ed è azzeccata, ma fino ad un certo punto) e forte di alcune sequenze davvero notevoli (quella al cinema, quella della sommossa urbana, quella del parto), ma pesante e a tratti terribilmente flemmatica (dal quale pare celarsi non poca furbizia, quella che si respira purtroppo dietro tante, troppe, operazioni che ad ogni minuto che passa paiono sempre più studiate a tavolino per far breccia nel contesto altolocato dei Festival, l'intento è riuscitissimo, scroscio di applausi al Lido, Leone d'Oro al Miglior Film, tre premi Oscar vinti a fronte di dieci candidature, ma viene da chiedersi quanto il film sia onesto). Generalmente sopravvalutato, ma non sconsigliabile. Voto: 6
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